Esclusivo/1 La lettera di addio al Goi del Gran Maestro Di Bernardo nel ’93: «Ecco perché consegno gli elenchi dei massoni al pm Cordova»

L’ha chiesta, l’ha avuta da tempo. E questo umile e umido blog – oggi – la riproduce come eccezionale documento storico di una parte (consistente) della massoneria.

E’ un documento mai reso noto prima e con esso – ovviamente – non si sposa alcuna tesi o, peggio, alcun profilo. Lo scrivo (e lo ribadisco) perché la mamma dell’imbecille è sempre incinta ed è sempre pronta a mettere al mondo figli che confondono il diritto all’informazione e alla cronaca con il matrimonio di sensi personale. Non sono – ovviamente – abituati ad una stampa che se ne fotte di tutti (tranne che del lettore) e che non guarda in faccia a nessuno. Con me se ne facciano tutti una ragione.

Dunque, andiamo con ordine. La Commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi ha chiesto all’ex Gran Maestro del Goi Giuliano Di Bernardo, di recapitarle la lettera con la quale – correva il 1993 – decise di lasciare in furente polemica il Goi per fondare poi il Glri (Gran loggia regolare d’Italia) e più tardi ancora Dignity Order. Una lettera che non venne mai spedita alle logge del Goi e diffusa ai fratelli massoni.

Perché sia ritenuta così importante dalla Commissione non so ma posso immaginarlo.

«Il procuratore Cordova mi ha dato prove inconfutabili sul coinvolgimento di alcune persone aderenti al Goi ma anche su un fenomeno strano – ha raccontato il 31 gennaio 2017 l’ex Gran Maestro Di Bernardo alla Commissione antimafia – mi mostrò un pacco di fogli che contenevano accuse di massoni contro altri massoni. Alcuni, insomma, si servivano della magistratura per fare fuori altri massoni. C’era una guerra fratricida. Quando ho avuto dal procuratore Cordova queste prove ho convocato la giunta del Grande Oriente d’Italia e ho presentato la situazione. Al termine di questa riunione ho deciso di dimettermi dal Goi perché avevo constatato una realtà che mai avrei immaginato e che da quel momento mi sarei rifiutato di governare. Dopo sono stato crocifisso, i miei ritratti bruciati nel tempio, ho ricevuto minacce inimmaginabili. L’allora ministro dell’Interno Mancino ha allertato più volte il prefetto per farmi proteggere, perché tra le persone da colpire c’ero io. Non ho potuto fare capire ai miei confratelli le mie ragioni. Ho lasciato al Gran segretario una lettera che però non è stata divulgata. Ancora oggi, dopo 23 anni, sono considerato il traditore, verso di me c’è un odio che non potete immaginare».

Non mi interessa prendere parte a contese, le querelle personali o gli eventuali profili penali (sui quali indaga non solo la Commissione antimafia ma almeno due procure, in primis quelle di Reggio Calabria, Catanzaro e Palermo) ma mi appassiona sapere, conoscere la nostra storia. E ciò che negli anni Novanta gravitò intorno al Goi è (allora come ora) un pezzo di storia. Buona lettura. Dividerò la lettera – riportata integralmente – in due parti Una oggi. L’altra domani. Pronto a pubblicare, ovviamente, qualora ci sia mai stata, anche la successiva replica del Goi all’appena fuoriuscito Gran Maestro Di Bernardo.

r.galullo@ilsole24ore.com

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Carissimi Fratelli

È giunto il momento che il Gran Maestro rompa il suo prolungato silenzio, per far conoscere a voi tutti le sue riflessioni sui tre anni del suo Magistero e le sue conseguenti decisioni.

Prima di fare ciò, tuttavia, Egli sente io dovere di riconsiderare la natura e la finalità della Massoneria, poiché ritiene che la dritta via sia stata smarrita.

La Massoneria è una società di uomini che si ispira ai principi di libertà, tolleranza e fratellanza, che perfeziona se stessa percorrendo la Via iniziatica, che opera nel nome del Grande Architetto dell’Universo. I massoni sono uniti dal vincolo dell’amore fraterno, agiscono nel reciproco rispetto ed esprimono i più alti valori morali. I “metalli” del mondo profano, come calunnia, odio, disprezzo, congiura sono vizi che vengono relegati in oscure e profonde prigioni. La lealtà e l’obbedienza al Gran Maestro sono virtù che tutti i massoni devono possedere al più alto grado. Sconfiggendo i vizi ed esaltando le virtù, è possibile vivere in armonia e contribuire all’edificazione del Tempio invisibile della Fratellanza umana.

