C’è un intero paragrafo dell’indagine “Anno zero” – che mercoledì della scorsa settimana ha portato al fermo di 21 persone indagate a vario titolo per associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni – dedicato ai rapporti tra cosa nostra di Campobello di Mazara (Trapani) e la massoneria.
Martedì sono stati convalidati i fermi di tutti i 21 tra boss, estortori e gregari di Cosa nostra trapanese finiti in cella la scorsa settimana nel corso del maxi blitz di Carabinieri, Dia e polizia contro i clan di Castelvetrano, Partanna e Mazara del Vallo.
I Gip di Marsala e Sciacca, competenti per la convalida, hanno confermato la scelta della Dda di Palermo di procedere al fermo, motivato dal rischio di una nuova guerra di mafia tra i clan. Il fermo è stato convalidato anche peri cognati del capomafia Matteo Messina Denaro, Gaspare Como e Rosario Allegra.
A designarli ai vertici del clan è stato lo stesso boss latitante che li ha investiti della responsabilità di gestire gli affari della “famiglia”: racket, energie rinnovabili come l’eolico, grande distribuzione alimentare e scommesse online.
Convalidato anche il fermo di Carlo Cattaneo, titolare di una serie di agenzie di scommesse. Resta in cella anche Vittorio Signorello protagonista di una intercettazione shock in cui, il presunto factotum di Como rivendica la bontà della scelta di Totò Riina di rapire e uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito strangolato dopo oltre 700 giorni di prigionia e sciolto nell’acido. Fermo convalidato anche per i due postini della rete di pizzini con cui Matteo Messina Denaro continua a comunicare con i suoi sodali.
L’inchiesta, ricordiamolo, è stata coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Carlo Mariella, Gianluca De Leo, Francesca Dessì, Gerry Ferrara, Alessia Sinatra e Claudio Camilleri. Convalidati i tutti i sequestri preventivi della attività economiche disposti dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda).
Il paragrafo del fermo convalidato (chiarendo, qualora fosse necessario che la Giustizia farà il suo corso e stabilirà fino a eventuale terzo grado di giudizio colpevoli e innocenti , cosa che non spetta cerro ad un giornalista oltretutto di un umile e umido blog, come il presente) ruota intorno a due figure.
La prima figura è quella di tal Vincenzo Lentini – assolutamente non indagato in questa operazione – di Campobello di Mazara, denunciato il 14 ottobre ‘97 per 416 bis, la cui posizione è stata archiviata il 22 ottobre 2003. Di Lentini, si legge testualmente nel decreto di fermo della Procura di Palermo, «sono stati riscontrati i rapporti con esponenti mafiosi della medesima area territoriale come Bonafede Leonardo, come emerso nell’ indagine “Campus belli” ».
Secondo la ricostruzione della Procura, che ha ricevuto su questo un’informativa dei Carabinieri di Trapani, Lentini è iscritto alla loggia “Domizio Torrigiani” del Grande oriente d’Italia (Goi) di Campobello di Mazara.
La seconda figura è quella di Raffaele Urso, invece indagato in questa operazione. Urso, si legge nel decreto, è «della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, in questo ruolo contribuendo alle attività di direzione della medesima famiglia, costituendo un punto di riferimento per il sodalizio per l’imposizione delle estorsioni alle imprese operanti nella zona, intervenendo nella risoluzione dei conflitti interni alla famiglia mafiosa ed ai relativi affari illeciti, tra i quali il sostentamento dei detenuti e delle loro famiglie, nonché mantenendo contatti con esponenti di vertice di altre famiglie mafiose, tra le quali, soprattutto ma non esclusivamente, con quella di Castelvetrano e quelle della provincia di Palermo, in tal modo svolgendo funzioni direttive per l’organizzazione e la programmazione di reati-fine del sodalizio, tra cui danneggiamenti aggravati, minacce aggravate, estorsione aggravata, infiltrazione in procedure giudiziarie relative alle aggiudicazioni di immobili all’asta».
