Voglio essere subito chiarissimo su tre punti: 1) questo disegno di legge di cui a breve vi parlo mi piace tantissimo; 2) questo disegno di legge non sarà mai convertito in legge in questa legislatura neppure se venisse giù il Padreterno a sponsorizzarlo di persona personalmente; 3) servirà (come l’altro presentato dal deputato Pd Davide Mattiello e di cui vi ho già raccontato) a scuotere un po’ le acque (questo è ciò che spero) per la prossima legislatura, così magari i nipoti dei miei nipoti riusciranno a vedere tramutato in legge quello che è un auspicio di buon senso.
L’auspicio, visti anche (e ripeto: anche e dunque non solo) i precedenti di piduista memoria, sempre vividi nei nostri cuori ardimentosi, è che nessun magistrato e nessun appartenente alle Forze dell’Ordine sia massone.
Lo chiede, con un disegno di legge (n.4422 presentato alla Camera dei deputati l’11 aprile 2017) il deputato Claudio Fava (Articolo 1) che proprio in queste settimane lo sta portando a conoscenza degli italiani (quei pochi che, ahinoi, se ne interessano) in giro per il Paese.
Ora – con un’attenzione maggiore che non nei confronti del ddl Mattiello e ciò si spiega facilmente con l’obiettivo di mescolare e confondere questo argomento con l’altro, che non c’entra nulla, del sequestro degli elenchi in Calabria e Sicilia – le obbedienze massoniche stanno sparando a zero contro questo disegno di legge.
Lo definiscono – in particolare il Grande oriente d’Italia che su questo fronte si sta battendo moltissimo – “liberticida” e rievocatore di liste di proscrizione di nazifascista memoria.
Posizione opinabile ma proprio per questo, in democrazia, degna di essere ascoltata. Mi chiedo però con voi – lettori massoni e non massoni di questo umile e umido blog – che c’azzecca un disegno di legge che vuole vietare sa-cro-san-te-men-te l’appartenenza di magistrati e sbirri, giudici e finanzieri alla massoneria con i falò delle coscienze nazifascisti? Una beneamata coppola di nulla. Ma tant’è, nella notte anche i gatti bianchi diventano (in questo caso, devono diventare) neri.
Ora – siccome io sono un giornalista di modestissima capacità intellettiva – rimando al fondo di questo articolo alla presentazione del disegno di legge che lo stesso Claudio Fava ha fatto in aula cosicché possiate leggere le motivazioni originali.
Nel contempo, sempre in virtù delle modestissime capacità analitiche e introspettive di cui madre natura mi ha dotato, rimando a quanto scrive il consigliere della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo Salvatore Dolce nell’ultima relazione che giovedì sarà presentata al Senato.
Orbene Dolce (non io) scrive, con riferimento alle indagini riassunte nel procedimento Gotha: «Quanto agli ambienti più strettamente giudiziari, oltre ai citati rapporti con funzionari di cancelleria, dalle suddette indagini emergono elementi che – ribadita la mancanza, allo stato, di un vaglio processuale – destano, comunque, forte preoccupazione, in quanto afferenti a magistrati che hanno, per lungo tempo, occupato posizioni di vertice nel distretto di Reggio Calabria e che avrebbero assunto un ruolo di garanzia nella gestione degli interessi politico-economici della ndrangheta, anche aderendo alla massoneria, direttamente o per il tramite di fratelli regolarmente iscritti alle varie logge di Reggio Calabria e provincia, circostanze, queste ultime, riferite, tra gli altri, dal collaboratore Lauro.
Tra tutti emerge la figura di …omissis…., già presidente di Corte d’Assise a Reggio Calabria e Procuratore della repubblica di Palmi, il quale, dopo esser andato in quiescenza, diveniva uno stabile interlocutore del più volte citato avv. Romeo, per esempio, in relazione a tutte le questioni relative alla costituenda area metropolitana a Reggio Calabria, il tutto ovviamente, stando all’impostazione della Procura reggina, per ragioni connesse alle possibilità di arricchimento illecito che sarebbero derivate dalla costituzione del nuovo ente locale.
Tenendo conto anche di risultanze intercettive precedenti, contenenti riferimenti all’attività del …omissis… nel periodo in cui lo stesso era in servizio, nel procedimento “Fata Morgana”, al predetto veniva contestata (in relazione ad un’attività di perquisizione che lo ha riguardato) la partecipazione un’associazione segreta – occultata all’interno di associazioni palesi – capeggiata dal Romeo, finalizzata ad interferire sull’esercizio delle funzioni di amministrazioni pubbliche locali e, al contempo, ad agevolare la ‘ndrangheta.
Fermo restando che trattasi di risultanze che dovranno essere valutate in sede processuale, ne deriva, comunque, un quadro nel suo complesso molto preoccupante».
E badate che l’omissis è mio e solo mio, per rispetto di un pensionato che, fino a eventuale terzo grado e come sottolinea anche Dolce, è non colpevole.
Ma come si legge nella relazione della Dna, il «quadro nel suo complesso è molto preoccupante». Ed è quello e solo quello ciò che conta.
