Amati lettori di questo umile e umido blog, da ieri scrivo di un tema che, agli occhi dell’opinione pubblica, sembrava sopito negli ultimi tempi, vale a dire il rapporto tra Chiesa e massoneria.
Un tema affascinante sotto mille punti di vista che induce mille domande.
Ad esempio: se le obbedienze massoniche, laiche e laiciste come sono, possono alzare le mani e dire “accomodatevi prego” a preti (e vescovi, potete giurarci che è successo) considerandoli alla stregua di qualunque “bissante”, mi domando che cosa ci guadagnino i singoli preti.
E ancora: ma se i preti che entrano non sono (o non son stati) uno, due o tre, ma 10, 100, 1.000, quale sarebbe, in questo caso, la strategia della Chiesa? Perché è evidente che, di fronte a numeri più elevati, non si potrebbe parlare di casualità.
E come se la mettono con la scomunica latente che pende sulle loro teste? Non dimentichiamo, ne accennavo ieri, che il documento pontificio Quaesitum est redatto il 26 novembre 1983 da quello che diventerà Papa Benedetto XVI e approvato da Papa Giovani Paolo, interverrà appositamente sul tema visto che per taluni il diritto canonico riformulato aveva dimenticato lo sguardo alla massoneria.
Macché: «Rimane pertanto immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione». Questo lo scrive tal cardinale Joseph Ratzinger, non un don babbeo laqualunque. E da allora – si badi bene – non è cambiato proprio nulla!
Rimando a ieri per quanto ho già scritto e proseguo e oggi proseguo prendendo spunto dalle parole di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, in occasione della XXII Giornata della memoria in onore delle vittime di mafia, che si è svolta a Locri (Reggio Calabria).
Ebbene, il 21 aprile, don Ciotti ha detto: «Siamo qui perché amiamo la vita, per sostenere quella Calabria che non accetta di essere identificata con la `ndrangheta, la massoneria, la corruzione. Oggi tutti ci sentiamo tutti calabresi e ci sentiamo tutti sbirri».
Così, senza mezzi termini.
Due giorni dopo, il 23 marzo, a don Ciotti ha risposto Stefano Bisi, Gran maestro del Grande oriente d’Italia (Goi) con una lettera aperta che, a parte il fattoquotidiano.it, non ha avuto grande eco sulla stampa nazionale.
Accomunare ‘ndrangheta e corruzione ci sta (due volti della stessa medaglia) ma l’altro accostamento è totalmente errato e bene fa il Goi – attraverso questo umile e umido blog – a ricordare la massoneria ha avuto due vittime cadute per mano della ‘ndrangheta, i cui nomi sono stati letti tra i quasi mille declamati a Locri. L’uno era un chirurgo calabrese che non riuscì a salvare la figlia di un boss da un tumore (e per questo venne ucciso) e l’altro un giovane commerciante della Locride che non si è piegato al pizzo (tanto lui quanto il padre accomunati dal credo massonico).
Bisi, tra le altre cose, scrive a don Ciotti : «Le devo sinceramente dire che quella sua frase sulla massoneria accostata alla ‘ndrangheta, alla corruzione e all’illegalità mi ha personalmente ferito come uomo e come massone del Grande oriente d’Italia, Istituzione e scuola etica-iniziatica la cui storia e i cui meriti per l’affermazione della libertà, dei diritti dell’uomo, la nascita dello Stato italiano e della Repubblica sono state ampiamente riconosciute e vivono nei valori e nella grande ed alta considerazione di tanti Italiani non tutti appartenenti alla libera muratoria che lei ha messo sui roghi della più odiosa inquisizione.
Dal suo pulpito calabrese e con un populismo di facile presa Lei ha arringato la folla ed attaccato gli appartenenti alla Libera Muratoria come delle persone che non fanno parte della categoria buona del Paese ma della componente cattiva secondo quella che è la sua idea profondamente e vergognosamente sbagliata degli ideali e dei principi filantropici e umanitari portati avanti da 300 anni dai massoni in tutto il Mondo.
Mi spiace e sono deluso che una personalità del suo calibro si metta in prima fila fra i tanti, facili opportunisti e professionisti dell’Antimafia e che inneggi pure lei alla caccia alle streghe che qualcuno ha voluto forzosamente mettere in atto e che qualche altro utilizza e sbandiera come paladino della più totale legalità.
Sono deluso perché un simile affronto alla dignità ed alla lealtà di tanti uomini che affermano i principi di Libertà-Uguaglianza-Fratellanza sia venuto da un prete, cioè da chi dovrebbe unire gli uomini, anche se hanno visioni diverse o divergenti, non soltanto per la sua missione spirituale.
