Reggio Calabria/2 Per 2 pagine mancanti c’era chi voleva far saltare il giudizio sull’incandidabilità alle elezioni

Cari amici di questo umile e umido blog, sto analizzando, con voi, alcuni passi delle 120 pagine con le quali, ovviamente in primo grado, il 19 luglio in camera di consiglio la prima sezione civile del Tribunale di Reggio Calabria (presidente Rodolfo Palermo, estensore Giulia Messina e nel collegio anche Salvatore Pugliese) ha giudicato incandidabili otto ex amministratori del Comune di Reggio Calabria, sciolto per contiguità mafiosa.

ARENA NELLA LISTA

Tra questi incandidabili c’è anche l’ex sindaco/braccio sia destro che sinistro di Scopelliti e attuale assessore regionale alle Attività produttive Arena Demetrio.

Trovo corretto che i legali di Arena abbiano fermamente ribadito che questo è il primo grado e che tutto potrà ancora essere diversamente giudicato negli altri due gradi di giudizio e abbiano posto l’accento sulla moralità del loro assistito. Ripetiamo: una sentenza del Tribunale civile non può e non deve accavallarsi al codice penale e automaticamente la nota dei legali è doverosa e bene fa a toccare i tasti che tocca.

«Non sorprende che il provvedimento del Tribunale di Reggio Calabria che ha dichiarato l’incandidabilità, tra gli altri, del nostro assistito, dottor Demetrio Arena, sia stato oggetto di numerosi interventi sulla stampa – hanno infatti affermato in una nota gli avvocati Rosario Infantino e Roberto Capriarammarica, però che, in alcuni casi, esso sia stato utilizzato per avanzare giudizi ed illazioni sul piano morale, etico e sociale, motivo per il quale la necessità di tutelare l’onore, la dignità e la storia personale e professionale del nostro rappresentato vince la ritrosia al commento dei provvedimenti al di fuori delle aule di giustizia, e costringe a necessari, succinti chiarimenti. A maggior ragione se un tale castello viene costruito in presenza di un provvedimento che si reputa manifestamente ingiusto, addirittura abnorme, e che sarà impugnato nelle sedi deputate, com'è giusto che sia e che, comunque, attiene ai diritti politici di una persona che, al di là di ogni ragionevole dubbio, notoriamente non è un mafioso.
Al fine di chiarire i contorni della vicenda si ritiene di potere affermare che, in sostanza, Arena sia stato dichiarato incandidabile senza un processo. Infatti, il Tribunale, errando, ha ritenuto (pagina 30 del provvedimento) di avere il compito "…di valutare solamente se le condotte già considerate ai fini dello scioglimento del consiglio comunale siano efficienti a determinare la declaratoria di incandidabilità per l'uno o per l'altro degli amministratori" e che "non è possibile, data la natura e i limiti del giudizio, alcun accertamento volto a confutare la veridicità delle suddette condotte e/o a ridimensionarne la portata…", così ritenendo non ammissibili tutte le attività difensive, anche documentali, che confutavano i fatti e le circostanze contenuti nella relazione ministeriale. Orbene, se non all'interno di questo giudizio, dove altro il sospettato di incandidabilità avrebbe potuto dimostrare l'insussistenza, l'inconducenza, l'irrilevanza, etc., di fatti accertati in una relazione redatta in assenza di effettivo contraddittorio, la cui rilevanza costituzionale è di immediata apprensione? Applicando il percorso a casi di prossima intelligibilità, sarebbe come ammettere che nel processo penale l'imputato non possa difendersi sulla veridicità dei fatti contestati, ma solo sulla valutazione se da essi derivi o no la commissione del reato, e quindi l'applicazione della pena. Come dire: Tizio è accusato di avere ucciso Caio; Tizio non può provare di non averlo ucciso, perché si tratta solo di stabilire se l'omicidio costituisce reato, e in caso affermativo, comminare la pena.
Tale quadro dovrebbe indurre anche i più agguerriti oppositori ad atteggiamenti di civile prudenza. Si è in presenza di un professionista sicuramente né organico, né associato, né contiguo, né colluso con ambienti malavitosi, che, in una determinata fase della sua vita, ha deciso di servire la sua città, con la conclamata serietà, competenza e professionalità, pur consapevole dei rischi sul piano personale che si sono ormai ampiamente disvelati. È ingiusto, ed appartiene ad una logica perversa, che oggi si pretenda di presentargli un conto, ma vi è certezza che la Giustizia prevarrà su tutto
».

