C’è una fantastica coincidenza, per chi scrive di economia criminale, che si ripete scientificamente ogni qualvolta (o quasi) si leggono i decreti di fermo, le intercettazioni telefoniche o ambientali e le ordinanze che riguardano i mafiosi o i presunti mafiosi: la presenza di San Marino come terminale dei soldi sporchi.
Ovviamente a San Marino nessuno se ne vuole accorgere. Sul Titano il problema è il traffico, ma non quello del denaro sporco.
STAMPA, MEDIA LOCALI E CASALI
Leggo sulla Tribuna sammarinese del 7 dicembre a pagina 6 che una formazione (Arengo e Libertà) critica il segretario di Stato alla Giustizia Augusto Casali per aver organizzato un vertice internazionale sulle mafie nella primavera 2011.
Debbo dire che non conosco il critico Leonardo Raschi ma da osservatore esterno, fossi in qualunque Governo sammarinsese (di destra, centro o sinistra) ne farei un appuntamento annuale magari coinvolgendo come partner fisso l’Italia. Oltretutto Raschi scrive: “Può darsi anche che San Marino non sia esente da fenomeni di infiltrazione della criminalità organizzata ma da qui a farne un’emergenza nazionale ce ne corre…”. Può darsi?!
Mi passi una battuta Raschi (spero davvero sia di spirito): se non aprite gli occhi e continuate ancora a usare il condizionale (“può darsi…non sia esente…”) correte il rischio di andare anche voi come l’Italia a “Ramengo senza Libertà”.
Ieri mi sono sciroppato anche il programma Indaco andato in onda sulla Tv pubblica sammarinese. Il titolo è inquietante: “L’ombra delle mafie”. Altro che ombre! Io l’avrei titolato “I piedi delle mafie nel piatto di San Marino”.
Un’ora, 39 minuti e 30 secondi di amabili chiacchiere allo stato puro in cui si è parlato di mafia sì ma in Emilia Romagna (in studio c’erano il capo della Procura di Rimini Paolo Giovagnoli che sembrava capitato lì per caso e la direttrice del Corriere di Rimini Patrizia Lanzetti).
E dire che il mio amico Gaetano Saffioti, coraggioso imprenditore calabrese intervistato dalla Tv sammarinese, l’assist l’aveva servito su un piatto d’argento parlando di San Marino come un crocevia fondamentale per la ‘ndrangheta.
Il Titano! Mica Rimini o Cattolica sulle quali si sono spesi alcuni ospiti del professionale, rassicurante, rubicondo e pacioso Sergio Barducci che conduceva. La cosa più interessante che ho potuto ascoltare è stato l’invito della sua collega Sara Bucci in collegamento da un secondo studio tv con una minigonna ascellare, che tra una caponata, una zucchina e una melanzana, invitava scherzosamente i giovani (emiliani, non sammarinesi) che hanno lavorato nei campi confiscati a Cosa Nostra, a lasciare i prodotti alimentari in studio per fare un banchetto.
No anzi mi correggo. Dopo un’ora, 11 minuti e 40 secondi il magistrato Giovagnoli ha ricordato che se San Marino ora si sta impegnando per risalire la china è perché per troppo tempo è stato il luogo ideale per occultare denaro e per troppo tempo le banche sammarinesi non hanno cooperato. E proprio nel momento in cui si poteva cominciare a fare sul serio e incalzare sul ruolo delle banche e della politica, Barducci dopo un minuto e 4 secondi cosa fa? Gli chiede della Svizzera! E Augusto Casali, anche lui presente in studio cosa fa? Dice che “Italia e San Marino sono due Stati e questo aspetto va rispettato. Disponibili a discutere dello scambio di informazioni automatico ma questo va fatto con dignità”. Non ho parole!
All’ultimo minuto (giuro) il signor Casali, incalzato da domande serie di un ragazzo al quale il pacioso Barducci cercava di togliere ovviamente la parola, ha detto che se le fonti delle informazioni di un giovane in studio erano i servizi di Roberto Galullo, allora è male informato.
Non posso che replicare a Casali (solo) attraverso questo blog. Il giovane aveva detto una cosa esattissima (vale a dire le 14 firme di collaborazione con Stati come Samoa ma non l’Italia), che avevo scritto mesi fa. Cosi come a mesi fa risaliva il mancato riconoscimento dell’associazione mafiosa sul Titano che il giovane ha citato. Il navigato Casali (e l’ingenuo giovane che ha omesso il riferimento temporale ) ha avuto dunque l’impudenza servita su un piatto d’argento: dire che se legge ciò che scrivo allora è male informato. Oh yes! E’ vero che l’indifferenza è il maggior disprezzo ma io sono un generoso che ci volete fare.
