Per Giulio Cavalli e la sua scorta settimana decisiva per l’incontro con il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro

La scorta non gli sarà tolta. Anzi. Giulio Cavalli, l’attore, regista e scrittore milanese nel perenne mirino delle cosche calabresi, attende solo la chiamata del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, per discutere del rafforzamento della tutela.

L’aspetta – secondo quanto mi ha ancora raccontato telefonicamente ancora ieri Giulio – entro questa settimana. Ma a ieri, lunedì 9 settembre, la telefonata del prefetto non era ancora arrivata.

Dopo la rivelazione di Luigi Bonaventura, ex boss della cosca crotonese Vrenna-Bonaventura, due uomini e una macchina non blindata che lo accompagnano in ogni spostamento, non bastano più.

Bonaventura, infatti, a inizio agosto ha comunicato che la ‘ndrangheta era pronto a ucciderlo –  simulando un incidente e magari anche delegittimandolo facendo credere che Cavalli fosse un drogato abituale – non appena il Viminale gli avesse tolto la scorta.

«Invece – ha spiegato Cavalli nel corso del pezzo che ho scritto la scorsa settimana per il sole24ore.com e che qui ripropongo visto il momento delicato che l'artista sta vivendo – il ministero dell’Interno mi ha dato garanzie che la tutela sulla mia persona, che avrebbe dovuto terminare ad agosto, non solo proseguirà ma sarà adattata alle nuove minacce. Mi è stato comunicato che presto incontrerò il prefetto di Roma, città nella quale vivo ormai da sei mesi. Attendo di incontrarlo. Anzi, spero che la lettura del sole24ore.com da parte del prefetto acceleri l’incontro».

Cavalli, ex consigliere regionale in Lombardia e candidato Governatore pochi mesi fa, nel corso degli anni ha modificato il suo percorso artistico, facendolo scivolare sempre più su temi attuali ma con un continuo richiamo alla memoria che questo Paese, spesso e volentieri, perde.

Così, nell’ottobre 2009, debutta a Milano con A cento Passi dal Duomo, scritto con il giornalista del Fatto Quotidiano, Gianni Barbacetto, spettacolo definito dallo stesso Cavalli «una ninna nanna dolce per un risveglio brusco di quella Lombardia che si crede immune dalla mafia».

Il lavoro Nomi, cognomi e infami – tratto dal suo libro – fu un’ulteriore tappa del suo impegno antimafia. Fu presentato nel dicembre 2009 nell’ambito del festival Teatri della Legalità, uno spettacolo che narra di storie di mafia, camorra, soprusi e ingiustizie ma anche di persone che hanno scelto di non piegarsi agli uomini d’onore.

In quell’anno – il 2009 – che segnò la sua vita, Cavalli fu ricevuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che gli espresse solidarietà per la vita sottoscorta a causa delle minacce ricevute dalla mafia.

Da allora non un passo indietro nel suo impegno civile e la decisione di non togliergli la scorta appare una scelta logica e diretta. A maggior ragione nel momento in cui, come dichiara Cavalli, «cominciavano a girare strane voci sul mio impegno e sulla mia attendibilità. Tra le altre cose mi domando perché la Procura di Roma non abbia ancora chiamato Bonaventura che è pronto persino a fare il nome di un politico che sarebbe stato al corrente del piano per uccidermi».

Cavalli sa bene che la mafia prima delegittima e poi – se ne ha ancora bisogno – uccide.

r.galullo@ilsole24ore.com

  • bartolo |

    p.s.
    questo fatto che camorristi, mafiosi e ndranghetisti rincorrono scrittori, registi, giornalisti e quant’altro con in mano fucili carichi e pronti per la fucilazione oramai fa solo ridere. ci sono stati i tempi in cui le fucilazioni, per quanto rare (gli eroi che si discostavano dal sistema non erano molti) avvenivano davvero. è stato nei tempi in cui le mafie, inesistenti per prefetture e procure, controllavano porzioni di ben definiti territori. oggi, le stesse, sono fortemente salde nei propri ruoli, mentre le mafie controllano l’italia intera.

  • bartolo |

    caro galullo,
    se giulio cavalli anziché ascoltare le stupidaggini di bonaventura mettesse per qualche anno il suo talento a disposizione della calabria, dopo averla vissuta e conosciuta, ne gioverebbe l’italia e il resto del mondo. la calabria e tutt’altro che ndrangheta, cavalli potrebbe essere uno dei testimoni d’eccellenza di questa occultata verità.

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