Alla fine della filippica di parte (doverosamente) e ad uso dei media locali, tanto ci sarebbe da obiettare ma c’è da domandarsi: ma chi ha mai detto che Arena è un mafioso? Se i suoi legali lo sanno, lo dicano. Ma visto che non possono rivelarlo (perché nessuno lo ha detto) meglio pensarci su un milione di volte prima di scrivere certe cose che servono solo per portare lo scontro fuori dal ring e trasformarlo in rissa.

Il 9 agosto lo stesso Arena Demetrio dettava alle agenzie le sue prime sensazioni.

Il sodale di Scopelliti affermava: «Apprendo che il tribunale di Reggio Calabria ha dichiarato la mia incandidabilità limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento del Comune di Reggio Calabria, che produrrà effetti solo se sarà confermata in appello e in Cassazione.

Da una prima lettura emerge la disarmante acriticità con cui il Tribunale ha ritenuto di dovere recepire pedissequamente quanto riportato nella relazione ministeriale senza valutare sotto alcun profilo le argomentazioni difensive e la copiosa documentazione ritualmente riprodotta in giudizio.

In ogni caso, non resta che prendere atto della decisione, verso la quale sarà proposto senza alcun indugio reclamo».

Arena Demetrio scriveva di «disarmante acriticità» con la quale il Tribunale ha «recepito pedissequamente…la relazione ministeriale», senza «valutare le argomentazioni difensive e la copiosa documentazione».

Ora, al di là del fatto che il richiamo alla relazione ministeriale è casomai un valore aggiunto (e infatti i giudici lo scandiscono chiaro e tondo a pagina 29) visto che ci sono voluto mesi per arrivare a quelle conclusioni dolorosissime, prodromiche allo scioglimento e al di là del fatto che, come abbiamo visto nel post che ho pubblicato il 12 agosto, le valutazioni critiche del collegio giudicante pervadono ogni pagina della sentenza (affermare il contrario è offensivo per giudici che non fanno certo i passacarte), vorrei soffermarvi con voi un attimo sulla mancata «valutazione delle argomentazioni difensive e della copiosa documentazione».

LA LISTA CHE SCONFESSA: E UNO…

Procedendo all’esame delle eccezioni preliminari sollevate dai resistenti – ripeto: tutti i resistenti, vale a dire gli otto che hanno presentato memorie difensive – i giudici, tanto per cominciare scrivono che: «L’eccezione di improcedibilità ed inammissibilità della domanda avanzata dai resistenti per violazione dell’articolo 143, comma 11, d.lgs. 267/2000, motivata con riferimento alla pendenza dinanzi al Tar del giudizio di impugnazione del decreto presidenziale di scioglimento, che non potrebbe dunque considerarsi definitivo, è infondata».

Il decreto presidenziale
di scioglimento – che ha natura provvedimentale, anche se di “alta amministrazione” – non essendo sottoposto ad alcun controllo o condizione sospensiva è definitivo ed immediatamente esecutivo e la sua impugnazione dinanzi al giudice amministrativo non ne sospende l’efficacia. Va ricordato, infatti, che il provvedimento di scioglimento è stato impugnato davanti al Tar.

…E DUE…

Strettamente collegata all’eccezione che precede, appare l’ulteriore doglianza, sollevata dai resistenti, in ordine alla mancata individuazione, nella proposta di scioglimento, delle singole persone chiamate in giudizio.

Insomma: i resistenti volevano che ci fossero scritti tutti i nomi e tutti i cognomi.

Ebbene, i giudici specificando che basterebbero le funzioni esercitate, per riconoscerli uno per uno, specificano senza timore alle pagine 24 e 25 che:

1) Arena Demetrio viene non solo menzionato con nome e cognome nella relazione prefettizia (pagine 1 e 2), ma ben più pervasiva e specifica è l’individuazione che del sindaco viene operata nella proposta di scioglimento a firma del ministero dell’Interno (pag. 2, IV e VII periodo, pag. 5, terzultimo periodo), che rende perfettamente riconoscibile Arena quale soggetto di cui si chiede l’incandidabilità.

b) quanto agli altri resistenti, vengono esplicitamente riportate nella relazione prefettizia le relative generalità (pagine 6 e 7).

Ai nomi e cognomi degli amministratori, quali criteri di identificazione esplicita, il collegio peraltro aggiunge che «i plurimi riferimenti a determinati settori comunali connotati da “criticità” funzionali (come il caso degli appalti pubblici e dei tributi) consentono inoltre di identificare agevolmente gli amministratori (assessori) addetti ai rispettivi rami, come tra l’altro ha provveduto a fare il ministero dell’Interno che, dopo aver notificato l’istanza agli odierni resistenti, ha anche precisato la domanda, con la citata memoria depositata il 16.1.2013 a firma dell’Avvocatura di Stato.