Invece, carissimo Don Ciotti, se mi permette di chiamarla così senza livore e senza alcuna ironia, lei con le sue provocatorie parole ha soltanto diviso, ha scavato un profondo solco fra italiani e italiani, fra calabresi della stessa generosa e martoriata terra, di un Sud di cui è facile parlare sempre male senza poi risolvere i problemi di quella terra.
In base al suo pregiudizievole assunto chi è massone non può rientrare nella folta schiera degli angeli che lei ha iscritto di diritto nel suo personale libro della purezza assoluta e della vera ed insindacabile Legalità condannando a destra ed a manca chi fa parte di una nobile associazione di uomini liberi e che, il sottoscritto lo ha dichiarato pubblicamente all’Antimafia, sono pronti a dare la vita per la cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro. Come sono pronti a combattere da sempre contro la malavita organizzata.
Caro don Ciotti, noi che siamo tolleranti e pazienti, che non siamo supponenti e che non ci scagliamo avventatamente contro nessuno, siamo uomini che hanno un’alta considerazione di tutti gli altri uomini e che ascoltano e aiutano il loro prossimo. Ha mai sentito qualcuno di noi attaccare la Chiesa di fronte ai numerosi e preoccupanti casi di pedofilia di tanti sacerdoti? Forse qualcuno ha chiesto le liste dei sacrestani calabresi di fronte all’indagine su un noto prelato coinvolto nelle inchieste di Reggio?
(…) La invitiamo a sfilare insieme a noi contro la malavita organizzata, che non deve avere bandiere, colori, coalizioni ma essere un monito costante di tutti i liberi cittadini italiani. Fra i quali ci sono certamente anche i fratelli del Grande oriente d’Italia».
Finita qui? Macché…Il 25 marzo lo stesso Bisi rende nota urbi et orbi la lettera che gli ha inviato don Ciotti dopo la infelice uscita. Eccone i contenuto dal sito del Goi: «Una lettera e una telefonata cordiale con il Gran Maestro Bisi per chiarire la sua uscita forte sulla Massoneria e dare la disponibilità per un prossimo incontro in cui parlarsi senza pregiudizi. Don Luigi Ciotti l’ha scritta e vergata di suo pugno inviandola al Gm del Grande Oriente d’Italia. Il prelato, fondatore di Libera, ha voluto precisare che il suo riferimento alla massoneria, nel corso della manifestazione di Locri, riguardava la realtà emersa nel corso dell’operazione Gotha, il cui processo penale si sta svolgendo a Reggio Calabria. Don Ciotti ha voluto sottolineare come nella concitazione del momento sia stata una sua mancanza non precisarlo e si è detto dispiaciuto dell’equivoco.
Ha inoltre voluto ribadire nella missiva di essere solito sottolineare l’importanza di affrontare i problemi in modo attento e approfondito, evitando le generalizzazioni.
Ha scritto pure che è importante per la massoneria così come per ogni associazione – incluse quelle antimafia – vigilare sulle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata, sempre più diffusa e sempre più capace di nascondere la sua presenza sotto mentite spoglie».
Lo scontro, comunque, non è nuovo, soprattutto in Calabria. Il 31 dicembre 2007 la Diocesi di Locri-Gerace ospitò l’ultimo giorno pastorale di Monsignor Giancarlo Maria Bregantini. Da un giorno all’altro la Chiesa decise di “promuoverlo” e spedirlo a Campobasso. Che promozione eh! E’ come se Sergio Mattarella, da Presidente della Repubblica, fosse spedito a fare il presidente del consiglio comunale di Vattelappesca.
«In questi anni – dichiarò al Corriere della Sera il 7 novembre 2007 Mario Schirripa, fedele collaboratore di Bregantini – abbiamo combattuto la ‘ ndrangheta e la massoneria. Abbiamo dato battaglia anche contro chi non si espone. Credo che ora tutte queste persone si siano presi la rivincita».
«La ‘ndrangheta e le cosche sono strumento di peccato. Come pure la massoneria deviata, spesso collusa con la mafia, in un intreccio di interesse losco e pericoloso, perché favorisce non il bene comune, ma sempre e in modo prevalente il bene privatistico. Questo è il vero peccato della massoneria, oggi, in terra di Calabria» aveva già tuonato nella giornata dell’Avvento del 2005 Monsignor Bregantini ma nel giugno 2006 durante i corsi della Scuola di formazione all’impegno sociale e politico “Don Giorgio Pratesi” della Diocesi di Locri-Gerace sugli “Intrecci tra ‘ndrangheta e massonerie coperte” rincarerà la dose tanto da ricevere la durissima reazione di Gustavo Raffi, allora Gran Maestro del Grande oriente d’Italia che non escluse di adire le vie legali.
Monsignor Bregantini, dunque, ne aveva le scatole piene della massoneria deviata e non faceva nulla per nasconderlo.
A domani con nuovi approfondimenti sulla Calabria e sulla Sicilia e le loro logge massoniche.
(si leggano anche