E allora Casali si legga questo nuovo post e il prossimo ancora dedicato alla sua vergine terra e poi abbia ancora il coraggio di dire che sono male informato. Magari con me in studio se ha il coraggio! Ma non mi inviteranno mai è ovvio anche se a momenti quel giovane rovinava la festa ad uno studio che ha dedicato quasi due ore alla mafia….in Emilia Romagna e in Calabria!
IL DECRETO DI FERMO
Sono sicuro dunque di fare cosa gradita al segretario di Stato Augusto Casali, se racconto (gratis) alcuni aspetti del decreto di fermo monstre che la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro (2.084 pagine che ho letto integralmente) ha emesso il 2 dicembre. Casali infatti ha dato due mesi di tempo al magistrato dirigente del Tribunale di San Marino per scrivere una relazione sullo stato della malavita organizzata a San Marino. Basta reperire i miei servizi in archivio su questo blog e mezza relazione è fatta (ah dimenticavo, per Casali sono male informato, vabbè allora come non detto).
Il decreto di fermo di Catanzaro coinvolge i cognomi della ‘ndrangheta che contano (Strangio di San Luca, Muto di Cetraro, Chirillo di Paterno Calabro), i cognomi della camorra che contano (Lentano di Napoli) e i cognomi del narcotraffico che contano davvero (il colombiano Luis Emilio Correa, il domenicano Luis Francisco Canelo ma soprattutto il romeno Stelian State, detto Gingas), oltre ad un insospettabile che scuote le coscienze: il tenente colonnello dei Carabinieri Luigi Verde, alias “il montone” o “il graduato”.
In tutto 77 persone per le quali – con accuse che vanno dal narcotraffico all’associazione a delinquere e via di questo passo – la Dda di Catanzaro ha disposto l’arresto.
Ebbene a pagina 1855 del decreto di fermo firmato dal pm Vincenzo Luberto, si leggono le allegre chiacchierate (intercettate) tra Francesco Galdi e Stefano Florio (entrambi arrestati).
IL PROFILO DEI DUE
Ma chi sono costoro? Il cosenti
no Florio (residente a Paterno Calabro dove la ‘ndrangheta è di casa) ha precedenti di polizia quali produzione e spaccio di stupefacenti (arrestato il 4 novembre 2000 a Cosenza), bancarotta fraudolenta, associazione a delinquere di stampo mafioso e il 13 aprile 2007 è stato sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.
Il suo ruolo nell’associazione a delinquere, si legge nel decreto di fermo, è di “componente storico del gruppo, a favore del quale ha svolto in passato diverse attività illecite … E’ colui che comunica le “imbasciate” di Galdi da portare a Chirillo Romano; gode di un limitato ambito di manovra in quanto gravato dall'obbligo di comunicare ai Carabinieri gli spostamenti dal Comune di residenza”.
E veniamo a Galdi, alias “il dottore”, nato a Figline Vigliaturo (Cosenza) ma residente a San Lazzaro di Savena (Bologna).
Numerosi i precedenti penali, tra cui falsità materiale, sostituzione di persona, truffa, ricettazione, insolvenza fraudolenta. Il 5 settembre 2005 è stato denunciato per associazione a delinquere si stampo mafioso finalizzata alla truffa, alla ricettazione, al riciclaggio e al trasferimento fraudolento di valori. Il 7 maggio 2007 è stato segnalato per porto di armi e rapina. Il 29 luglio 2008 per minaccia aggravata.
Secondo la Dda di Catanzaro, nella consorteria guidata da Romano Chirillo, Galdi è “la longa manus di Romano Chirillo dedito, in via quasi esclusiva, all’organizzazione di un traffico di stupefacenti tra la Spagna, Bologna e la Calabria. Galdi, nello specifico, ha impiantato e diretto in Bologna una vera e propria organizzazione dedita all’acquisto, al taglio dello stupefacente e alla susseguente cessione. E’ l’emissario di Romano Chirillo a Bologna e per suo conto guida un gruppo di persone deputate all’importazione nel territorio dello Stato di sostanze stupefacenti, alla minuta vendita in Bologna e al costante rifornimento in Calabria del promotore dell’organizzazione. Per quanto appena esposto l’organizzazione si compone di un gruppo operante in Bologna (guidato da Galdi) e di un gruppo operante a Paterno Calabro (Cosenza, guidato da Chirillo Romano). In particolare Galdi ha mantenuto contatti con tutti i soggetti denunciati nella presente informativa”.
