Amati lettori di questo umile e umido blog da giorni racconto l’audizione del 3 agosto presso la Commissione parlamentare antimafia del gran maestro del Grande oriente d’Italia, Goi Stefano Bisi.
Una parte decisiva in questa audizione è la “battaglia” dialettica – so che è un termine abusato ma corrisponde in questo caso al vero – tra Bisi e il presidente della Commissione Rosy Bindi sulla consegna degli elenchi dei massoni iscritti al Goi.
Di questo scriverò in profondità a partire dalla prossima settimana. Intanto gustiamoci, come dire, un aperitivo fatto di schermaglie tra le parti.
Il commissario Giuseppe Lumia (Pd) – che sul punto ha un vecchio pallino – chiede a Bisi: «Vorrei sapere quali politici – parlamentari – sono iscritti alla massoneria oggi. Vorrei sapere se ci sono, per esempio, anche parlamentari eventualmente presenti qui in Commissione parlamentare antimafia. Lei, che ha un sistema centralizzato, che parla pubblicamente a nome di tutti, non sa se ci sono dei parlamentari eventualmente iscritti al Grande oriente».
Una vecchia volpe politica come Lumia non avrebbe mai fatto una domanda di questo genere se, retoricamente, non avesse avuto già una propria risposta e sono pronto a giurarci che, qualche nome (in Parlamento sono o sono stati una valanga gli onorevoli massoni) lui lo conosce. Del resto, nel recente passato, aveva persino chiesto al ministro dell’Interno Angelino Alfano di acquisire l’elenco di tutti i massoni siciliani (si veda http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/02/10/rete-di-matteo-messina-denaro1-beppe-lumia-chiede-al-ministro-alfano-di-acquisire-le-liste-dei-massoni-siciliani/)
Bindi ci mette il carico: «Lui lo sa. Un giorno capiremo il motivo per il quale, appartenendo a una società così onorevole, non dovrebbe essere un vanto dire che se ne fa parte. Questo non riusciamo a capirlo».
Bisi non si perde d’animo e ricorre alla storia e la grandezza dello spirito e del genere umano: «È per tutti un vanto, così come essere iscritto all’associazione di pubblica assistenza o alla misericordia, ma, come si ricorderà, c’erano i cosiddetti bovi nella misericordia che portavano un cappuccio nero, perché facevano del bene senza voler dimostrare che facevano del bene, senza presentarsi in prima persona».
Basta questo per far recedere la Commissione parlamentare antimafia dalla richiesta di uno spettro molto più ampio di richiesta di nomi ed elenchi?
E’ quanto leggerete dalla prossima settimana.
r.galullo@ilsole24ore.com
P.S. Un invito a Lumia, a Bindi e a tutti i parlamentari: perché non vi armate di coraggio ulteriore e chiedete alle obbedienze massoniche quanti sono, ancora oggi, i magistrati iscritti alla massoneria? Agostino Cordova negli anno Novanta ne scoprì almeno 100 e, credo, magari sbagliando, che alcune Procure italiane si stiano muovendo anche su questo fronte. E quanti sono gli altri gradi tra le Forze dell’ordine? Se avrete davvero questo coraggio – e avendoli poi li renderete pubblici – credo che passerete alla storia di questo Paese. Volete farlo?
Della questione della iscrizione dei magistrati alla massoneria si sono occupati sia il Consiglio superiore della magistratura che la Corte di cassazione. Il Csm ha affermato in termini chiarissimi l’incompatibilità dell’esercizio delle funzioni di magistrato con l’appartenenza alla massoneria e conseguentemente sono stati avviati, dopo il rinvenimento delle liste degli iscritti alla P2, procedimenti per trasferimento di ufficio e disciplinari nei confronti di magistrati risultati iscritti a logge massoniche, siano esse segrete o no.
Affiliarsi alla massoneria non è reato (tranne se si tratti di associazioni segrete) ma per quanto riguarda i magistrati il Csm ha ritenuto l’incompatibilità della affiliazione con l’esercizio delle funzioni di magistrato perché la caratteristica delle logge massoniche è quella di «un impegno solenne di obbedienza, solidarietà e soggezioni a principi e a persone diverse dalla legge», che finisce con il determinare «come conseguenza inevitabile una menomazione grave dell’immagine e del prestigio del magistrato e dell’intero ordine giudiziario (…)».
La Corte di Cassazione a sezioni unite civili, con la sentenza del 6 dicembre 1995, giudicando in sede disciplinare, ha ritenuto l’affiliazione alla massoneria astrattamente configurabile come illecito disciplinare. In questo senso – come ha ricordato il 12 giugno 2016 su www.siciliainformazioni.it l’ex magistrato Alberto Di Pisa – si è sempre mossa almeno a partire dagli anni 90, la sezione disciplinare del Csm che ha ritenuto illecito disciplinare l’adesione di un magistrato ad una loggia massonica anche non segreta dato che trattasi «di associazione caratterizzata da diffusi aspetti di segretezza, da vincoli interni particolarmente intensi, da legami persistenti e da tenaci influenze tra gli aderenti che confliggono con i valori costituzionali di imparzialità e indipendenza della funzione giudiziaria».
Sempre la Cassazione, 5a sezione penale, sentenza n. 1563 / 98, giudice Alfonso Amatucci statuì: «Il giudice massone può essere ricusato dall’imputato, in quanto l’appartenenza a logge preclude “di per sé l’imparzialità” del magistrato» perché «essere iscritti alla massoneria significa vincolarsi al bene degli adepti, significa fare ad ogni costo un favore. E l’unico modo nel quale un magistrato può fare un favore è piegandosi a interessi individuali nell’emettere sentenze, ordinanze, avvisi di garanzia».
L’art 2 comma 6, della legge n.150 del 2006, nel tipizzare gli illeciti disciplinari dei magistrati, infine, ha previsto che costituisca illecito disciplinare, al di fuori delle funzioni «la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli siano oggettivamente incompatibili con l’esercizio delle funzioni giudiziarie. In precedenza, il Consiglio Superiore, con due risoluzioni rispettivamente del 22 marzo 1990 e 14 luglio 1993 aveva stabilito l’incompatibilità tra iscrizione alla massoneria ed esercizio della funzione giudiziaria».
4 – to be continued
(per le precedenti puntate si vedano
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