La “buonavita” in Calabria: la regione è in agonia ma “Senza targa” racconta la speranza

Volete avere un quadro odierno della Calabria? Regione allo stremo (disoccupazione record e prospettive occupazionali nulle o quasi), giovani in fuga (i cervelli emigrano al Nord o fuori dall'Italia), cupola mafiosa (di cui la 'ndrangheta è un tassello) che sbrana i resti di quel che resta come un avvoltoio sulla carogna.

Paesaggio cupo? Peggio: per me senza speranza e l'ho detto e scritto mille volte.

Anche quest' anno (per il 24esimo anno di fila) ho trascorso le vacanze in questa regione che dà il 50% del sangue ai miei figli. Come l'ho trovata? Sempre peggio: sporcizia indegna di un paese civile, mare pulito ora sì ora no (i depuratori qui sono una variabile impazzita), lavoratori socialmente (in)utili piazzati all'ombra dei pini a vigilare il nulla, alberghi vuoti (si veda la polemica Federalberghi-Confindustria), paesaggi devastati (incendi colposi e criminali come se piovesse e scheletri di immobili che stanno lì da secoli, forse da millenni), accoglienza da allegria funerea, spiagge rosicchiate dal mare e dall'imprenditoria balneare selvaggia (che accantona sul confine delle battigie libere la sporcizia accumulata nel giorno così è compito del Comune di turno raccoglierla ma non lo fa), politici che si voltano dall'altra parte e si massacrano l'un con l'altro a colpi di nullità ideologiche. Fantastico un convegno al quale ho assistito pochi giorni fa nascosto tra i 4 gatti che vi assistevano: due politicanti locali discutevano delle (a loro giudizio) cattive scelte amministrative di due Comuni, incitando i 4 gatti a reagire. Voi direte: bello! Peccato che gli stessi politicanti – all'opposizione – siano noti per la loro vacuità totale in consiglio comunale. Insomma: andate avanti voi che a noi, che pure ci avete eletti in vostra rappresentanza, ce viè da ride!

Come se non bastasse quando arrestano un latitante di una cosca, come è successo poche ore fa con Celestino Abbruzzese a Cassano allo Ionio, altri 4 gatti mettono a soqquadro una via e un quartiere nella forzosa omertà della maggior parte della cittadinanza. Non si può arrestare chi dà pace, tranquillità e lavoro. Intanto i magistrati che rischiano la vita a Reggio vengono affettuosamente abbracciati dalla società civile – che qui fa spesso più danni che Taz Tasmania – che si sveglia solo quando arriva una minaccia. La loro "piena solidarietà" si confonde con quella dei sepolcri imbiancati che – come direbbe il procuratore generale di Caltanissetta Roberto Scarpinato – siedono in prima fila alle manifestazioni e alle marce antimafia. La Chiesa, infine, si sveglia a corrente alternata.

Non vi basta? E allora metteteci un'attentato incendiario tre giorni fa in una caserma di Cosenza (un tempo provincia babba), continui attentati contro i collaboratori di giustizia (si veda cosa accade a Lamezia Terme), richiami continui della Corte dei conti ai sindaci per le follie contabili e gestionali e (forse) il quadro è più completo.

So che queste cose non piacciono ai calabresi e che non vogliono sentirsele dire ma io me ne frego perchè scrivo – in libertà, spirito critico e indipendenza di giudizio – ciò che vedo da anni e quel che vedo sfido chiunque a contraddirlo con un controsistema uguale e contrario fatto in Calabria di regole, ordine e disciplina (non di mussoliniana memoria) e non attraverso singole eccezioni che i "politicanti e i socializzanti" calabresi vogliono far assurgere a regola stessa (lo so anche io che ci sono ristoratori capaci, albergatori ospitali, giornalisti coraggiosi, spiagge pulite e so benissimo che la gran parte dei calabresi è onesta ma so anche che, per un verso o per l'altro, è piegata alle logiche criminogene).

Leggere i giornali locali, poi, è fantastico: ad esempio titoli a nove colonne e foto a gogò (che possa restare fulminato se non è vero ciò che scrivo!) per il compleanno di un politico cosentino che ha pensato di allietare il popolo degli eletti con una festa in discoteca. Ecchissenefrega! No, qui a qualcuno interessa sapere se ha ballato la rumba o la macarena!

Filippiche da suicidio affidate dai media ai figli e ai parenti (nel senso letterale del termine) della peggiore politica che ha conosciuto questa regione che per me è persa per sempre.

Per tutto questo – e per molto altro ancora – ammiro e stimo chi si ostina a voler cambiare questa terra che – ufficialmente è stato detto da un magistrato che pure stimo nel corso di una manifestazione pubblica – "non può essere cambiata dai calabresi". E da chi, di grazia, dai borboni? O magari dai mapuche cileni? Ah, scusate, ho capito: dallo Stato, che qui è un entità astratta ma utilissima da richiamare ad ogni occasione. Come se i calabresi non facessero parte dello Stato…

Ma forse ha ragione lui, ha ragione questo magistrato figlio della sua terra e della politica calabrese (il padre è stato sindaco) se è vero come vero che c'è voluta una torinese di nascita, romana per scelta e calabrese d'adozione, Paola Bottero, per dare alle stampe "Senza targa – Per non morire la seconda volta di 'ndrangheta" (336 pagine, Sabbia Rossa edizioni"; senzatarga.wordpress.com).

Un viaggio nella Calabria della "buonavita" contro quella della "malavita" che ha raccontato con passione con il collega Alessandro Russo.

