Cari lettori di questo umile e umido blog, ieri ho scritto approfonditamente sulle modalità con le quali lo Scico della Gdf ha, con massima professionalità, perquisito Villa Vascello, sede del Goi e ha sequestrato (tutti?) gli elenchi dell’obbedienza massonica relativi alla Calabria e alla Sicilia.
Resta da domandarsi però se i finanzieri si sono spinti a cercare carte e documenti anche a Palazzo Giustiani, 120 metri quadrati nei quali si trovava il Tempio principale e nei quali per tanti anni sono passati i liberi muratori del Grande oriente d’Italia.
Armando Corona, ultimo Gran maestro del Grande oriente d’Italia ad aver vissuto a Palazzo Giustiniani, nel 1985 annunciò con un’intervista alla Repubblica il trasloco, completato entro il mese di marzo ’85, del Goi a Villa Il Vascello, ma anche l’esistenza di una trattativa con il Senato (il cosiddetto lodo Spadolini) per stipulare un compromesso definitivo ottenendo in cambio alcune stanze come simbolo dell’Istituzione: «Noi abbiamo già traslocato l’ultimo giorno di marzo – disse il Gran maestro Corona – ma i nostri quattro piani non li abbiamo ancora del tutto sgomberati. Per farlo aspettiamo l’accordo (…). Visto che il nostro nome deriva proprio dal palazzo Giustiniani, è giusto e indispensabile che in questo palazzo il Grande oriente conservi almeno qualche sala, in modo da giustificare simbolicamente la sua denominazione» (fonte: Angelo di Rosa, “Erasmo Notizie” 19-20, 30 novembre 2014).
Il cosiddetto lodo Spadolini che concedeva «una limitata porzione dei locali rilasciati, ubicati al piano terreno ed al piano ammezzato e relativi accessori e pertinenze con accesso da Piazza della Rotonda nn.10-11 e da via Giustiniani nn.1-2 per destinarli a sede del Museo storico della Massoneria Italiana e l’accollo alla Urbs (nata come società anonima per l’acquisto e la vendita di immobili, che ebbe un capitale azionario di 500,000 lire suddiviso in cinquanta azioni di diecimila lire ciascuna, ndr) di 500 milioni di vecchie lire a titolo d’indennizzo per l’occupazione dei locali di palazzo Giustiniani da giugno 1980 fino alla data di rilascio dell’immobile», arrivato vicino alla firma definitiva, morì con la scomparsa del presidente del Senato Giovanni Spadolini.
Il 3 agosto 2016 il Gran maestro del Goi Stefano Bisi, audito dalla Commissione antimafia dirà testualmente: «Da tempo stiamo rivendicando con forza l’esecuzione di una transazione fatta tra il Grande Oriente d’Italia e il Senato della Repubblica per avere un pezzo di quel palazzo, che si chiama Palazzo Giustiniani, che ci venne confiscato durante il fascismo. La Repubblica ce l’ha in parte restituito, ma nel 1991, con un atto firmato dal Presidente del Senato e dal gran maestro del Grande Oriente d’Italia, si prevedeva che 120 metri quadrati di quel palazzo venissero destinati al Museo della massoneria italiana. Noi rivendichiamo questo con forza, perché quel palazzo lo acquistammo all’inizio del Novecento per 1.055.000 lire. Sono 405 stanze. Il fascismo con la forza ce lo tolse. Vorrei – lo auspico anche dopo quest’audizione con voi – che venisse, in un certo senso, anche in questo caso ripristinata la legalità, perché quell’atto a noi fu fatto firmare con la forza durante il fascismo. La Repubblica ha firmato e non vedo perché non ci debba riconsegnare il palazzo».
Il 18 gennaio 2017, di nuovo audito in Commissione antimafia, Bisi dirà: «il patrimonio del Goi è composto dalle case massoniche che sono una cinquantina e sarebbe stato un patrimonio più ampio se la Repubblica ci avesse riconsegnato Palazzo Giustiniani, che ci è stato confiscato dal fascismo».
Prima di entrambe le dichiarazioni Bisi e molti fratelli del Goi entrarono a Palazzo Giustiniani e per loro fu un’occasione storica: il 29 ottobre 2014 lì venne presentato il libro della Fondazione Allori, “Accordi di Libertà”.
Riassumendo: il Goi ha lasciato ufficialmente Palazzo Giustiniani a marzo 1985 e dunque carte e documenti ancora lì ricoverati («i nostri quattro piani non li abbiamo ancora del tutto sgomberati. Per farlo aspettiamo l’accordo (…) disse Corona nell’intervista a Repubblica») sono precedenti al 1990, inizio temporale interessato dal sequestro degli elenchi. I fratelli del Goi – a parte la parentesi del 2014 – non hanno avuto accesso a quei 120 metri quadrati ma – e questo appare interessante – una vicenda simile investì già negli anni Novanta l’allora Maestro venerabile Giuliano Di Bernardo.
«Nel 1992 – ha raccontato Di Bernardo il 31 gennaio 2017 audito anch’egli dalla Commissione bicamerale antimafia – il procuratore di Palmi Agostino Cordova mi fece pervenire la richiesta di avere gli elenchi di tutti i massoni calabresi motivandola col fatto che in molti reati erano presenti massoni; il Gran segretario mi informò di questa richiesta e io feci allora una riflessione: se io do gli elenchi non creo problemi a tutti quei massoni che non hanno nulla da nascondere e si dà la possibilità di far uscire allo scoperto i massoni non degni di stare in questa loggia. Quindi ho dato disposizione di consegnare gli elenchi dei massoni calabresi. Dunque io spontaneamente nel 1992 ho aderito alla richiesta di fornire tutti gli elenchi dei massoni calabresi. Qualche tempo dopo tornò a Villa Medici un giovane sostituto procuratore con un carabiniere e mi chiesero l’elenco di tutti i massoni iscritti al Goi d’Italia. Io dovevo sentire i membri della giunta e la loro risposta fu unanime: “noi gli elenchi non li diamo a meno che non ci sia una richiesta formale di sequestro”. Il sostituto procuratore sigillò quindi il pc, mise due carabinieri a guardia e mi disse che sarebbe tornato con un mandato. Quindi tornò il giorno dopo, hanno preso il pc e sequestrato una gran mole di materiale. Iniziò l’inchiesta ma poi si è fermata, c’era stata la possibilità di fare chiarezza ma così non fu».
A Di Bernardo, dimessosi dal Goi nell’aprile 1993, fondatore della Grande loggia regolare d’Italia dove è rimasto fino al 2002 e ora a capo di Dignity Order, Cordova sollevò la questione delle stanze e dei documenti conservati a Palazzo Giustiniani ma la stessa – ora come allora – non trovò soluzione.
Terminato questo tema, un piccolo aggiornamento per quanto riguarda le modalità di sequestro degli elenchi siculi e calabri presso le altre obbedienze massoniche. Il 1° marzo alla Gran loggia d’Italia si sono presentati 8 finanzieri che hanno scartebellato e fatto alcuni riscontri al materiale messo a disposizione dal Gran maestro Antonio Binni (pc, computer e materiale cartaceo) prima di imboccare la via del ritorno verso la sede dello Scico di Roma intorno alle 3 della mattina.
A domani con una nuova appassionante (!?) puntata della telenovela in dialetto senese “Massoni in Commissione (antimafia)”.
(si leggano anche