Questa concezione ideale della Massoneria è stata attuta, più o meno, nel passato e nel presente, in tutte le comunioni massoniche del mondo. Anche in Italia, dalla metà del secolo scorso all’avvento del Fascismo, i massoni hanno dato il loro contributo per il trionfo dei valori di giustizia e dignità della persona umana, lottando contro il dispotismo statale e il fanatismo religioso. Tuttavia, dopo la caduta del Fascismo, la rinascita della Massoneria, in assenza di un progetto unitario, è avvenuta in modo caotico e frammentario e ha imposto condizioni che successivamente ne avrebbero ostacolato lo sviluppo armonico e il consolidamento.

La storia della Massoneria italiana, dal dopoguerra a oggi, è stata la storia di scissioni e di riunificazioni, con la conseguente proliferazione di Massonerie irregolari. Lo stesso riconoscimento da parte della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, se da un lato ha aperto al Grande Oriente d’Italia il panorama delle relazioni internazionali prestigiose, dall’altro lato ha fatto nascere dubbi e ambiguità che ancora oggi la lacerano. Si pensi, ad esempio, all’ambiguo significato delle “Logge Emulation” imposte dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra.

La rinascita della Massoneria italiana nel dopoguerra, proprio per le tragiche vicissitudini che l’hanno caratterizzata durante il Fascismo, avrebbe dovuto significare l’accentuazione del fondamento iniziatico e del perfezionamento morale. Tuttavia, la pretesa, sciocca ed assurda, di voler contare nelle vicende della società italiana, ne ha favorito la politicizzazione, con la conseguenza innaturale che nelle Logge entrassero non solo i metalli del mondo profano, ma che essi diventassero lo scopo principale da perseguire. E così, anno dopo anno, la nostra Comunione si è allontanata dai principi autentici della Massoneria universale e ha inseguito illusioni pericolose che hanno portato, tra l’altro, alle vicende della Loggia P2.

Questo fatto traumatico avrebbe dovuto insegnare che la via fin lì percorsa fosse sbagliata e che, di conseguenza, sarebbe stato necessario far ritorno ai principi morali e iniziatici, consapevoli del fatto che l’unica autorità che può esistere in Massoneria quella morale. Si è voluto, invece, continuare sulla via dell’impegno politico e, ancora una volta, si è posta la Massoneria in posizione ambigua rispetto alla società.

Il Gran Maestro ha voluto invertire questa innaturale tendenza riportando la Massoneria nell’alveo della tradizione secolare. Il suo progetto sulla Massoneria – il cosiddetto “Progetto trasparenza” – tendeva a far conoscere, nel mondo profano, i principi a cui si si ispirano i massoni mediante l’impegno sul piano culturale: convegni aperti ai profani, seminari di studi, conferenze stampa, la Rivista Hiram. Le conseguenze positive di tale “apertura” non si sono fatte attendere: atteggiamento non più fazioso delle comunicazioni di massa, aumento delle iniziazioni e miglioramento di un’immagine che si era deteriorata.

Ma mentre il Gran Maestro e i Fratelli coinvolti nel “Progetto trasparenza” procedevano verso l’obiettivo di porre il Grande Oriente d’Italia sullo stesso piano delle altre comunioni massoniche nel mondo, un gruppo di Fratelli iniziava le ostilità. E’ tradizione della nostra Obbedienza, purtroppo, che, dopo l’elezione del nuovo Gran Maestro, si costituisca un gruppo di potere che, per ragioni che nulla hanno a che fare con i principi della Massoneria, cerca di condizionarlo. L’attuale Gran Maestro ha rifiutato ogni condizionamento e per questo gli oppositori interni hanno chiesto le sue dimissioni.

Il nostro Paese sta attraversando un periodo di profonda crisi istituzionale e sociale che coinvolge tutto e tutti. Coinvolge anche la Massoneria. In una situazione del genere, non deve sorprendere che essa sia diventata oggetto di attacchi. Sarebbe sorprendente, viceversa, se non lo fosse stata.

Gli eventi che accadono nella nostra società hanno un comune denominatore: la gente è stanca della corruzione e degli egoismi personali. Vuole chiarezza ed onestà. Poiché la Magistratura sta operando in questa direzione, essa la plaude e la sostiene. Quel cambiamento radicale, che tutti noi abbiamo auspicato, si sta finalmente realizzando.

La gente vuole chiarezza ovunque e nei confronti di chiunque: la vuole anche nei riguardi della Massoneria, che è vista come centro del potere occulto.