E’ bene ancora specificare che le risultanze investigative di cui si dà conto, come hanno scritto gli stessi pm non hanno consentito di far emergere direttamente alcuna condotta illecita «ma appaiono, ancora una volta, significative della poliedricità dei comportamenti di Urso e delle sua molteplice rete di contatti per muoversi agevolmente in tutti gli ambiti di interesse nel territorio di sua pertinenza».
E qui è utile raccontare – testualmente – quanto si legge nell’informativa del reparto investigativo dei Carabinieri di Trapani sulla affiliazione di una donna (il nome non ha alcuna importanza e comunque non è indagata) presso l’“Ordine della Stella d’Oriente” un’organizzazione para massonica internazionale di origine statunitense, da cinquant’anni attiva in Italia, costituita da donne con stretti vincoli di parentela con liberi muratori del Grande Oriente d’Italia (dato estratto da fonti aperte al sito: http://www.grandeoriente.it).
L’informativa dei Carabinieri
« (…) Nel maggio del 2017 (il 3 maggio 2017 alle ore 10:46, ndr) , l’intercettazione telefonica sull’utenza di rete mobile in uso a Urso ha consentito la registrazione di elementi di assoluto interesse in ordine all’intercessione di Urso Raffaele per favorire l’entrata in massoneria della (omissis) grazie al personale interessamento di Lentini Vincenzo (…)
(…) Dal dialogo tra i due, emergeva che Lentini Vincenzo aveva interessato dei confratelli siciliani per perorare l’affiliazione della (omissis) presso l’Ordine della Stella d’Oriente.
L’intercessione era andata a buon fine (…).
(…)
La sede della loggia alla quale (omissis) era stata affiliata veniva individuata nel centro polifunzionale “Casa Nathan” ubicato in Piazzale delle Medaglie d’Oro di Roma, ove appunto l’Ordine della Stella d’Oriente ha anche la sua sede di ritrovo. A tale elemento si perveniva grazie ad un mirato servizio di o.c. effettuato dal Ros il 19 maggio 2017 in occasione di una riunione della cui fissazione la donna aveva parlato al Lentini (…)
(…) Dopo aver ribadito il proprio ruolo apicale in seno alla massoneria siciliana, (“io…che sono all’apice non succede niente …”), Lentini esternava a (omissis) la necessità di un continuo contatto tra i due, cercando però di utilizzare – alla bisogna- canali di comunicazione che potessero garantire una maggiore riservatezza (quale la posta elettronica) rispetto alle utenze telefoniche (“cose che tu non mi puoi dire anche per telefono me le mandi per e-mail..”).
Urso e (omissis) tornavano a sentirsi alle ore 19.38, quando i due commentavano il contenuto della telefonata che la donna aveva avuto con Lentini.
La conversazione metteva in evidenza:
– l’imbarazzo provato dalla donna nei confronti di Lentini (…)
– l’evidente intercessione di Urso verso Lentini per favorire l’iniziazione della donna, tanto che si lamentava di essere stato messo in difficoltà con il massone a causa della sua superficiale condotta (…)
– l’incredulità della donna rispetto al fatto che qualcuno possa aver chiesto a Lentini aggiornamenti attesa la sua posizione di vertice (…)
– l’ulteriore conferma della posizione di vertice, in ambito massonico, ricoperta da Lentini, al quale i paritetici chiedevano costantemente informazioni sul percorso della neo giunta (omissis) , da lui presentata come sua nipote pur non risultando parentele in tal senso (…)
– la forzatura adoperata da Lentini, rispetto alle normali consuetudini, per favorire l’entrata di (omissis) in massoneria (…)».
Chissà se la Commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi nella scorsa legislatura, avrebbe avuto piacere a leggere questa informativa…
r.galullo@ilsole24ore.com