Sudafrica campione del mondo/4: i contatti italiani di Vito Roberto Palazzolo, invano atteso dalla Procura di Palermo

Cari amici di blog continuo – sull’onda di quanto sto facendo da alcuni giorni qui e sul Sole-24 Ore (si vedano in archivio i post degli ultimi 4 giorni) a raccontarvi un mondiale diverso: quello degli affari di Cosa Nostra in Sudafrica.

Epicentro del nostro interesse è Vito Roberto Palazzolo, alisas Robert Von Palace Kolbateschenko, condannato in via definitiva dalla Cassazione il 17 marzo 2009 a 9 anni di reclusione per associazione mafiosa.

Nove anni che non trascorrerà mai nelle patrie galere perché, ammesso e non concesso che il Sudafrica in queste ore conceda l’estradizione, il suddetto grazie alla potentissima rete che ha saputo costruirsi nel tempo (e di cui ho dato conto anche ieri qui) sarà verosimilmente fuori dai confini di quel Paese: in Angola, Namibia o chissà dove.

Vi avevo promesso che vi avrei fornito la lettura – dei giudici che lo hanno condannato a Palermo il 5 luglio 2006 – della rete di amicizie di Palazzolo, secondo la ricostruzione dei giudici. Vere o spacciate sta a voi giudicare e ve lo lascio fare attraverso la mera lettura delle pagine della sentenza citata. Ogni commento sarebbe infatti superfluo.

Un dato appare certo e cristallizzato al luglio 2006: Palazzolo nel corso degli anni si è tenuto in contatto con numerosi uomini d’affari, professionisti e politici italiani, dimostrando di essere un punto di riferimento in Sudafrica non solo per i siciliani ma anche per personaggi apparentemente lontani dalla realtà siciliana.

Dagli atti dei magistrati emergono rapporti frequenti, di amicizia, di affari e di collaborazione con Riccardo Agusta (erede della famiglia imprenditoriale famosa nel mondo per gli elicotteri), il quale ha a lungo vissuto in casa di Palazzolo a Franschoek e, addirittura, scrivono i giudici, avrebbe acquistato una parte della tenuta.

Forse anche attraverso questo canale Palazzolo ha ricevuto come ospiti o ha avuto contatti con Rosilde Craxi, sorella dell’onorevole Bettino Craxi, con suo marito, l’ex sindaco di Milano Paolo Pillitteri, con l’onorevole Marcello Dell’Utri e con tutta una serie di professionisti e consulenti.

Tutti costoro, è bene specificare perché il mio compito è quello di fedele cronista e non di partigiano dell’informazione, così come la sorella di Vito Roberto Palazzolo, Sara e il fratello Pietro Efisio, non sono stati indagati in alcun modo nelle vicende che in questi giorni sto raccontando.

Tutti costoro, oltre ad essere divenuti buoni amici del Palazzolo, si sono dimostrati interessati a vario titolo a fare affari sia in Sudafrica che in Angola, Paesi dove Palazzolo – e ripeto, l’anno cristallizzato in sentenza è il 2006 – ha un enorme potere finanziario e un sostegno politico ai massimi livelli ( ma se la Procura di Palermo ha chiesto con così tanta insistenza che Palazzolo torni in Italia per scontare i 9 anni l’interesse potrebbe condurre anche ai giorni nostri).

Tutto ciò serve unicamente a descrivere un quadro di continui e significativi rapporti di affari con soggetti italiani di estrazione e provenienza geografica apparentemente avulse dal contesto siciliano.

Ed al contempo, secondo la Procura di Palermo, a smentire la tesi che vorrebbe Palazzolo, a quella data, del tutto estraneo alle vicende italiane, ormai da anni in un luogo lontano e senza più rapporti con l’Italia e tantomeno con la Sicilia.

 

LE TELEFONATE E DELL’UTRI

 

La magistratura di Palermo ha preso in esame il contenuto di quattro intercettazioni telefoniche – che la magistratura stessa in parte richiama per esteso data la delicatezza del loro contenuto – da cui si evince chiaramente che il principale referente di Palazzolo e della sorella Sara era costituito dalla signora Daniela Palli (mai indagata è bene precisare).

Quest’ultima, milanese di nascita ma keniana di adozione, era molto amica di Riccardo Agusta ed era stata ospite di Palazzolo in Sudafrica.

Sara Palazzolo veniva incaricata da Vito Roberto di contattare telefonicamente Palli (il cui numero era nella disponibilità dello stesso Palazzolo), la quale avrebbe dovuto fare da tramite con il senatore Dell’Utri.

A Dell’Utri, attraverso questo canale, doveva essere consegnato un pro-memoria predisposto da Palazzolo contenente una serie di richieste definite “fattibili” da parte sua e dei suoi collaboratori.

