Amati lettori, da ieri sto scrivendo dell’operazione Metastasi (coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, sostituti Claudio Gittardi e Bruna Albertini e condotta dal Nucleo di polizia tributaria e dal Gico della Gdf), chela scorsa settimana ha disvelato la pervasività della ‘ndrangheta a Lecco e provincia e dunque ben oltre i classici e ormai ininfluenti confini geografici.
L’operazione (il gip che il 31 marzo 2014 ha firmato l’ordinanza è Alfonsa Maria Ferraro) ha fatto riemergere la forza della “locale” di ‘ndrangheta che fa capo alla famiglia Coco-Trovato e portato in galera 10 persone accusate a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, corruzione e turbativa d’asta e ha fatto rumore per il coinvolgimento diretto e indiretto di alcuni politici locali.
Sto analizzando con voi, su questo umile e umido blog, la parte a mio giudizio più importante di questa operazione (che pure svela le “mani commerciali e imprenditoriali” sulla città), vale a dire l’intimità con la politica, vieppiù necessaria per garantire sopravvivenza e prosperità ai sistemi criminali.
Per capirlo basta riportare qui una frase intercettata e attribuita dalla Procura a pagina 473 aErnesto Palermo, consigliere comunale a Lecco (fino al 2011 del Pd poi nel Gruppo Misto) che, a seguito di un presunto accordo sulla raccolta di voti a favore di una candidato del Pdl (si veda quanto scritto ieri), secondo l’accusa punta ad ottenere un guadagno economico personale e mira ad instaurare un rapporto favorevole con persone all’interno del consiglio comunale di Milano. Ecco infatti la frase: «…noi andiamo adesso da questo eh quello l’accordo oggi, non solo mi faccio un po’ di moneta, inizio a farmi qualche soldino, ma in più abbiamo la porta aperta al Consiglio comunale di Milano…».
E’ evidente che la politica è uno straordinario cavallo di Troia per ampliare la portata di fuoco della mafie 2.0, di quei sistemi criminali che al loro interno “ingaggiano” alla bisogna o, sempre più spesso, inglobano politici, servitori infedeli dello Stato, grembiuli sporchi, professionisti al soldo, giornalisti a libro paga e via di questo passo. Un capitale “sociale” enorme.
I pm della Distrettuale antimafia di Milano lo dicono chiaro e tondo che la politica è lì, vive e lotta insieme a loro e il gip lo sottoscrive, come si può leggere, subito, già a pagina 23 dell’ordinanza. «Si deve osservare che l’infiltrazione della locale nella politica e nella pubblica Amministrazione attraverso l’attività dell’associato Palermo Ernesto – si legge – rappresenta il decisivo salto di qualità dell’associazione di stampo mafioso in oggetto ed evidenzia la particolare pericolosità della stessa».
Salto di qualità: proprio così si esprime il Gip e non potrebbe essere data valutazione migliore.
«Lo stesso ricorso all’attività corruttiva per condizionare atti amministrativi dei comuni di Lecco e di Valmadrera – si legge ancora a pagina 23 – costituisce una modalità particolarmente insidiosa con cui la locale di Lecco si infiltra nel tessuto politico amministrativo per condizionare l’azione dello stesso e non rappresenta certo una rinuncia al ricorso al metodo mafioso e l’adesione a modalità illecite per così dire “comuni”. In particolare nelle regioni del nord tale attività corruttiva è espressione ulteriore della pericolosità del nucleo di criminalità organizzata anche sotto il profilo della mimetizzazione dello stesso. La particolare capacità corruttiva è infatti strettamente connessa all’esistenza e all’efficienza stessa dell’associazione mafiosa, fattori questi ultimi che facilitano gli stessi contatti con i pubblici ufficiali e la forza persuasiva dell’associazione anche all’interno dell’accordo corruttivo».
Nel nord, insomma, la capacità corruttiva nei confronti della politica è elemento essenziale e vitale della stessa esistenza delle mafie. Un discorso, invero, valido ovunque (al Sud da decenni). «In altri termini la scelta dello strumento corruttivo non equivale certo per l’associazione di ‘ndrangheta ad una rinuncia alla propria forza intimidatrice – scrive ancora il gip – ma è una modalità di intervento che al contrario è il portato della capacità di intimidazione e di condizionamento della politica e della vita amministrativa nel territorio. E lo strumento corruttivo risulta tanto più efficace quanto maggiore è il condizionamento dell’organizzazione mafiosa sulla vita politica ed amministrativa e sui pubblici ufficiali che ne sono interpreti finendo per alimentare il meccanismo di infiltrazione della ’ndrangheta nel tessuto politico in un circuito perverso destinato ad aumentare in modo esponenziale».
Non so se ci rendiamo fino in fondo conto di quanto scrive il Gip: una volta entrato nella politica, il virus della ‘ndrangheta (rectius: delle mafie) infetta l’organismo, si riproduce, si trasforma, appunto, in metastasi e aumenta in modo esponenziale.
Vi chiedo: qual è la conclusione? Se la metastasi è diffusa, la morte. Se è appena partita, forse forse…
A LECCO…
Nel caso della “locale” di Lecco (ricordiamolo: una struttura con almeno 50 affiliati alla ‘ndrangheta), le capacità di infiltrazione del meccanismo corruttivo risultano ancora più accentuate se si considera che la stessa, secondo l’accusa, poteva contare sull’organico apporto di Ernesto Palermo e quindi su un pubblico ufficiale con funzioni e contatti rilevanti all’interno dell’amministrazione comunale di Lecco.
Ora mi fermo. Continuo a breve con altri risvolti di questa importante operazione.
2 – to be continued (si legga anchehttp://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/04/operazione-metastasi1-mutuo-soccorso-politico-sullasse-lombardia-calabria-i-voti-di-cosenza-si-contrattano-a-lecco-e-mil.html)