Rifiuti radioattivi/2 A Taranto l’unica emergenza ambientale non è l’Ilva: a 17 km, dal 1984, c’è un deposito abbandonato con 14mila fusti

Sabato 2 febbraio, sul Sole-24 Ore è uscito un mio servizio sul deposito di rifiuti radioattivi di Statte. Oggi pubblico un servizio molto, molto più articolato non solo per chi avesse perso quel mio articolo ma per tutti i lettori del blog.

La Commissione parlamentare sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha depositato in Parlamento la relazione finale sulla gestione dei rifiuti radioattivi in Italia. La relazione – depositata il 18 dicembre 2012 – ha visto come relatrice l’onorevole Susanna Cenni.

Una relazione molto interessante sulla quale mi soffermerò per alcune puntate. Dopo aver descritto sul post del 31 gennaio (si veda archivio) il quadro generale, vi ho guidato attraverso la lettura di alcune storie incredibili (per la sicurezza dei cittadini) come quella di cui ho scritto il 1° febbraio (si veda archivio).

Ora siamo nella provincia di Taranto che, quanto a problemi, con l’Ilva ne ha più di qualcuno. Nel comune di Statte, nelle immediate vicinanze di Taranto, fuori dell’area urbana, pur se non a grande distanza da alcuni edifici residenziali, c’è un deposito che si chiama Cemerad.

Il deposito, che è costituito da un unico capannone, ospita rifiuti radioattivi di origine ospedaliera e industriale e iniziò la sua attività nel 1984, quando fu concessa l’apposita autorizzazione da parte del medico provinciale. Il responsabile del deposito, Giovanni Pluchino, lo aveva realizzato su un terreno a tal fine preso in affitto da proprietari che risultano ancor oggi essere gli stessi.

A seguito di vicende giudiziarie (Pluchino, ricorda la Commissione parlamentare, sarebbe stato condannato in sede penale dal Tribunale di Taranto per aver realizzato una discarica di rifiuti pericolosi senza la prescritta autorizzazione e per aver gestito un impianto di raccolta di rifiuti radioattivi, questo autorizzato, senza tuttavia rispettare le specifiche norme di buona tecnica al fine evitare rischi di esposizione alle persone del pubblico), dal 2000 il deposito è posto in custodia giudiziaria, affidata al Comune di Statte. In particolare, custode risulta attualmente essere l’assessore all’Ecologia della giunta comunale in carica.

QUANTA ROBA C’E’?

Risale al 2000 l’ultimo inventario dei rifiuti radioattivi e delle sorgenti dismesse, dal quale risultano presenti nel deposito 1.026 metri cubi di rifiuti di prima categoria, il cui contenuto di radioattività si sarà nel frattempo certamente ridotto, 94 metri cubi di seconda categoria e 20 metri cubi di terza, tutti in attesa di trattamento e condizionamento.

I rifiuti sono detenuti entro fusti metallici il cui numero – a causa della fitta collocazione che non lascia spazi per ispezioni visive – non può essere facilmente determinato con esattezza, ma è stimato tra 12 mila e 14 mila.

Secondo quanto comunicato dall’Ispra, il deposito si trova oggi in uno stato di sostanziale abbandono ed esposto a ogni possibile evento. Sia il capannone, sia i fusti presentano segni di notevole degrado. La situazione sarebbe tale da suggerire la bonifica, come suggerito dalla stessa Ispra in una nota che l’Istituto, come comunicato alla Commissione parlamentare, ha trasmesso il 2 maggio 2012 al dipartimento della protezione civile, alla Regione Puglia, al prefetto di Taranto e al sindaco di Statte, a seguito di un sopralluogo effettuato sul sito nell’aprile 2012.

Per la bonifica del sito Cemerad erano già stati stanziati 3,7 milioni nell’ambito delle risorse assegnate alla regione Puglia, dalla delibera Cipe n. 35/05. Tuttavia, con la delibera n. 2326 del 28 novembre 2008, la giunta regionale decideva la « sostituzione

dell’intervento denominato “Completamento delle attività di risanamento dell’area ex Cemerad in agro di Statte” dell’importo di 3, 7 milioni. Tale sostituzione si è necessaria poiché per l’intervento non era possibile assumere impegni giuridicamente vincolanti entro il 31 dicembre 2008 visto che, nel corso delle attività di approvazione del progetto operativo di bonifica, erano emerse problematiche legate alla particolare natura del rifiuto, identificato come radioattivo.

QUESTIONE DI “CARATTERIZZAZIONE”

A giugno 2012 il comune di Statte, utilizzando un finanziamento provinciale che ammonta complessivamente a 1,5 milioni e sulla base di un progetto elaborato da uno studio professionale di Bari (Romanazzi – Boscia e associati Srl, contratto del 16/05/2011), ha bandito una gara per «l’affidamento, con contratto di appalto, dei lavori di caratterizzazione chimica e fisica dei rifiuti presenti all’interno del capannone ex Cemerad».

L’importo a base di gara, al netto di Iva, è di 1.088.532,23 euro. Il bando è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 25 giugno 2012, con termine per la presentazione delle offerte al 23 luglio e apertura delle buste fissata per il 25 luglio.

