“Ciao Giovanni”. “Gnam mmm…”. “Giovanni ciao sono Roberto. Roberto Galullo. Come stai?”. “Mmm ciaonf Rommbetto…”.
Al secondo “mmm” e dopo un ciao diventato “ciaonf Rommbetto” ho capito che non dovevo rompergli le scatole mentre Giovanni, il collega Giovanni Tizian, da anni collaboratore della Gazzetta di Modena pesantemente minacciato di morte dalle mafie, stava mangiando. “Ti chiamo dopo Giovà…tra una mezzoretta” era l’unica cosa che, a quel punto e per educazione, potevo dirgli.
E così ho fatto ieri intorno alle 15.15, quando l’ho richiamato. Lui, nel frattempo, era riuscito a ingollare un boccone in fretta come capita a chi è precario e deve guadagnarsi la pagnotta quotidianamente senza le tutele e gli agi nei quali vivono spesso (ma drammaticamente sempre di meno) i giornalisti regolarmente assunti. A me quella mezz’ora in più è servita per organizzare le mie visite all’Aquila, Pescara e Campobasso per alcune inchieste che scriverò prossimamente sul Sole-24 Ore.
Quando riusciamo a parlare con un po’ di calma, Giovanni mi racconta che non si sarebbe mai aspettato tanto calore da Modena e da tutta Italia dopo che è stata resa nota la notizia della scorta che la prefettura gli ha assegnato il 22 dicembre. “Ma a chi hai rotto le scatole ultimamente?” gli ho chiesto, pur sapendo che da settembre a oggi ha pestato come un tamburo sulle cosche di ‘ndrangheta e sui clan dei Casalesi che in provincia fanno il bello e il cattivo tempo. Non che prima fosse morbido – e con lui il giornale La Gazzetta di Modena del quale è collaboratore, come del resto lo è per Narcomafie, linkiesta.it e lettera43.it – ma negli ultimi quattro mesi ha pestato sodo. Molto sodo. Del resto a Modena – provincia di Caserta o Napoli o, se preferite, Crotone o Reggio Calabria, tanto ormai fa lo stesso – gli argomenti di economia e società criminale non mancano anche se i modenesi l’hanno capito dopo quasi 40 anni che le mafie li circondano in branco selvaggio come fanno le lontre giganti del Sudamerica (Pteronura brasiliensis) quando attaccano la preda (coccodrilli compresi). “Ma che ti devo dire Roberto, non lo so. Neppure la Prefettura di Modena è stata in grado di essere più precisa. Di minacce, nel tempo, ne ho ricevute. Mi ha solo comunicato che, per permettermi di continuare a svolgere serenamente il mio lavoro, era meglio che mi scortassero. Neppure io so, credimi, quel sia o siano gli articoli o le inchieste che hanno fatto scattare questa misura e a seguito di quale informazione riservata che a me non è stata rivelata. Io stesso spero di avere maggiori informazioni per capire meglio quali interessi e oggetti siano stati toccati”.
Fa nulla che Giovanni non sappia ancora il motivo di tanto odio da parte delle cosche modenesi di importazione. Ammesso (e non concesso) che sia uno solo il motivo. O forse, invece, fa. Perché le lontre mafiose giganti (Pteronura mafiensis) che continuano ad azzannare e sbrindellare Modena, Reggio Emilia, Piacenza e compagnia cantando, sono ancora là fuori e si alimentano dei bocconi prelibati che vengono gettati dai colletti bianchi, dai professionisti e dalle parti corrotte dello Stato presente a Modena e provincia. Le lontre mafiose giganti sono costrette a vivere fuori dal perimetro di salvaguardia armata in cui ora è costretto a vivere Giovanni ma non per questo sono e saranno fuori dalla vigile cronaca che Giovanni continuerà a garantire in primis alla Gazzetta di Modena e poi alle altre testate con le quali collabora. “Una cosa è certa – spiega infatti questo 29enne calabrese al quale la ‘ndrangheta il 23 ottobre 1989 ha già ucciso a Locri il padre nato 36 anni prima a Bovalino, in provincia di Reggio Calabria, un funzionario di banca integerrimo – io andrò avanti”. Non c’è da dubitarne. Madre, sorella, zii e nonna – tutti a Modena dopo la tragica scomparsa del padre e prima ancora gli atti vandalici contro le proprietà del nonno – sono dalla sua parte, così come la parte sana del popolo del web e delle Istituzioni, che da subito si sono mosse a suo sostegno (tralascio la politica perché per essa ho un sano e consapevole disgusto). In particolare l’associazione “DaSud” ha lanciato la campagna “Io mi chiamo Giovanni Tizian” e ha già raccolto centinaia di adesioni.
Gli ho chiesto se Modena e i modenesi siano consapevoli di essere da tempo tra le nuove capitali delle mafie e tra i futuri ( o forse, presenti) sudditi di Sua Maestà Immonda “Mafia spa”. Qui la risposta di Giovanni è illuminante. “Una parte sì – spiega Giovanni – ma tra molti imprenditori gira ancora la favola della mafia che viene a chiedere il pizzo. Ma il problema qui, in tutta l’Emilia Romagna e al Nord, non è il pizzo che ti chiedono, che pure ancora persiste tra i corregionali, ma l’offerta di servizi a prezzi stracciati che alterano mercato e concorrenza e che sono quasi sempre in mano alle mafie. Vuoi un esempio? Il facchinaggio e molti servizi in subappalto”.
E già, le imprese, che pure molta strada hanno fatto (sempre poca comunque) e la società civile, debbono ancora aprire del tutto gli occhi su una realtà di fatto se non di “diritto criminale”: la mafia è nord, come scrive nel suo libro “Gotica. ’Ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea” lo stesso Giovanni Tizian.
Gerardo Bombonato, presidente dell'Ordine dei Giornalisti dell'Emilia-Romagna, a caldo ha commentato così: «sono sempre più i collaboratori e i cosiddetti free lance a trovarsi in trincea su temi delicati e pericolosi, senza alcuna garanzia contrattuale e con paghe che gli editori non darebbero neppure alle loro colf». Pensate quanto sarebbe bello se la Gazzetta di Modena o un altro media, serio e rigoroso, assumesse Giovanni. So – come tutti i colleghi – che l’editoria sta attraversando momenti nerissimi ma credo che assumere Giovanni significherebbe una triplice sconfitta per le mafie. In primis vorrebbe significare che la comunità giornalistica ed editoriale di quel media dice alle mafie: Giovanni siamo noi. In secondo luogo le stesse comunità griderebbero alle mafie: le sue spalle e le sue tutele, ora, sono più grandi. In terzo luogo sconfiggerebbero le mafie sul campo che loro vorrebbero invadere anche a Modena e al nord: quello del lavoro che al Sud è un favore e al Nord (per quanto ancora?) un diritto.
So che Giovanni non avrebbe voluto che io scrivessi quest’ultima parte ma – anche lui – sa che scrivo quel che vedo, sento o posso provare. Proprio come lui. “Io mi chiamo Giovanni Tizian”.
r.galullo@ilsole24ore.com
P.S. Potete acquistare il mio libro: “Vicini di mafia – Storie di società ed economie criminali della porta accanto” online su www.shopping24.ilsole24ore.com con lo sconto del 10% e senza spese di spedizione