Dalle considerazioni ora svolte discende la perfetta identificazione ed identificabilità dei soggetti nei confronti dei quali viene inoltrata richiesta di declaratoria di incandidabilità, dovendo conseguentemente rigettare l’eccezione preliminare di carenza di individuazione della domanda».

…E TRE (MANCANO LE PAGINE!)

Quanto all’ulteriore eccezione di inammissibilità ed improcedibilità, sollevata inizialmente da Plutino Giuseppe e alla quale hanno successivamente aderito gli altri resistenti (si vedano i verbali di udienza del 18 gennaio 2013 e del 15 febbraio 2013), per aver il Ministero inviato la relazione prefettizia mancante delle pagine 4 e 5, il collegio ha scritto: «Orbene, la circostanza che la relazione del Prefetto di Reggio Calabria sia stata depositata mancante delle pagine 4 e 5 nulla osta alla regolare instaurazione del procedimento, non comportando per ciò solo l’improcedibilità, come invece eccepito dalle parti private del giudizio».

Stante tutto quanto riportato – scrivono burocraticamente i giudici – valutata la procedibilità ed ammissibilità della domanda, «consegue il rigetto di tutte le eccezioni preliminari avanzate dalle parti resistenti».

TRE CANDIDABILI

Ma a dimostrazione dell’algido comportamento dei giudici (che certo non debbono farsi trasportare dalle emozioni ma dal solo rispetto della legge) va ricordato – e nessuno lo ricorda in questi giorni in Calabria – che gli ex consiglieri del centrodestra Nicola Paris e Bruno Bagnato e l’ex consigliere del Pd Nicola Irto, alle prossime elezioni potranno ricandidarsi. Per loro, infatti, il ricorso è stato rigettato.

LE RAGIONI DEL TRIBUNALE

Un’incandidabilità – visto che anche Piero Sansonetti se lo chiedeva a pagina 10 del suo giornale due giorni fa con un mini editoriale salva-Arena – che discende non dalla commissione di reati ma dall’applicazione dell’articolo 143 comma 11 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, norma introdotta nel nostro ordinamento dall’articolo 2, comma 30, della legge 15 luglio 2009 n. 94 (che ha sostituito l'intero articolo 143).

I giudici lo ricordano e lo scrivono incessantemente nella sentenza ma evidentemente avrebbero dovuto scriverlo in corpo 36.

Con tale comma è stata introdotta una rilevante misura preventiva nei confronti degli amministratori locali che con le loro condotte abbiano determinato lo scioglimento del consiglio dell’ente locale.

La disposizione prevede infatti che tali soggetti non possano essere candidati nel primo turno elettorale successivo allo scioglimento nelle elezioni per il rinnovo dei consigli regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali che si svolgono nella regione in cui si trova l’ente il cui consiglio sia stato sciolto.

Questa misura si distingue dalle ipotesi di incandidabilità previste dall’articolo 58 del Testo unico degli enti locali, in base al quale osta alla candidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali (nonché alla possibilità di ricoprire cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente di aziende speciali e istituzioni, presidente e componente degli organi delle comunità montane) l’aver riportato una condanna definitiva per il delitto previsto dall’articolo 416-bis del codice penale e per gli altri delitti indicati alle lettere a), b), c) e d) dello stesso articolo 58, nonché l’essere stati destinatari, in forza di un provvedimento definitivo, di una misura di prevenzione in relazione alla partecipazione ad associazioni di carattere mafioso.

Questo è quanto ha dichiarato la sentenza in primo grado. Che non è – per natura – definitiva e dunque non solo appellabile ma anche riformabile.

 TENERI CUCCIOLINI

Come sapete la libertà di pensiero e l’indipendenza di giudizio sono beni preziosi che esercito completamente. Voglio dunque sottolineare che trovo ridicolo che il Pd (il Partito della Dissolvenza) invochi le dimissioni del sodale di Scopelliti per ragioni politiche, etiche e morali. Ma da quale pulpito viene questa predica? Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò….

Addirittura commoventi i cucciolini del Pd locale. Secondo loro serve «una presa di posizione da parte di tutto il consiglio regionale per ridare dignità a un'istituzione che non può permettersi di avere nella sua giunta regionale uno dei responsabili del fallimento del comune capoluogo della provincia di Reggio. Cessi l’imbarazzante silenzio di Scopell
iti
, si restituisca decoro alla Regione Calabria
». Di grazia, cucciolini, vi riferite allo stesso Consiglio che non ha mosso un dito – solo per restare alla strettissima attualità – per il caso Rappoccio?