Il canale di comunicazione aveva perfettamente funzionato visto che Sara Palazzolo nel corso della conversazione del 26 giugno 2003 riferiva al fratello che Dell’Utri l’aveva chiamata (“lui mi ha chiamato poco fa”), evidenziando di essere stato sollecitato in questo senso da terzi e mettendosi a disposizione (“in che cosa le posso essere…”).

Tale circostanza veniva del resto confermata da Palli nel corso della conversazione del 3 dicembre 2003 (“ti ricordi che io a luglio…  a giugno… ti chiesi se Marcello poteva fare una telefonata a questa Sara Palazzolo… e lei mi ha risposto: “si l’ha fatta..”).

L’oggetto del pro-memoria e dei contatti tra Dell’Utri e i Palazzolo riguardava la risoluzione dei problemi processuali di Roberto Vito, come si comprende dal contenuto complessivo delle conversazioni e, in particolare, da quella del 3 dicembre 2003, nella quale si legge: “Uomo: il contatto a cosa approda come fatto successivo? A degli affari o alla pura conoscenza… Palli: mah, a risolvere magari i problemi di Roberto che sono anche quelli di Marcello… processi, cose o non so che cosa…”.

Da parte sua – scrivo i giudici palermitani – il senatore Dell’Utri aveva preso i Palazzolo “nel cuore” tanto da manifestare la propria disponibilità ad assumere alcune iniziative, per almeno una delle quali era stato anche fissato un compenso tecnico (destinato a qualche professionista collaboratore di Dell’Utri rimasto ignoto) che variava da 5.000 a 20.000 dollari a seconda del buon esito (cioè l’assoluzione del Palazzolo scrivo i giudici) dell’operazione (“se poi dopo viene assolto…. (inc.) gli altri quindicimila…”).

Sempre nel corso della conversazione del 26 giugno alle ore 22,18 i due Palazzolo, poi, discutevano apertamente delle richieste che dovevano essere avanzate al Dell’Utri e Vito Roberto teneva a precisare alla sorella che questi non doveva “essere convertito” perché “era già convertito” (“non devi convertirlo… è già convertito, no? (ride)”).

Appare chiaro, dicono i giudici, che Palazzolo, adoperando tale espressione, intendesse rendere edotta la sorella del fatto che  il senatore Dell’Utri fosse già stato sollecitato ad aiutarlo e che si era già messo a disposizione.

 

LE SUPPOSTE INIZIATIVE DI DELL’UTRI

 

Durante il dialogo venivano, poi, indicate alcune iniziative che il Dell’Utri, anche attraverso suoi collaboratori, avrebbe dovuto avviare e sostenere in favore del Palazzolo: si trattava, in particolare, di:

1) richiedere un intervento al Ministero competente allo scopo di ottenere una interpretazione favorevole del cosiddetto  ne bis in idem internazionale in relazione al processo per traffico di droga allora in corso in secondo grado presso la locale Corte d’Appello. A tale proposito vale la pena di ricordare che, effettivamente, al Palazzolo sarebbe poi stato riconosciuto il principio del ne bis in idem internazionale rispetto alla precedente condanna svizzera, tanto che la pesante sentenza di condanna di primo grado sarebbe stata riformata;

2) richiedere un intervento presso la Suprema Corte di Cassazione al fine di avallare la richiesta di annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare per il reato di associazione mafiosa già avanzata dai difensori di Palazzolo con apposito ricorso. Anche a tale proposito deve osservarsi come di fatto la suddetta ordinanza sarebbe stata annullata dal Tribunale del Riesame di Palermo a seguito della sentenza resa dalla Cassazione il 9 gennaio 2004;

3) richiedere un intervento di esponenti “a livello governativo” nei confronti delle Autorità sudafricane allo scopo di ottenere che sia Palazzolo che Agusta venissero “lasciati in pace” (anche, se necessario, attraverso un intervento sul “Presidente”;

4) richiedere una interrogazione parlamentare al fine di evidenziare il carattere persecutorio  dell’azione giudiziaria svolta dall’Autorità giudiziaria palermitana nei confronti di Palazzolo e dei suoi familiari;

5) richiedere un intervento sui meccanismi di assegnazione del ricorso in Cassazione, allo scopo di farlo assegnare a “giudici competenti” che potessero “mettere un punto fermo” in sede di legittimità. A tale scopo Palazzolo invitava la sorella ad annotare i nomi dei giudici (“scriviti cu sunnu i magistrati, cu sunnu i persone, cu sunnu i procuratori, cu sunnu i presidenti di Corte d’appello, scriviti tutto”) per monitorare l’esito dei suddetti interventi;

6) richiedere, infine, un interlocutore a livello ministeriale che fosse incaricato di seguire la situazione processuale del Palazzolo.

A fronte di tali richieste Palazzolo manifestava la propria disponibilità a “dare un contributo” a soggetti vicini al Dell’Utri per una serie di affari nei settori della pesca, del petrolio, delle miniere e dei lavori pubblici che costoro avevano intenzione di porre in essere in Angola, dove lui ricopriva il ruolo di consigliere finanziario dello Stato.