Un viaggio attraverso 12 ritratti di uomini e donne senza targa appunto che qui, invece, è una costante. La targa qui è un'identità ostensibile e da ostentare al volgo: sulle case (Prof.ssa di ginnastica ……e M.llo Capo….. vista con i miei occhi) o nell'anima (venduta o in vendita al miglior offerente).

Molti di loro hanno lasciato (rectius: continuano a lasciare il segno) in questa regione. Penso a Mario Congiusta, al quale sette anni fa ucciserro il figlio. Un uomo rigoroso e dignitoso come pochi che continua a gridare la sua voglia di cambiare Siderno e la Calabria. Può farcela? No, non credo. Perchè qui lo Stato spesso non esiste e quando c'è non è immune dal contagio mafioso.

Ma proprio perchè non ci credo vi invito a leggere – con me – questo libro del coraggio, della speranza, della vita contro la morte. Della Calabria "altra" possibile e in fieri.

Perchè il mio più grande desiderio – raccontando questa terra da tanti anni – è di avere torto. Un torto marcio. Il mio più grande sogno è scoprire un giorno che i miei figli e i figli di tutti i calabresi possano sputarmi in un occhio e dirmi: non avevi capito niente. Imbecille! Hai visto? La storia di Don Pino De Masi, che nella Piana di Gioia Tauro cerca di strappare i giovani alle cosche, oggi è "la" Chiesa calabrese. Mario Congiusta è uno, mille, un milione. La sua dignità, clonata, ha pervaso i calabresi. Imbecille due volte, ecco cosa sei Roberto.

Paola e Alessandro scrivono con il cuore e la loro opera – anche se alcuni personaggi che raccontano sono fuori dalle mie corde – merita di essere portata all'attenzione di una platea quanto più ampia possibile. Affinchè loro e le storie che raccontano – come tanti semi che domani daranno frutti – abbiano ragione. Non io e, cari Paola e Alessandro, lo dico con il cuore in mano e pieno di speranza sapendo voi, come me, che targa non ho e non avrò mai.

  • galullo |

    Ne sono convinto: la Calabria ha bisogno dei “bianco” il cui nome e cognome è impossibile conoscere (compare solo ed esclusivamente per me una mail che sembra una sfilza polacca di consonanti); di un “bianco” che accusa me di vigliaccheria (sigh!), che blatera di Saviano e pallottole, che delira di commenti non pubblicati (arisigh!), che disquisisce di coscienze civili che non hanno bisogno di essere svegliate dai giornalisti (aiuto! e questo punto nemmeno forse dalla Chiesa o da chiunque altro si impegni per amore della legalita!), che è felice di nascondersi, lui come altri per paura (??) o per riservatezza (???!!!). Buona fortuna Calabria e tieniti stretta i tuoi campioni.
    besitos

  • bianco |

    vigliacco sarà lei dato che non ha pubblicato il mio commento, antecedente a questo suo, dove dicevo che anonima non sono dato che ha la mia email, e che sono riservata, semplicemente, come Paola. Vigliacco è lei che si nasconde dietro una grande testata giornalistica che a tutti i mezzi per proteggerla, dagli avvocati e dai mafiosi. Se crede veramente di sapere di cosa ha bisogno la Calabria venga giù e si impegni. Lei non denuncia un bel niente, sono cose che sappiamo già, lei è un altro saviano, ma non uno squalo, appena un naucrates ! Tutti a volerci svegliare le coscienze ( ma che ca**o ne sa lei dei nostri impegni sociali e civili ?). Lei ha diritto di criticare i Calabresi solo se vive in mezzo a loro.

  • bianco |

    ps. il mio nome e cognome li conosce, sono nell’indirizzo email, per il resto gradisco infinitamente la mia privacy. Rimproverare a Paola di non mettere il nome – per paura o amore della riservatezza come me, non importa – è di un’ironia amara e beffarda oltre dire per uno che avrà – o ha – una scorta pagata dai contribuenti, anche Calabresi, alla prima pallotola di plastica che arriverà in redazione!

  • galullo |

    Chi salverà la Calabria? Magari il vigliaccamente anonimo “bianco” che non è in grado di capire il ruolo del giornalismo? La Calabria davvero può essere salvata dai tanti vigliaccamente anonimi “bianco” che pensano che un quotidiano può “riparare” non si sa da cosa e non invece offrire un’opportunità meravigliosa di raccontare, denunciare e svegliare coscienze, ergo il più grande impegno che io possa concepire? La Calabria può essere salvata dai tanti “bianco” che parlano di lavoro, salute etc “inventate” (sigh!)? La Calabria può essere salvata dai “bianco” che si piangono addosso e dicono che la colpa è dei cattivoni che non vivono in Calabria e l’hanno abbandonata? Se la risposta è si, buona fortuna.
    roberto galullo (uno che ci mette semnpre la faccia)

  • bianco |

    chi salverà la Calabria ? magari uno di quelli che se ne sta al riparo in tutt’altro angolo d’Italia, malgrado i suoi legami diretti con la Calabria. Uno che si “sacrifica” a spendere le sue ferie in Calabria, ma si guarda bene di impegnarsi, di “investirsi” come scrivono.. Facile denunciare cose straconosciute, ma noi ci inventiamo il lavoro, la salute, la città, la scuola, tutto il necesario, tutti i giorni, con le nostre forze e non protetti da un quotidiano come il “Sole..”. Le responsabilità non sono di chi vive in Calabria, ma di chi l’ha abbandonata, di chi poteva aiutarla ma non ha voluto.

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