CURATOLA

Termino questo secondo articolo con le dichiarazioni rilasciate alle agenzie da un altro ex assessore comunale, Curatola Walter: «Accolgo con stupore la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria, Prima sezione civile, che mi dichiara incandidabile alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento del Comune di Reggio Calabria. Vengo “punito” perché secondo i giudici, nel settore patrimonio durante il mio breve mandato non sono state svolte attività. Il rammarico è grande atteso che pure avendo ricevuto dal sindaco più deleghe (sport e spettacolo) proprio al settore patrimonio ho rivolto tutte le mie forze e, con immensa fatica, sono riuscito a rimettere in moto una macchina ferma da anni. Il Patrimonio edilizio era diventato il fiore all’occhiello dell’Amministrazione Arena e la dimostrazione sono i numeri degli sgomberi, decadenze, controlli a tappeto che abbiamo fatto con la Polizia Municipale, richieste di acquisto degli alloggi popolari dopo la presentazione dei due bandi di gara. Eravamo riusciti, in pochi mesi, a riorganizzare il settore ottenendo l’obiettivo di procedere alla più grande operazione di dismissione di patrimonio pubblico che sia stata condotta sul territorio nazionale. Questa sentenza che non tiene in considerazione le argomentazioni difensive e la copiosa documentazione riprodotta in giudizio, condanna l’impegno e il lavoro svolto con serietà e professionalità e stravolge la realtà dei fatti. Si contesta l’inattività ma a parlare sono i numeri, e non sto qui ad elencarli, che l’Ufficio Patrimonio edilizio ha registrato durante il mio mandato. Mi chiedo, ma quanti sono gli sgomberi che hanno fatto i Commissari in questi 9 mesi? A mia notizia nessuno. E, allora, se il settore che gestivo io, come ritiene qualcuno, non ha fatto nulla come spieghiamo ai reggini l’attuale azione amministrativa? Se io e il mio staff non siamo stati in grado di portare il settore Patrimonio ad operare in “correttezza e legalità”, sono riusciti a farlo i Commissari prefettizi? Non mi sembra. La mia non vuole essere una polemica contro il lavoro dei Commissari, né uno sterile sfogo. Semplicemente una constatazione. Io continuo ad avere fiducia nella magistratura e mi appellerò a questa prima sentenza che, voglio ricordare, non è definitiva. Ci sono altri due gradi di giudizio e difenderò i miei diritti e se è il caso, arriverò sino a Strasburgo perché sono una persona onesta, lo devo alla mia famiglia, ai miei figli, a chi ha creduto in me e poi sono un professionista che ha sempre lavorato nel rispetto delle leggi. Avevo presentato subito dopo lo scioglimento del Comune, un esposto alla Procura della Repubblica, al Presidente Napolitano e al ministro Cancellieri nel quale chiedevo delle risposte ma nessuno mai si è degnato a farlo. Voglio tranquillizzare i miei elettori e sostenitori perché continuerò a fare politica, non riusciranno a mettermi all’angolo, e so che chi mi ha votato, continuerà a sostenermi ed è cosciente del lavoro che ho fatto per la mia città. Avevamo costruito, insieme al sindaco Arena, una “macchina” perfetta del settore Patrimonio e, se solo ci avessero permesso di continuare quel percorso tortuoso ma possibile, avremmo dato alla città altre risposte evitando questo blocco delle attività registratosi con il crollo del Comune».

Che dire? Si potrebbe sciorinare tutto il lunghissimo capitolo dedicato alla “macchina perfetta” prima dalla Relazione ministeriale e poi dalla sentenza che stiamo analizzando ma sarebbe inutile accanimento contro chi non vuol vedere e non vuol sentire ciò che scrivono non i giornalisti cialtroni ma le articolazioni dello Stato nella figura di Prefetti e giudici.

Alla prossima, dunque, perché non ho finito nell’analisi della “macchina perfetta” comunale di Reggio Calabria per come la descrive, questa volta il Tribunale civile di Reggio in Calabria in primo grado (dopo che lo hanno fatto la Commissione prefettizia, il Governo e il presidente della Repubblica e non certo il cialtrone che vi scrive).

Buon Ferragosto

2 – to be continued (la precedente puntata è stata pubblicata il 12 agosto)

r.galullo@ilsole24ore.com

  • pasquale montilla |

    Il caldo di ferragosto non fa altro che peggiorare le condizioni del modello Reggio.Una salma in avanzato stato di decomposizione.Francamente potrebbe diventare anche fastidioso effettuare ulteriori analisi politiche autoptiche.Sono tutti probabilmente responsabili del decesso sociale di questa citta’.Il disagio sociale prodotto da molti delinquenti e’la sintesi definitiva.Hanno clonato inconsapevolmente una forma di modello idiota,un cannibalismo politico superparassitario che concludera’ il suo percorso con probabili arresti definitivi.
    Pasquale Montilla

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