Inoltre, la sorella dell’imputato avrebbe dovuto precisare al Dell’Utri che Palazzolo non aveva voluto chiedere altri interventi presso di lui a persone siciliane per non rischiare di essere ancora coinvolto come in precedenza (“ci dici: mio fratello non ha voluto chiedere a nessuno giù al sud, qua, la, perché evita di essere coinvolto come altre volte…”).

 

NESSUN VALORE PROBATORIO ALLA TELEFONATA

 

La correttezza e la deontologia ovviamente mi obbligano a riportare un lancio Ansa che ho trovato in archivio e di cui vi do notizia: “La seconda sezione della Corte d'appello di Palermo ha rigettato, ritenendola non rilevante ai fini del decidere, la richiesta di acquisizione di un'intercettazione telefonica del 2003 tra il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri e Sara Palazzolo, sorella del boss Vito Roberto, residente in Sudafrica e di recente condannato, con sentenza definitiva, a nove anni di carcere per il reato di associazione mafiosa. La decisione sblocca di fatto il processo, arenato da parecchi mesi nell'esame di questo problema.

Nella conversazione, Dell'Utri (difeso dagli avvocati Nino Mormino e Giuseppe Di Peri) concordava un appuntamento con la Palazzolo, ma non esiste riscontro alcuno circa il fatto che i due si siano effettivamente incontrati. Secondo quanto emerso dalle indagini e dalle successive conversazioni tra la donna, che vive a Terrasini (Palermo), e il fratello (latitante di fatto per la nostra giustizia, ma perfettamente libero in Sudafrica), oggetto dell'eventuale incontro sarebbe dovuta essere la posizione giudiziaria di Vito Roberto Palazzolo e il ricorso che egli avrebbe dovuto affrontare in Cassazione contro un ordine di custodia spiccato nei suoi confronti.

Vito Roberto Palazzolo alludeva a un possibile "aggiustamento" del processo e, a proposito di Dell'Utri, diceva alla sorella: "Non devi convertirlo, è già convertito", alludendo così a una presunta vicinanza dell'ex manager di Publitalia a Cosa Nostra. La questione dell'acquisizione della trascrizione è stata oggetto di una lunga questione che ha coinvolto anche il Senato, di cui Dell'Utri fa parte: per potere utilizzare le carte, infatti, il collegio presieduto da Claudio Dall'Acqua avrebbe avuto bisogno dell'autorizzazione dell'assemblea di Palazzo Madama; a chiedere il permesso era stato, in un primo momento, il Gip di Palermo, ma la giunta per le autorizzazioni del Senato aveva sostenuto che sarebbe dovuta essere direttamente la Corte d'appello. L'impasse aveva rischiato di far ritardare ancora il processo, durato sette anni in primo grado e in corso in appello dal 2006: i giudici hanno così risolto il problema, ritenendo che l'unica telefonata e la mancanza di certezze sull'incontro rende tutta la questione irrilevante. Il processo è stato così rinviato al 15 maggio per altre richieste delle parti. Entro l'estate potrebbe essere tenuta la requisitoria del pg Antonino Gatto.ANSA

4 – the end (per il momento. Anzi invito chi sa, nel caso di notizie più recenti, di precisazioni o rettifiche, a scrivermi, per arricchire questo filone e rendere un miglior servizio di informazione, unica vera carta di democrazia in questo fottuto Paese. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 13, 14, 15 e 16 giugno)

r.galullo@ilsole24ore.com

P.S. Ancora e solo in edicola il mio libro “Economia criminale – Storie di capitali sporchi e società inquinate”. Accattatevillo per dare un dispiacere alla cultura mafiosa!

  • rebyjaco |

    Voglio solo fare un commento in relazione alla vicenda delle infiltrazioni della Ndrangheta nei Comuni limitrofi con Malpensa (VARESE) A suo tempo, lessi delle indagini e dell’intervento della Magistratura. BENE: (credo ieri) al TG3, ho visto e ascoltato il Rappresentante della Lega che denunciò i fatti che permisero l’arresto di una trentina (?) di soggetti coinvolti. Veramente sconfortante Secondo questo rappresentante del Partito di MARONI il CASTIGA CRIMINALI, nella SUA VARESE, di Cinquanta persone che dovevano presentarsi in Tribunale a sostenere le accuse, se ne sono presenate TRE, la altre, “”tenevano familia””. Questo è il NORD Leghista quando si tratta di CRIMINALITA’ ORGANIZZATA. Come sono andate le cose ultimamente? Abbiamo sconfitto i delinquenti? O siamo come a Reggio?

  • Antonio |

    Il sudafrica ha negato l’estradizione….

  • maurizio giommi |

    Ha detto bene, Galullo, “questo fottuto Paese”.
    Complimenti per il libro (quasi finito di leggere), contento di averla conosciuta tramite il suo blog, di cui ora sono diventato assiduo frequentatore.
    Continui così, le sarò sempre vicino.
    Saluti

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