Klaus Davi è un professionista che molti lettori di questo umile e umido blog avranno imparato a conoscere per le sue costanti presenze in Rai, Mediaset e La7, reti per le quali si diverte a scompaginare a suo modo schemi rigidi di rigido pensier. Piaccia o non piaccia. E’ così.
Chi vive fuori dalla Calabria non sa – verosimilmente – che è anche un grandissimo scassaminchia.
In silenzio, tra mille risatine e scetticismi “der valente popolo calabrese” e avvalendosi di una squadra di ottimi giornalisti, tra i quali Consolato Minniti, ha deciso di scassare la minchia alle cosche calabresi e ai suoi più fetidi e putridi rappresentanti. Ma ha anche deciso di scassare la minchia a riti e bizantinismi ai quali e dei quali si abbeverano quei rifiuti della società.
Basta? No, non basta, perché Davi e la sua squadra hanno anche capito che per parlare del male supremo che rappresenta la ‘ndrangheta visibile e invisibile bisognava farlo a prova di scemo (o di finto scemo) e con gesti e linguaggi semplici e comprensibili. E lo fanno benissimo da due anni con una trasmissione – Gli intoccabili – che per adesso va in onda sull’emittente televisiva Lac (un plauso dovuto a questa emittente che ha avuto il coraggio di credere nel progetto) e che si definisce, correttamente,“docureality”.
Ti chiami Paolo Rosario De Stefano? E io ti mando una videolettera con la quale ti chiedo di rinnegare la ‘ndrangheta? Banale, certo, ma anche semplice. La gente si è rotta ampiamente gli zebedei dei soloni e questo Davi lo sa e per questo banalità e semplicità fanno rima con comprensione e comprensibilità. Donald Trump (le cui idee personalmente aborro ma non che dall’altra parte ci fosse William McKinley o John Kennedy) fa scuola. Piaccia o non piaccia. E’ così.
Non rispondi alla videolettera, caro (si fa per dire) De Stefano? E io ti scasso la minchia fin sotto casa citofonandoti. E intanto dico e racconto cos è questo casato familiare di ‘ndrangheta che da Archi soffoca anche il pensiero dei reggini (e non solo). Del resto è il lancio della trasmissione sul sito Lac ad affermare che «Klaus Davi e i giornalisti de “LaC” con microfono e telecamera si infiltreranno nei luoghi caldi della criminalità organizzata, zone e quartieri a rischio, imprese dei clan, zone franche del crimine, bar e night frequentati da persone sospette». Promesse mantenute.
Ti chiami Condello? E io entro dritto dritto nel tuo quartiere per scassarti la minchia non con inchieste roboanti dei grandi media di Stato ma con una diretta televisiva per mostrare la realtà nuda e cruda di un parte di suolo italiano sottratto alla democrazia e affidato a mafiosi visibili.
Una messa a nudo delle miserie delle mafie (per ora solo quelle visibili) che arriva allo sbeffeggiamento come quando, pochi giorni fa, Davi e la sua squadra hanno deciso di camuffare con abiti da donna le foto segnaletiche di alcuni tra i più pericolosi criminali, a partire dalla primula rossa, Sua Nullità Assoluta Matteo Messina Denaro.
Una messa a nudo della nullità delle cosche e dei suoi quaquaraqua – con la speranza che questo format si ripeta anche in altre territori dello Stato e penso, ancor prima che a Napoli, Palermo o Bari a Milano, Torino o Bologna – che non poteva non attirare su Davi in primis incidenti che lo hanno portato anche in ospedale e le minacce di morte di quelle miserie umane della ‘ndrangheta reggina. Fossi in lui non mi preoccuperei più di tanto: le mafie non annunciano. Eseguono.
Che la strada sia giusta e che il solco sia tracciato – ed è per questo che ho deciso dopo averlo a lungo meditato di scrivere ora di questa piccola ma significativa rivoluzione mediatico/televisiva – lo testimonia l’ultima paradossale, esilarante e scompiscevole avventura accorsa a Davi e al suo staff. I Mancuso di Limbadi (per chi non lo sapesse Mancuso non solo è una cosca di narcotrafficanti di profilo altissimo ma per investigatori e inquirenti è una ‘ndrina tentacolare in grado di orientare politica ed economia ben oltre i miseri confini calabresi e di dialogare alla pari con la massoneria deviata) hanno chiamato la polizia allorché Davi e Alberto Micelotta (l’altro autore della trasmissione Gli Intoccabili) sono entrati nell’ospedale di Vibo Valentia per provare a intervistare il figlio di Pantaleone Mancuso, alias l’ingegnere, figlio di don Mico e nipote di don Peppe. E’ scoppiato il finimondo con le donne a scudo protettivo del loro familiare ricoverato e peraltro disponibile a concedersi alle telecamere.
Ecco: se Mancuso chiama le Forze dell’ordine vuol dire che indietro non si deve tornare e che il dado è tratto. Chissà se qualcuno l’ha detto alla tivù di Stato o alle concorrenti La7 e Mediaset che un format scaccaminchia e scassaschemi ce l’avrebbero già pronto con l’ospite che frequenta da anni la loro casa….
r.galullo@ilsole24ore.com