L’audizione del prefetto di Milano Paolo Tronca in commissione antimafia e i ritardi nei controlli ai cantieri delle grandi opere

Cari lettori, da martedì sto analizzando alcuni passaggi della relazione del prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca, che il 15 maggio è stato audito dalla Commissione parlamentare antimafia.

Come abbiamo visto nell’articolo di martedì, il prefetto ha parlato e molto di infiltrazioni mafiose (soprattutto della ‘ndrangheta) e di controlli. Ad un certo punto, il presidente della Commissione Rosi Bindi, lasciando che prima il prefetto di disseti, chiede: ma quali cantieri delle grandi opere visitate? Di certo, aggiungo, io, abbiamo il numero di accessi: 66 dal 2009, con 2.725 fascicoli “studiati”.

A rispondere alla domanda non è il prefetto ma Ugo Taucer, capo di gabinetto della prefettura milanese. I cantieri sono fondamentalmente sempre gli stessi: quelli della metropolitana 5, con accessi dal 2009 in poi; quelli della metropolitana 4, dal 2012; quelli di Bre.Be.Mi, dal 2009; il cantiere della Tangenziale est esterna milanese (Tem),  dove c’è un accesso che risale al 2011; la linea ferroviaria Saronno-Seregno, che ha anch’essa accessi risalenti al 2011; i cantieri Ilspa dal 2012; la Pedemontana, dal 2011. Oltre, ovviamente, all’Expo, dove gli accessi, che si sono incrementati dal 2012 in poi, anche in relazione alla firma del protocollo di legalità, sono una quota abbastanza rilevante rispetto a quella complessiva dei controlli. C’è poi la tangenziale est esterna, che è più recente (dal 2013). «A parte Vie d’acqua, che è un cantiere che è partito ora – conclude Taucer in linea di massima c’è una continuità nel numero dei cantieri. Ovviamente, gli accessi all’interno dei siti riguardano più ditte contemporaneamente».

Di fronte a questi numeri il parlamentare del Pd Luisa Bossa, ex sindaco di Ercolano (Napoli), da sempre impegnata in prima linea contro la camorra, rivolgendosi al prefetto fa una domanda semplice semplice (come lei stessa dirà): «Lei ha detto che dal 2009 fino ad oggi ci sono stati 66 accessi ai cantieri e che sono stati studiati 2.725 fascicoli. Ha detto pure che nove imprese sono state interdette per criminalità organizzata. Ci ha presentato le linee guida uno, due e tre (spero che non ci saranno anche quattro, cinque e sei). Insomma, io voglio porle una domanda molto semplice: come mai, con tutto questo ben di Dio, è successo quello che è successo? Qual è la spiegazione che lei ne dà?».

Anche un’altra commissaria antimafia, sempre del Pd, Lucrezia Ricchiuti, ex vicesindaco di Desio (Monza-Brianza), anch’essa da tempo impegnata con costanza nella lotta alle mafie, proseguirà dicendo rivolta al prefetto: «A me ha fatto un po’ impressione la fraseche ha detto lei, signor prefetto, quando ha detto che l’Expo non deve essere offuscata dalla benché minima ombra della presenza della mafia. Io credo che sia già offuscata: la ’ndrangheta c’è lì dentro e lavora. Questo non lo dico io. Lo abbiamo sentito da persone che studiano il fenomeno. Cerchiamo di contenere il danno. Credo che sulla carta noi abbiamo dei controlli che vanno benissimo, come lei ci ha raccontato oggi. Credo però che, nei fatti, per fare tutto quello che c’è scritto in quelle carte, bisogni avere un numero di forze dell’ordine e di uomini della Dia molto imponente e non penso che questa sia la realtà. Affermare che ci sono stati 66 accessi la dice lunga sul fatto che i controlli non sono stati fatti. Questa è la verità. Nel 2009 sono stati fatti due controlli. Prima avete fatto l’elenco. Quei numeri stanno a indicare che i controlli non sono stati fatti». Dura, molto dura Ricchiuti, che papale papale, senza ovviamente attribuire alcuna colpa al prefetto Tronca, dice che i controlli e gli accessi sono stati in numero risibile (ed è un eufemismo).

