Le aziende pubbliche terreno di corruzione in Calabria – La vicenda Sorical, per i pm, è esemplare

Chi sa di malapolitica sa che da quando – negli anni Novanta – si decise di avviare le (false) privatizzazioni delle municipalizzate e delle partecipate dagli enti locali e regionali, il baricentro del potere marcio si è spostato verso le cosiddette Spa a capitale pubblico.

In pratica – rispetto al passato – non cambia nulla se non una cosa: oltre all’enorme potere politico-clientelare (si vedano, da ultimo, le vicende che hanno coinvolto le ex municipalizzate romane Atac, Ama e Acea) c’è di mezzo un enorme potere economico se non addirittura finanziario (basti pensare che alcune società sono state quotate in Borsa e alcune altre lo saranno).

La Calabria – come sempre – ha anticipato i tempi e da illo tempore addensa nelle partecipate e nelle controllate il peggio del peggio. Sotto forma di servizi (quasi sempre inesistenti e costosissimi) e sotto forma di imbarbarimento della lotta politica.

Ora accade che le teorie liberiste spinte vogliono che la mano pubblica esca completamente dalla gestione delle reti e dei servizi e dunque queste ultime vengano lasciate in mano ai privati che – si afferma – sanno fare meglio, prima e costi concorrenziali.

Ora accade anche che su alcuni servizi – si veda quello idrico – scuole di pensiero (corroborate in Italia anche da referendum) affermino che la mano non possa che essere pubblica.

Scuole, appunto, al cui pensiero non mi piace prender parte anche perché, in realtà, diffido delle verità unidirezionali.

In Calabria il tema relativo alle partecipate e/o alle controllate in mano pubblica locale torma di moda. Non tanto per le vicende legate alle società del Comune di Reggio Calabria (che già, da sole, valgono il prezzo del biglietto) quanto delle vicende che stanno emergendo dall’operazione Ceralacca, con la quale la Procura e la Gdf di Reggio Calabria hanno accertato che alcuni funzionari pubblici consentivano ad alcuni imprenditori di accedere alla cassaforte dove erano conservate le offerte delle varie ditte che partecipavano alle gare di appalto. Gli imprenditori prendevano tutto l'incartamento e lo portavano nei propri uffici dove, dopo avere rimosso la ceralacca sulla busta (ecco dunque il nome dell'operazione), controllavano le offerte degli altri e inserivano la propria che risultava quindi la migliore. Poi richiudevano la busta e la sistemavano al proprio posto in cassaforte. Così facendo, quattro imprenditori riuscivano ad aggiudicarsi le gare di appalto.

In questa inchiesta entra prepotentemente Sorical, la società di gestione delle risorse idriche calabresi (si veda nell’archivio del 16 marzo il primo post dedicato all’operazione Ceralacca).

Prima di vedere come (e con chi) entra nell’indagine, analizziamo Sorical.

COSA E’ SORICAL

Sorical è la società a capitale misto, pubblico-privato per la gestione dell’approvvigionamento e la fornitura all’ingrosso dell’acqua a uso potabile sul territorio della Regione Calabria. Ha il mandato di gestire, per un periodo di 30 anni, il complesso infrastrutturale delle "Opere idropotabili regionali" e il connesso servizio di fornitura all’ingrosso ai comuni ed a alcuni altri enti.

La Regione Calabria ha affidato a Sorical anche l’attuazione di un articolato piano di investimenti, finalizzato all'integrazione e completamento del complesso delle infra-strutture idriche, in modo da garantirne la gestione unitaria.

L’ultimo bilancio al 31 dicembre 2010, riporta un capitale sociale di 13,4 milioni, ricavi per 79,4 milioni e utili per 1,2 milioni. Il 53,50% delle azioni appartiene alla Regione Calabria e il 46,50% a Acque di Calabria spa.

Quest’ultima appartiene – tramite Acqua spa che la possiede al 100% – al Gruppo Siba-Veolia environment. Il suo capitale sociale è di 2,6 milioni, i ricavi a fine 2010 erano di 466.325 euro e le perdite di 161.206 euro. Veolia acqua compagnia generale delle acque s.r.l. ed anche Veolia acqua cga di Via Lamepdusa a Milano hanno un capitale di 6 milioni, ricavi a fine 2010 per 869.767 euro e perdite per 1,8 milioni.

Sorical ha indici di redditività niente male. Il Mol sui ricavi è del 27,9%, il Roe è del 3,7%, il Roi dell’1,9% (sempre a fine 2010). Ha un cash flow di 15,4 milioni e 279 dipendenti. Per carità non è tutto oro quel che luccica. Ha debiti per 269,5 milioni di cui 156 verso le banche, 79 verso i fornitori, 15 milioni di debiti tributari e 838.815 euro verso gli istituti previdenziali.

