Mandarini, arance, pomodori: buoni e freschi. Ma, troppo spesso, con un marchio invisibile sulla buccia: quello dell’illegalità. Ne sanno qualcosa i 5mila clandestini che ogni anno sbarcano a Rosarno, nella Piana calabrese di Gioia Tauro, dove da ottobre a fine febbraio si arrampicano sugli alberi per raccogliere agrumi. Non meno di 250 chili a testa per una paga (si fa per ridere) di 20 euro al giorno. Di questi 5 vanno al capocosca (la ‘ndrangheta permette il traffico e si arricchisce anche così) e 5 vanno al boss interno a ogni singola etnia (ce ne sono oltre 20 nella Piana in questa stagione, in maggioranza sub-sahariani ma non mancano i clandestini che arrivano dai Paesi dell’ex Unione societica). Restano in tasca 10 euro al giorno: una parte va per la sopravvivenza personale e un’altra parte se ne va in sonore ubriacature o in affitti per tuguri nei quali oggi non vivrebbero più neppure le bestie. Rimane ben poca cosa nelle loro tasche e quel poco va spesso alle famiglie d’origine. Medici senza frontiere, in uno splendido rapporto, ha raccontato l’inferno che parte da Rosarno ma poi tocca la Campania (a partire da Villa Literno dove a dettar legge è la camorra), la Puglia (soprattutto in Capitanata) e la Sicilia. E sentirete domani, alle 19.30 nella trasmissione "Guardieo ladri" in onda su Radio24, le esperienze di medici e sindaci alle prese con questa piaga sociale. Prima di succhiare uno spicchio di mandarino o addentare un pomodorino di Pachino, ricordiamoci che senza i clandestini – che operano alla luce del sole e spesso con la compiacenza di agricoltori e istituzioni – non potremmo gustarli.
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