Inutile spendere molte parole in più per Romano Chirillo (arrestato con il fratello Francesco), secondo la Dda capo storico dell’associazione a lui riferibile dopo la morte del fratello Carmine avvenuta il 2 giugno 2007, che “attualmente dirige l’organizzazione gestendo personalmente i rapporti con altre organizzazioni criminali, come il clan Muto”.
LE TELEFONATE
Ora che abbiamo inquadrato i personaggi e il contesto criminale, secondo le accuse della Dda di Catanzaro, passiamo ad esaminare le telefonate tra Galdi e Florio, intercettate il 23 settembre 2008.
Di primo mattino i due parlano di denaro che fluttuava tra Paterno Calabro e Bologna ma che doveva finire a San Marino.
Alle 8.56.50 Florio chiama Galdi e gli dice che è arrivato l’assegno. “Parlano di versamenti di assegni – si legge nel decreto di femo – e Galdi afferma che alle 11 avrà i soldi che Florio aspetta e pretende per fare il versamento a San Marino”.
Alle 10.25.19 dello stesso giorno è ancora Florio a chiamare Galdi al quale dice, proseguono i magistrati, “di non cambiare l’assegno perché ha risolto, avendo raggiunto quota 5.000 (i pm non chiariscono a cosa si riferisca questo passaggio, ndr) e dunque potrà andare a San Marino”.
TANTI SOLDI A CASCATA PER TUTTI
Il decreto della Dda di Catanzaro non si sofferma oltre su questo collegamento tra i due presunti membri di questa associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico e le rimesse nelle banche di San Marino, per il semplice fatto che non è questo lo scopo dell’inchiesta (anche se non sono da escludere nuovi e dedicati filoni).
Ma per capire quali traffici muovesse questa organizzazione internazionale con pezzi da novanta delle famiglie calabresi e dei narcos sudamericani e dunque quali immensi capitali a cascata per ciascun anello della filiera (che Florio e Galdi farebbero confluire secondo le intercettazioni della Dda verso San Marino per la propria parte o almeno per una percentuale) basti riportare un solo stralcio dell’operazione.
A fine ottobre del 2008, ricostruiscono gli investigatori, iniziava un’estenuante trattativa per l’importazione di 300 kg di cocaina dal Sud America. Le conversazioni relative a questo affare si protraevano fino al giugno 2009 allorché l’incaricato (anche lui arrestato e membro della famiglia Strangio di San Luca) desisteva dal proposito iniziale.
Quel che conta – scrivono i magistrati di Catanzaro – è l’eccezionale capacità di allacciare rapporti con gli stoccatori di cocaina sudamericani e l’altrettanto eccezionale capacità organizzativa della consorteria, di cui appunto Florio e Galdi sono secondo la magistratura antimafia di Catanzaro due anelli.
L’uomo della cosca Strangio aveva predisposto tutto ciò che sarebbe valso a fare arrivare in un porto italiano un container, contenente 300 kg di cocaina, mistificata da un carico di copertura costituito da pellame. Era stata individuata una ditta ecuadoregna della quale avevano disponibilità due persone non meglio identificate, chiamate, per telefono, Oscar e Gustavo. Oltre al mittente era stato individuato il destinatario in una srl unipersonale riconducibile a un imprenditore di Verona ma originario di Catania. Si consideri che l’organizzazione aveva spedito in Sud America 27mila euro che sarebbero dovuti servire per pagare la spedizione del container e il carico di copertura. Peraltro in questo affare si registra il coinvolgimento di Stelian State e di Joseph Bruzzese.
Bruzzese è un personaggio centrale, per l’indagine, in quanto garantiva all’associazione anche i rifornimenti di cocaina nella disponibilità di Luis Emilio Correa con il quale aveva legato grazie a Bruno Fuduli, già collaboratore di giustizia (tutti arrestati nell’ambito dell’inchiesta catanzarese).
Per il momento mi fermo qui ma nel prossimo post scoprirete un altro anello che lega le organizzazioni criminali a San Marino, descritto nell’inchiesta della Dda catanzarese, non meno inquietante del narcotraffico e degli annessi e connessi riflessi finanziari.
Un altro capitolo che offrirò (gratuitamente) a Casali e alla relazione del magistrato dirigente del Tribunale di San Marino. Ma quanto sarò generoso? Casali una provocazione: perché non l’assegna a me la
relazione? Gliela faccio gratis giuro!
1 to be continued
p.s. Invito tutti ad ascoltare la mia nuova trasmissione su Radio 24: “Sotto tiro – Storie di mafia e antimafia”. Ogni giorno dal lunedì al venerdì alle 6.45 circa e in replica alle 0.15 circa. Potete anche scaricare le puntate su www.radio24.it. Attendo anche segnalazioni e storie.
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