La “caratterizzazione” è un’operazione volta a definire il contenuto effettivo di un rifiuto ed è certamente necessaria nell’ambito di un processo di bonifica e propedeutica ad altre attività, ma evidentemente da sola non serve ad attenuare in alcun modo una eventuale situazione di criticità. Sembrerebbe inoltre ragionevole che, inquadrata in un più ampio processo di bonifica il suo costo verrebbe sensibilmente ridotto.

«Ma c’è anche da osservare – scrivono perplessi i commissari parlamentari – che dall’esame dei documenti di gara è emerso che oggetto dell’appalto non è la caratterizzazione di tutti i rifiuti presenti all’interno del capannone, ma solo una parte di essi». Solo quei fusti che, stando alla documentazione disponibile all’interno del deposito o all’etichetta posta su di essi, contengono rifiuti non radioattivi, ovvero rifiuti radioattivi il cui tempo di dimezzamento è inferiore a 75 giorni e che pertanto, in base alla legge, possono essere gestiti come rifiuti speciali, non radioattivi. L’appalto è quindi finalizzato, si legge nella relazione, non alla “caratterizzazione” radiologica dei rifiuti presenti nel deposito, ma solo all’attribuzione di un codice a quella parte di rifiuti che possono esse considerati non più radioattivi.

Sono esclusi in questa fase anche dalla caratterizzazione chimico/fisica i rifiuti sicuramente radioattivi e quelli privi di etichetta e quindi di ogni indicazione in merito al contenuto.

Ogni altra operazione, dalla caratterizzazione dei rifiuti radioattivi al loro allontanamento dal sito di Statte, allo smaltimento dei rifiuti «non radioattivi» ora oggetto dell’attribuzione del codice Cer (cioè l’identificazione del rifiuto), è rinviata ad altra fase.

Sempre dai documenti di gara – scrivono testualmente i commissari parlamentari – si evince che:

1) l’attribuzione del codice di identificazione del rifiuto (Cer) viene fatta sulla base di analisi su campioni estratti dal 10% dei fusti da caratterizzare;

2) la verifica dell’attendibilità della documentazione o dell’etichetta che indica come «non radioattivo» i
l contenuto di un fusto viene effettuata con misure radiometriche a campione su un fusto per ogni lotto di 200 fusti, un campionamento sulla cui rappresentatività si potrebbe avanzare qualche dubbio.

IL SINDACO DICE CHE…

Alla Commissione è apparsa peraltro piuttosto approssimativa la conoscenza da parte del sindaco di Statte dei termini della gara bandita dal suo Comune: nel corso dell’audizione del 10 agosto 2012, il sindaco ha sostenuto e confermato, contro l’evidenza degli atti, da lui stesso in parte consegnati alla Commissione, che la gara si riferisce alla caratterizzazione completa i tutti i fusti contenuti nel deposito, con misure fusto per fusto. Queste affermazioni non sono state esplicitamente corrette neppure nella nota successivamente trasmessa alla Commissione che, dopo ulteriori verifiche, aveva chiesto chiarimenti.

La nota informa comunque che il Comune non ha proceduto all’aggiudicazione e della successiva stipula del contratto di appalto per la mancanza dell’adozione formale da parte della provincia di Taranto dell’impegno relativo a una quota residua, pari a poco meno di un terzo dell’intero finanziamento di 1,5 milioni.

In ogni caso, le perplessità della Commissione non sono tanto legate agli aspetti specifici della gara – la sua limitata estensione dell’appalto e il campionamento dei fusti – quanto al percorso complessivamente scelto dal Comune di Statte, non economico e di nessun beneficio immediato, che impegna una cifra non trascurabile per una sola, parziale “caratterizzazione”, rinviando a un futuro indeterminato ogni operazione concretamente efficace per la riduzione del rischio.

Dalla stampa locale e dai siti delle associazioni ambientaliste attive nella zona traspaiono chiaramente le condizioni di pressione in cui si trova l’amministrazione comunale, alla quale vengono richiesti passi concreti per la bonifica del deposito Cemerad e la “caratterizzazione” dei rifiuti, di cui si parla da diverso tempo, è attesa come un passo concreto e decisivo. Sembra inoltre, specifica la relazione della Commissione parlamentare che i fondi finanziati dalla provincia debbano (dovevano ndr) essere impiegati entro il 2012. «Sta di fatto, tuttavia – concludono i commissari – che il percorso scelto dal Comune di Statte non appare caratterizzato da un’efficacia e da un’economicità particolarmente elevate».

Dopo che la Commissione ha depositato la relazione, alcuni siti locali, il 13 gennaio, hanno riportato la notizia che l’amministrazione comunale di Statte ha attribuito il finanziamento necessario per la fase di caratterizzazione del materiale pericoloso e radioattivo contenuto nei fusti situati nel sito ex Cemerad. I siti ambientalisti gridano vittoria ma, forse, prima di cantarla davvero passeranno anni.

3 – the end (le precedenti puntate sono state pubblicate il 31 gennaio e il 1° febbraio)

r.galullo@ilsole24ore.com