Se vi è il sospetto che la Massoneria trami contro le Istituzioni dello Stato e che sia coinvolta in traffici illeciti e in tangentopoli, che si indaghi su di essa. Se non ha nulla da temere, allora accetti l’inchiesta come un male necessario, poiché alla fine la sua onestà prevarrà. Questo è l’atteggiamento che la gente comune, gli intellettuali, i rappresentanti dei partiti politici e delle Istituzioni dello Stato hanno assunto nei confronti della Massoneria.

E’ in tale contesto sociale che inizia l’inchiesta della Procura di Palmi, la quale ordina il sequestro degli elenchi dei massoni del Grande Oriente d’Italia. Il Gran Maestri ha risposto nella maniera che riteneva più saggia; egli ha scelto la via della ragione e non della polemica irrazionale. Proprio per questa sua scelta, Egli è stato accusato di non aver difeso con sufficiente fermezza il Grande Oriente d’Italia.

Coloro che lo hanno criticato con estrema durezza non hanno voluto conoscere ragioni: si sono barricati entro la loro certezza e sono andati all’attacco. Hanno chiesto le sue dimissioni ma non gli hanno mai detto che cosa egli avrebbe dovuto fare. E’ facile criticare ma è arduo proporre soluzioni alternative. Coloro che lo criticavano, tuttavia, volevano ben altro. Volevano che il Gran Maestro denunciasse alla Corte internazionale dell’Aja i magistrati della Procura di Palmi per aver messo in atto una persecuzione contro il Grande Oriente d’Italia. Volevano anche che Egli querelasse il Consiglio superiore della Magistratura e quindi il Capo dello Stato che ne è Presidente. Volevano queste e altre assurdità!

Se il Gran Maestro avesse accolto tali richieste, avrebbe messo a rischio l’esistenza della nostra Comunione. Egli ha, invece, preferito la via della saggezza, più difficile da percorrere, soprattutto quando gli animi sono, anche a ragione, esagitati. Sapeva che la sua linea di difesa non avrebbe incontrato il favore di molti suoi Fratelli, ma Egli ha continuato in quella direzione per difendere quei Fratelli che lo accusavano.

Il secondo Dovere di Anderson così recita: “Un muratore è un pacifico suddito dei Poteri Civili, ovunque egli risieda o lavori e non deve mai essere coinvolto in complotti e cospirazioni contro la pace e il benessere della Nazione”.

Questo Dovere, riferito all’inchiesta della Procura di Palmi, significa che, finché la sua inchiesta resta entro i limiti previsti dal nostro ordinamento giuridico, è legittima e opera nella tutela dello Stato italiano. Per quanto ne sa il Gran Maestro, essa non ha violato i requisiti della sua legittimità. Come possiamo, allora, dichiarare che detta inchiesta è una persecuzione che va denunciata agli Organismi internazionali di difesa dei diritti dell’Uomo? Inoltre, con quale autorità e con quale motivazione querelare il Consiglio Superiore della Magistratura?

Ma supponiamo, per ipotesi, che il Gran Maestro avesse fatto proprio ciò che i suoi oppositori interni gli avevano chiesto. Come costoro avrebbero reagito? Lo avrebbero plaudito? Ma nemmeno per sogno! Lo avrebbero accusato di essere stato irresponsabile nello scatenare la guerra contro la Magistratura e avrebbero ugualmente chiesto le sue dimissioni.

Non illudiamoci: qualsiasi cosa Egli avesse fatto sarebbe stato criticato e costretto alle dimissioni. Perché questo è il progetto che i suoi oppositori intendevano attuare”.

Interrompo qui la lettera. Domani proseguo con la seconda e ultima parte.

r.galullo@ilsole24ore.com

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http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/02/16/rete-di-matteo-messina-denaro4-a-trapani-la-legge-imposta-dalle-logge-selvagge/)

  • Roberto Galullo |

    Bettuzzi io non so se siano o meno a prova di bomba (termine che di questi tempi eviterei) e francamente me ne po fregà de meno non chiamandomi Di Bernardo e dunque non dovendo rispondere io di quanto afferma lei.

  • MastroCarpentiere |

    Gentile collega Roberto Galullo, le ricostruzioni elencate sono a prova fattuale, documentale e testimoniale di bomba. D’altronde sarebbe sufficiente verificare un dato, anzi una data: la registrazione con atto notarile della Gran Loggia Regolare d’Italia precede in linea temporale di un mese lo svolgimento della Gran Loggia del GOI del 1993. Traducendo: il legale rappresentante pro tempore di un’associazione si presenta in carica all’assemblea ordinaria della suddetta dopo aver fondato un’altra associazione, di medesimo carattere e con identiche finalità ma “concorrente”. Non mi sembra che un comportamento del genere si possa definire trasparente. A riprova infine dell’inconsistenza di certe accuse basterebbe ricordare come il Di Bernardo oggi non soltanto sia ancora vivo e vegeto, senza necessità di una esistenza sotto falso nome o di inclusione in un programma di protezione, ma sia anche libero di rilasciare interviste a beneficio di giornali, libri o commissioni d’inchiesta. Strana circostanza, se si crede alla storia delle minacce di morte rivolte contro lui e la sua famiglia… non crede?

