Cari e amati lettori di questo umile e umido blog, da martedì vi racconto i contenuti del verbale di informazioni assunte l’8 ottobre 2014 dalla Procura di Catanzaro, presso la Dia di Roma, da Gianfranco Donadio, già sostituto procuratore nazionale antimafia nell’ambito di un processo intentato per calunnia dal magistrato contro il pentito calabrese Nino Lo Giudice. Un verbale – acquisito agli atti della Commissione parlamentare antimafia per merito del deputato Davide Mattiello (Pd) – che tratta dei colloqui investigativi dello stesso Donadio, alla ricerca di quell’altra mezza verità sulle stragi mafiose degli anni Novanta. Una ricerca sulla quale si stanno peritando principalmente le Procure di Caltanissetta, Palermo e quella di Reggio Calabria.
Ieri abbiamo lasciato sospeso il contenuto dell’interrogatorio dell’11 ottobre 2012 con il collaboratore di giustizia Consolato Villani, richiamato sinteticamente nella proposta di un ulteriore interrogatorio nei confronti del pentito calabrese Nino Lo Giudice, spedita da Donadio a Grasso il 29 dicembre 2012 (si veda per questo il post di ieri).
Ebbene Villani in un primo momento ricostruisce la dinamica dell’omicidio dei due Carabinieri Vincenzo Garofalo e Antonino Fava avvenuto a Bagnara il 18 gennaio 1994 in mode del tutto coerente agli sviluppi processuali che ne seguirono e in maniera sostanzialmente opposta al cosiddetto pentimento del coautore del duplice omicidio, Giuseppe Calabrò, scritto e poi raccontato nella lettera spedita in Dnaa (si veda a tal proposito anche il post di martedì).
DOTTORE NON VE NE ANDATE
Il colloquio investigativo più fulmineo del mondo e dunque Donadio si accinge a redigere un sintetico verbale e a togliere le tende quando Villani, tra il rusco e il brusco, afferma: «Dottore, non ve ne andate».
Un segnale che Donadio coglie al volo come la volontà a riaffrontare diversamente il tema di quel duplice omicidio. Ed infatti così fu.
«Non posso rischiare il futuro per la vicenda dei Carabinieri, intendo riferirvi esattamente come andarono le cose».
Sostanzialmente, farà mettere Donadio a verbale dalla Procura di Catanzaro, Villani si allinea a quanto aveva scritto nella lettera Calabrò e parla espressamente di componenti esterne che avevano pilotato quella azione. «Dovevamo fare come quelli della Uno Bianca» dirà Villani richiamando alla memoria la sequenza di tipo sostanzialmente terroristica che dal 1987 al 1994 terrorizzò l’Emilia-Romagna commettendo 103 azioni delittuose, provocando la morte di 24 persone e il ferimento di altre 102.
Villani, ricostruisce per filo e per segno Donadio, «parlò anche di una vicenda assolutamente inesplorata nel corso del processo e cioè del fatto che vi fu una rivendicazione, una rivendicazione di chiara matrice terroristica. L’evento della rivendicazione noi lo avevamo apprezzato perché nel corso della ricostruzione di tutti gli atti si era fatto ricorso anche ad una ricostruzione delle fonti esterne ed era stato individuato un articolo pubblicato dal Corriere della Sera dove si parlava di questa rivendicazione. Il tema della rivendicazione non aveva trovato ingresso nel corso del processo. E peraltro osservammo anche un altro particolare significativo, che in occasione del duplice omicidio il capo della polizia si recò a Reggio Calabria, venne ovviamente intervistato in occasione di quel fatto così grave, ed esternò una serie di considerazioni sostanzialmente riferendo – mi ricordo il virgolettato – “lo Stato non arretrerà di fronte a questo attacco”, sembrava cioè una reazione sotto il profilo comunicativo ad un evento terroristico. Devo dire che un colloquio investigativo è un’azione estremamente complessa e per certi versi sofisticata, generalmente si va ad un colloquio investigativo dopo aver filtrato tutto il filtrabile e mai, come in questo caso, tutto venne passato molto al setaccio e altri ulteriori approfondimenti vennero operati immediatamente perché la vicenda degli M12 (usati per l’assalto ai Carabinieri, ndr) ci consentì di individuare e di ricostruire un traffico di armi apparentemente inertizzate, di cui peraltro si sono ampiamente occupati i colleghi di Brescia, che rappresentava un canale molto importante di armamento delle ‘ndrine calabresi. Quindi incidenter tantum la vicenda, la ricostruzione della vicenda dell’uso costante dello stesso M12 dischiude un’altra prospettiva molto rilevante che ovviamente è stata, una volta adeguatamente inquadrata, è stata fatta oggetto di un delicato atto impulso per una iniziativa molto analitica messa a disposizione dei colleghi di Reggio Calabria. Si transita sì, devo dire, è stata una sorpresa anche per noi che ovviamente abbiamo una visione piuttosto ampia delle vicende connesse ai movimenti di armi, perché grazie ad una intensa collaborazione con i colleghi di Brescia incidentalmente sono state fatte ulteriori acquisizioni informative, venne espletato un colloquio investigativo tutto dedicato alla ricostruzione di questa sorta di bypass Beretta, clandestinizzazione delle armi molto significativa e molto importante che non si riverbera immediatamente nei confronti diciamo della sfera di competenza di Catanzaro, almeno in base al mio ricordo, ma che investe moltissimo le ‘ndrine nella provincia di Reggio Calabria che vengono sostanzialmente armate; e non si tratta solo di un profilo di Beretta, armi Beretta, venne ricostruito anche in occasione del colloquio investigativo con Consolato Villani un traffico di armi imballate, kalashnikov, sostanzialmente armi nuove. Diciamo che questo colloquio investigativo dischiude molte importanti prospettive. E viene fuori il nome di un Lo Giudice come un soggetto, diciamo, tramite di questa catena di comando che porta agli omicidi dei Carabinieri».
Quel riferimento alla Uno Bianca entra nella testa di Donadio che ai suoi colleghi di Catanzaro dirà che «nel frattempo avevamo già «già avviato in altri contesti una analisi comparativa di taluni eventi. Ricordo ad esempio che tra gli identikit raccolti in sede antiterrorismo presso l’Ucigos, ve ne erano taluni sostanzialmente uguali e riferiti a Capaci e agli omicidi della Uno bianca. Quindi ogni dettaglio, ovviamente non si esternavano reazioni in sede di colloquio investigativo, ma ogni dettaglio andava immediatamente a collegarsi in un reticolo di ulteriori, diciamo un quadro inferenze molto molto complesso».
E con questo bagaglio di conoscenze e notizie Donadio andrà poi a interrogare il pentito Giuseppe Calabrò.
Per ora mi fermo. Alla prossima settimana
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Per le precedenti puntate si leggano
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