O no?
A regà, bboni, che domani continuo sullo stesso filone, con un post-it: è inutile suggerire ai “fratelli”, come sta avvenendo presso alcune obbedienze massoniche, di non leggere ciò che scrivo, perché così (solo così?) potrò essere ridotto al silenzio. Ciò che scrivo – mi spiace per voi – è letto come mai da quando la fatwa massonica è stata lanciata! Non solo. In tanti hanno provato a ridurmi al silenzio: dai mafiosi ai servitori dello Stato ma nessuno è o è mai riuscito nell’intento. Troppo sacri sono per me il rispetto per la libertà di stampa, i lettori, la mia coscienza e l’indipendenza assoluta di critica, pensiero e giudizio che nessun direttore ha mai provato ad assecondare a diversi fini. E quando ci ha provato è stato rispettosamente messo di fronte alla deontologia professionale, unica ragione di vita per un Giornalista.
LA PRESENTAZIONE DI CLAUDIO FAVA ALLA CAMERA
Onorevoli colleghi! La partecipazione di magistrati ad associazioni che comportino un vincolo gerarchico e solidaristico attraverso l’assunzione in forme solenni di obblighi quali quelli richiesti dalle logge massoniche pone delicati problemi di rispetto dei valori riconosciuti dalla Carta costituzionale. Si tratta, in particolare, di quello riconosciuto dall’articolo 101 della Costituzione, in base al quale, come noto «I giudici sono soggetti soltanto alla legge», nonché dell’imparzialità e indipendenza sancita dall’articolo 104 della Costituzione. Siffatta tutela comporta sia, da un lato, la difesa dell’indipendente esercizio della giurisdizione ogni volta che si abbia motivo di ritenere che a essa si attenti, sia, d’altro lato, la vigile sorveglianza a che ogni magistrato rispetti – e appaia rispettare – nell’esercizio delle sue funzioni il principio di soggezione soltanto alla legge. Deve riconoscersi, infatti, che i magistrati devono godere degli stessi diritti di libertà garantiti a ogni altro cittadino, ma deve del pari ammettersi che le funzioni esercitate e la qualifica da essi rivestita non sono indifferenti e prive di effetto per l’ordinamento costituzionale. I magistrati, per dettato costituzionale (articoli 101, secondo comma, e 104, primo comma, della Costituzione), come già evidenziato, devono essere imparziali e indipendenti e tali valori vanno tutelati non solo con specifico riferimento al concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali, ma anche come regola deontologica da osservare in ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubitarsi delle loro indipendenza e imparzialità nell’adempimento del loro compito. I princìpi anzidetti sono quindi volti a tutelare anche la considerazione di cui il magistrato deve godere presso la pubblica opinione; assicurano, nel contempo, quella dignità dell’intero ordine giudiziario che si concreta nella fiducia dei cittadini verso la funzione giudiziaria e nella credibilità di essa. Non è pertanto dubbio che non solo i magistrati non possano e non debbano esercitare il diritto di associazione nei modi vietati dallo stesso articolo 18 della Costituzione (e dalle leggi che, di tale articolo, costituiscono attuazione) ma che neppure possano tenere comportamenti che violano l’articolo 101 della Carta costituzionale.
La presente proposta di legge, alla luce di tali considerazioni, è tesa a introdurre l’esplicito divieto per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari e per i membri della magistratura onoraria di appartenere ad associazioni massoniche o similari che creino vincoli gerarchici, solidaristici e di obbedienza, pena la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti in costanza dell’illustrata appartenenza.
Analogo divieto si prevede, altresì, per gli appartenenti, di ogni ordine e grado, alle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, nonché alle Forze armate.
La necessità dell’estensione di tale divieto trova ragione in quanto disposto a livello costituzionale dall’articolo 97 che, al secondo comma, dispone che «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e la imparzialità dell’amministrazione».
Analogamente, si è ritenuto di prevedere, quanto ai parlamentari, ai dipendenti pubblici, nonché a coloro che ricoprono incarichi pubblici, un obbligo dichiarativo sull’eventuale appartenenza a qualunque titolo ad associazioni massoniche o similari che creino vincoli gerarchici, solidaristici e di obbedienza. È del tutto evidente, infatti, che se una persona è affiliata a logge massoniche e al contempo è un dipendente pubblico – tanto più se ricopre un incarico pubblico – giura fedeltà alla propria loggia, essendo altresì, un servitore dello Stato. È più che possibile che le due appartenenze, oltre a creare un conflitto ab origine, si traducano in atti che mettono a repentaglio quel medesimo principio di cui all’articolo 97 della Costituzione, nonché quello sancito all’articolo 98 della Costituzione: «I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione».
Si sottopone all’attenzione della Camera dei deputati la presente proposta di legge, auspicando che si trovi sul tema la convergenza di tutte le forze politiche, quale contributo a una questione ormai improcrastinabile, come anche emerso nel corso dei lavori e delle audizioni svoltesi al riguardo presso la Commissione d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.
1 – to be continued
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