  • Roberto Galullo |

    Bettuzzi il suo commento dimostra una grande cosa: la libertà di espressione in questo blog (purché rimanga nei confini dell’educazione e del rispetto delle leggi). Certo lei ci è andato molto molto pesante ma ovviamente non è mio compito difendere chicchessia. Se vorrà interverrà la persona che lei chiama in causa.

  • MastroCarpentiere |

    Bel tipino, il Di Bernardo… non c’è che dire. Tanto per gradire, quello che lui chiama “ambiguo significato delle Logge Emulation imposte dalla UGLE” è proseguito con la sua creatura, quella GLRI che per avere il riconoscimento inglese divenne appunto una Obbedienza mono-rito in cui praticare in maniera anche abbastanza singolare l’Emulation – dico singolare perché lo stesso curriculum massonico del genero del Di Bernardo, passato nel giro di pochi mesi dall’Iniziazione al grado di Apprendista alla guida quale Maestro Venerabile della propria Loggia in barba a qualunque Regolamento massonico per le anzianità si può definire soltanto come “singolare”.
    Ma andiamo oltre. E approfondiamo il Di Bernardo che questa lettera non inviò mai non perché ostacolato da chicchessia ma perché la sua geniale mossa per non essere cacciato dal GOI, in cui si comportava come monarca assoluto pretendendo obbedienza cieca e parecchi vantaggi profani, gli impedì di completare la beffa. D’altronde, quale altro Gran Maestro in carica si è mai presentato all’annuale Gran Loggia con i Venerabili di tutta Italia tenendo in tasca atto costitutivo e statuto di una nuova Obbedienza appena fondata in gran segreto e dunque rendendosi scientemente colpevole di tradimento? Così andò la questione. Non c’erano “trame occulte”: semplicemente i Fratelli italiani non ne potevano più di un Gran Maestro che si era fatto eleggere con le migliori proposte elettorali possibili e che si era rivelato un cialtrone affamato di denaro (ovviamente il Di Bernardo omette sempre di nominare nei suoi discorsi il tema “appannaggio del Gran Maestro”…). Per questo motivo avevano deciso in larga parte di sfiduciarlo e farlo cadere. Subodorando il pericolo il Di Bernardo si premunì: prima andò da Cordova per ottenere una sponda profana al suo complotto immaginario; poi fondò in segreto la GLRI. Alla Gran Loggia di Roma del 1993 il colpo di teatro con le dimissioni plateali prima che si arrivasse alla Tavola d’Accusa nei suoi confronti.
    Ma dopo, cosa accadde? Il Di Bernardo scappò con la cassa, col riconoscimento ad personam accordato dagli inglesi (col tempo se ne sono pentiti, ma si sa che i britannici sono troppo orgogliosi per ammettere di aver compiuto un errore di valutazione così madornale) e con quattro Logge a lui fedeli che costituirono il nucleo della neonata Obbedienza. Poi iniziò la caccia alle teste. O meglio, ai portafogli. Ai Fratelli del GOI fu chiesto dal Di Bernardo e dai suoi soci di passare alla GLRI adducendo la motivazione della necessità di disporre del riconoscimento inglese – una burletta, visto che i riconoscimenti servono da rapporto diplomatico con Obbedienze estere e che quelli intessuti dalla UGLE sono numericamente inferiori a quelli delle Circoscrizioni americane. Per chi avesse voluto aderire a questa bizzarra “regolarizzazione” il conto da pagare sarebbe stato abbastanza salato: nel 1993 4-5 milioni di Lire non erano bruscolini. Ma dovrebbe far riflettere la successiva parabola del Di Bernardo. Che non è più Gran Maestro di nulla. Già perché la sua creatura, la GLRI, riuscì in 8 anni a fare quel che non era riuscito in un triennio al GOI: espellere il proprio Gran Maestro.
    Da allora il Di Bernardo racconta le sue pittoresche storie di intrighi, complotti, minacce, attentati… forse più che lo studioso di filosofia avrebbe dovuto fare lo scrittore di romanzi gialli.

  • Paolo Piazzini |

    effettivamente un’altra cosa che non mi è chiara è come mai, vista la sua voglia di trasparenza, chiese fin dal 1972 di essere “coperto”

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