Toccherà ancora al capo di Gabinetto Taucer replicare con cognizione di causa: «Sì, ma questo è quello che avveniva sistematicamente nella prima fase. Lo abbiamo dimostrato con i numeri: il 63% delle imprese circa un anno fa entrava senza che vi fosse il completamento nemmeno del primo vaglio. Oggi l’80% delle società è nel cantiere perché ha una liberatoria provvisoria, attraverso questo primo vaglio, che ci dà un ragionevole conforto anche in termini di valenza statistica, perché le due banche dati coprono una percentuale molto elevata delle risultanze potenzialmente indizianti. Il resto viene approfondito. Non si rilascia la liberatoria provvisoria. Su quello viene acceso un riflettore. Le forze attive, dinamiche, liberate dal lavoro burocratico che si è accollata la prefettura, grazie alle procedure speditive, possono andare a fare i controlli sul campo immediatamente. Sarà anche poco, ma comunque cinque accessi al mese sui cantieri, che consentono di controllare plurime aziende in aree di cantiere, se rapportati al trend dal 2009, rappresentano un dato comunque significativo, a risorse invariate, ma impiegate con criteri diversi. Coloro che hanno fatto i cinque controlli al mese nel 2014 prima stavano alla scrivania. Oggi stanno nel fango del cantiere e vanno a controllare. Controllano anche grazie al fatto che le piattaforme, pur migliorabili e pur soggette a un miglioramento continuo, consentono, per esempio, di fare una verifica immediata con i badge delle presenze in cantiere e di incrociare i dati per vedere se ci sono persone non autorizzate all’interno. È anche il sistema informatico che consente al personale di operare i controlli con un po’ più di fattività. È tutto assolutamentemigliorabile (ci mancherebbe altro). Lo sforzo che si è fatto è quello di incidere sui meccanismi organizzativi, come affermava prima il signor prefetto, affinché i controlli siano, non solo affermati, ma sostanziati. È chiaro che tutto è migliorabile. Avendo un esercito a disposizione, ci si va anche tutti i giorni. A risorse invariate, i numeri hanno assunto un trend diverso. Questa non è una vanteria, ma è un dato di fatto. In termini assolutiprobabilmente è una percentuale che ancora non copre la totalità, ma in termini comparativi è comunque un miglioramento del trend. Il 2% di interdizioni sul totale dell’attività svolta è comunque una percentuale significativa. Possiamo discutere su che cosa rappresenti (una frazione, una sconfitta o un successo), ma è comunque segno di una presenza e di una capacità di intercettare le attività infiltrate. Oggi cerchiamo di farlo nella fase iniziale del contratto. Qualche interdittiva nel passato è arrivata a cantiere chiuso. Forse è meglio farlo a cantiere appena avviato. Lo sforzo è volto a ottenere questo risultato, attraversol’alleggerimento dell’impegno burocratico della Polizia, che deve andare sul campo, e l’alleggerimento delle procedure sull’attività d’ufficio, che viene accollata al personale civile coadiuvato da quello di Polizia».

La Prefettura e lo Stato non lo diranno e non potranno mai dirlo ma i ritardi accumulati nella programmazione del contrasto alle infiltrazioni nei cantieri, a partire da Expo 205, sono stai immensi. E come sempre accade in Italia, ora è una corsa sfrenata al tentativo di rimediare, con mille ostacoli e con il rischio che la stalla venga chiusa quando i buoi sono già scappati. Anzi: in questo caso, entrati.

r.galullo@ilsole24ore.com

2 – the end (per la precedente puntata si legga http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/06/sapete-qual-%C3%A8-la-grande-opera-milanese-pi%C3%B9-infiltrata-dalla-ndrangheta-la-tangenziale-esterna-tem.html)

  • bartolo |

    Caro Galullo,
    giorni addietro ho letto, nelle pagine dello spettacolo del Corriere della Sera, un’intervista al regista di un film quasi ultimato, tratto dal libro Anime Nere di Gioacchino Criaco, scrittore calabrese, di Africo. Nella stessa, mi è parso di cogliere un passaggio non lusinghiero nei riguardi dall’autore del libro da cui ha tratto il suo lavoro; mentre, invece, oltre alle lusinghe, Criaco, merita di essere conosciuto al grande pubblico per la sua azione di verità sulla Calabria reggina e Ionica in particolare, violata dai falsi lottatori della mafia: Ecco a cosa ha portato la repressione indiscriminata accompagnata dalla propaganda di regime contro chiunque è tacciato di parentela, omonimia, interessi in comune o semplicemente amico dei caproni mafiosi. Ci ha riportati al fascismo e alla stupidità, con l’aggravante che si sono rimbecilliti pure gli artisti e gli intellettuali, persino quelli della stazza di Eco e Magris, il primo scrive che Milano prende ordini dalla ndrangheta, il secondo che bisogna ripristinare la pena di morte. Due imbecillità indegne dell’intelligenza di due personaggi così importanti.
    Saluti b.i.

  • bartolo |

    Caro Galullo,
    tra Commissione di esperti antimafia, consulenti nella stessa materia e auditi del medesimo settore la mafia non poteva avere scampo; e non né ha avuto: non si trova più un mafioso in libertà neanche a pagarlo a peso d’oro. Quindi, ci ritroviamo: attenuanti generiche riconosciute al comandante dei ROS dei Carabinieri (notoriamente trafficante di droga) perché durante il lungo processo ha continuato a dirigere il reparto speciale d’elite dell’Arma; mentre il n° due dell’antimafia fino a qualche anno fa, nutriva rapporti intimi con uno dei capi della medesima organizzazione criminale, condannato a 20 anni di reclusione; ancora, generali, sindaci, ministri della repubblica, magistrati, imprenditori operavano, durante il pieno esercizio delle loro funzioni, a mazzettare con miliardi di euro di denaro pubblico della collettività che sempre di più viene soffocata da nuovi balzelli.
    Ma dico, era proprio necessario massacrare giudiziariamente migliaia d’innocenti pur di sconfiggere un manipolo di caproni per ritrovarci uno stato di mafia?

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