Far diventare pratico l’essere normale. Giuseppe Catanzaro, 45 anni, vicepresidente di Confindustria Sicilia, imprenditore agrigentino a capo di un gruppo che da decenni realizza e gestisce impianti per il trattamento dei rifiuti, non poteva essere più efficace nella descrizione del rating antimafia.
La proposta – lanciata da Antonello Montante, delegato di Confindustria per i rapporti con le istituzioni preposte al controllo del territorio – è l’uovo di Colombo: mettere a punto un rating antimafia per le aziende che adottano, ad esempio, codici anticorruzione e denunciano il racket delle estorsioni, aiutandole nella battaglia quotidiana della legalità a partire dalla possibilità di accedere al credito più velocemente.
Da subito il Governo si è detto d’accordo e moltissime sono state le adesioni, non solo nel mondo della politica ma anche in quello delle associazioni. Ora comincia la battaglia più difficile: recepire rapidamente nell’ordinamento la proposta e approntare altrettanto velocemente i parametri per far sì che le imprese pulite accedano più rapidamente al credito. Un passo decisivo è stato la previsione nel decreto liberalizzazioni: “del rating attribuito – si legge nell'emendamento approvato al Senato e ora alla Camera –si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario” (si veda il Sole 24 Ore del 29 febbraio). Il passo successivo sarà l’istituzione di un tavolo tecnico che veda camminare insieme Confindustria, Antitrust, ministeri della Giustizia e dell’Interno.
Logico che la spinta a far presto e bene arrivi proprio dagli imprenditori siciliani che prima e meglio degli altri colleghi del Sud hanno dato vita e continuano ad alimentare una primavera della legalità che non conosce fortunatamente fine.
“La filosofia che impronta questi anni di battaglia – spiega Catanzaro – è quella di introdurre il discrimine a danno delle imprese che alterano la concorrenza e colludono con la mafia. Confindustria ha prima lanciato il codice etico per le imprese e il rating antimafia non è altro che la sua evoluzione scientifica, visto che introduce valori premiali per chi concorre con regole di normalità: fare ricerca, innovazione, produrre ed essere trasparenti”.
Come rendere operativo il rating? Anche qui la risposta è di Catanzaro: dopo l’approvazione legislativa ed un dialogo serrato con Abi e Bankitalia, dovranno arrivare precise direttive alle prefetture che, già oggi, vanno spesso oltre i semplici certificati antimafia. “Le certificazioni che rilasciano le Camere di commercio – spiega Catanzaro – sono inutili nella misura in cui danno conto solo delle sentenze passate in giudicato. I protocolli, applicazioni di diritto privato e le informative antimafia, sono molto più efficaci”.
Ma quanto tempo passerà prima che il rating antimafia diventi realtà? “Il mio cuore e la mia testa – conclude Catanzaro – sperano che si faccia domani. I mafiosi per fare affari ci mettono un clic, vale a dire meno di un secondo. Perché il mio Paese ci dovrebbe mettere un nanosecondo in più per contrastarli? Spero che chi deve decidere guardi anche alla vita di alcuni poliziotti, carabinieri, magistrati, ai quali è impedito anche un caffè, dopo aver giurato fedeltà al Paese magari per 1.200 euro al mese, visto che rischiano la vita tutti i giorni. Lo Stato con chi si schiera?”
A domani con un nuovo post in cui proseguirò il dibattito sul rating antimafia con un’imprenditrice siciliana.
1 – to be continued
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