 

GNAM!

 

Avrete capito che questa società liquida, gestisce appalti miliardari. Soldi come se piovesse. Ovunque in Calabria. Passa – quando non si tratta di opere d’urgenza – per la Stazione unica appaltante sulla cui impenetrabilità e impermeabilità io credo come un cinquantenne può credere all’esistenza di Babbo Natale (come la stessa operazione Ceralacca dimostra).

E – prima ancora dei calabresi – che Sorical sia una gallina dalle uova d’oro se ne sono accorte le imprese non in regola e i dipendenti infedeli, almeno secondo la ricostruzione dell’operazione Ceralacca che ha portato in galera alcuni alti dirigenti della Sorical, come Antonio Scaramuzzino, procuratore speciale e rappresentante legale (dal 16 marzo ai domiciliari e che si proclama estraneo a ogni vicenda) e Mario Italo Torresani, altro procuratore speciale (propriamente non due uscieri!). Un’operazione che ha portato fortunatamente alla luce anche l’incorruttibilità di alcuni dirigenti come l’ingegnere Stefano Pizzarello (“non ha bisogno di soldi”, dicono di lui in un’intercettazione, in ciò ovviamente ricevendo l'aperto biasimo dei suoi istigatori: i Bagalà, che definiscono l’ingegnere romano, secondo la ricostruzione che ne fa la Procura di Reggio, come il povero allocco che vuole fare risparmiare la Sorical).

Non credete che questa inchiesta-madre sveli davvero quello che è il rischio che quo-ti-dia-na-men-te corrono tutte le aziende pubblico-private in Calabria e in tutto il Sud (altre sono le problematiche al Nord)?

No? E allora leggete qui cosa scrive a pagina 14 il Gip Cinzia Barillà: “si tratta peraltro di un'inchiesta, quasi impressionante negli esiti e nei risvolti, che si contraddistingue vuoi per l'audacia ed impudenza criminale dei suoi protagonisti (non arrestatasi neppure dopo un sequestro di offerte sigillate all'esterno della sede Sorical in mano in uno dei coindagati e prima dell'espletamento della relativa gara), vuoi per l'assoluta forza dirompente delle risultanze investigative a cui il lettore, che le apprende per la prima volta, partecipa addirittura "in onda" attraverso, non tanto i racconti degli inquirenti, ma per mezzo delle intercettazioni versate in atti e delle immagini riprodotte dalle videocamere installate fuori ed, in un secondo momento, addirittura dentro la stanza di custodia delle buste della Stazione unica appaltante della Provincia o relat
ive all'attività di appalti gestita dalla Sorical di Catanzaro, che consente all' "osservatore" di assistere allo scempio che questi indagati, unitamente ai pubblici ufficiali, fanno della "cosa pubblica" intromettendosi in modo spregiudicato nelle gare di appalto dell'intera provincia e regione, ma non come l'esperienza giudiziaria, comunque ordinaria, aveva consentito di ipotizzare nel passato (attraverso il raggiungimento di accordi di cartello di natura preventiva, l"'intervento" intimidatorio o collusivo nei confronti di altri partecipanti o dei pubblici ufficiali roganti, sistematici ricorsi ad espedienti artificiosi nella fase dell'apertura delle buste), bensì, stavolta, addirittura per il tramite della stessa materiale e preventiva manomissione delle buste, recuperate prima della gara, anche attraverso l'introduzione abusiva ed illecita nella stanza della sede della Stazione Unica Appaltante dedicata alla loro custodia
”. E a pagina 16 il Gip riporterà che gli imprenditori Bagalà (arrestati) si "recano stabilmente per coltivare i loro rapporti corruttivi con i funzionari della Sorical avente sede in Catanzaro”.

Ora provate a pensare quanti Mister Rossi, Bianchi o Verdi stanno curando analoghi rapporti corruttivi in giro per la Calabria e per il Sud. Ve lo dico io: un traffico peggio che a Milano Via Montenapoleone la vigilia di Natale o a Roma Via Condotti per l’apertura dei saldi.

Una storia in cui sia ben chiaro bisognerà scavare fino in fondo per capire dove ci sia verità, dove menzogna e dove millanteria. Più volte – a esempio – nell’ordinanza si legge che a Torresani non resta che ammettere di "avere avuto conferma dell'avvenuto ridimensionamento del Pizzarello (ad opera dei suoi superiori) proprio dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della Sorical, Sergio Abramo "ha detto· tutto, eh, è vero dice perchè mi ha visto ieri Abramo e mi ha detto: «Mario, se viene quello la a romperti i coglioni me lo dici a me». Abramo, il presidente”.

Per ora mi fermo qui. A breve proseguo.

2 – to be continued (la prima puntata è uscita il 16 marzo)

r.galullo@ilsole24ore.com

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