L’anno termina – auguri a tutti – e io faccio fatica a seguire i percorsi mentali dei politici (e non della politica, che quella è un’altra cosa, quando e se ha la p maiuscola).
Faccio fatica a seguire i percorsi mentali anche di chi politico non è (non dovrebbe esserlo).
Faccio infine fatica a seguire i percorsi mentali di chi con la politica condivide parte del cammino.
Prendiamo il Comune di Reggio Calabria: sulle sue spalle grava tutto quanto vi ho descritto e non capisco (per mia deficienza mentale, sia chiaro).
E’ un ente “contiguo alla ‘ndrangheta” (parola del ministro dell’Interno uscente Anna Maria Cancellieri che per questo motivo ne ha proposto e ottenuto lo scioglimento anche se c’è un ricorso). E’ un “ente decotto” (parola e musica dei giudici contabili non più tardi di una settimana fa). E’ un ente di cui non si sa bene neppure quale sia il buco di bilancio (lo dissero gli ispettori ministeriali un anno fa circa e la terna prefettizia non sa neppure da che parte girarsi per capirlo). E’ un ente che vive di promesse: 1) l’adesione al predissesto (la legge sembra consentirglielo) e 2) di fatue speranze che chi non ha pagato mai, improvvisamente paghi e riempia la cassaforte municipale (parlo del planning fiscale descritto dal commissario straordinario Vincenzo Panico proprio a chi scrive, dalle colonne del Sole-24 Ore poco più di un mese fa).
E’ un Comune che – se si trattasse di una spa a totale capitale privato – dovrebbe non solo portare i libri in Tribunale ma persino peritarsi di trovare non uno ma uno stuolo di avvocati da 5mila euro di tariffa oraria nella speranza di farla franca in aula di giustizia. Anzi due: penale e civile. Se per assurdo gli amministratori della spa dovessero farla franca di fronte alla legge, dovrebbero peritarsi di trovare un rifugio al Polo (scegliete voi, nord o sud) in cui trascorrere la latitanza vita natural durante al riparo da creditori e ex dipendenti.
VAI AVANTI TU CHE A ME VIEN DA RIDERE
Invece no. In Italia accade il contrario. A meno di un ravvedimento (mentalmente operoso, che auspico) accadrà esattamente il contrario. A pagare saranno i cittadini. A non pagare sarà la politica irresponsabile. Anzi: impunita.
Dopo che la Corte dei conti ha detto in sostanza pilatescamente “se dipendesse da me, da quel pezzo che il dissesto nel Comune di Reggio Calabria sarebbe dichiarato, oltretutto vi elenco tutti i vantaggi che il dissesto stesso ha”, toccherà tra qualche giorno alle sezioni unite della stessa Corte dire: “anche io, se potessi, dichiarerei il dissesto ma dato che il Comune di Reggio Calabria ha inteso aderire al predissesto, mi spiace assai ma i termini e le procedure dell’adesione impediscono legittimamente che il dissesto si proclami. Auguri e figli masculi”. Fantastico! E’ come se un chirurgo dicesse: io dichiarerei che il paziente è morto ma siccome per legge mi dicono che può resuscitare con l’ossigeno che gli verrà dato per 10 anni (tanto dura la procedura di predissesto), posso solo dichiarare (al massimo) che ha una brutta influenza!
IL COMUNE E’ MORTO MA RESUSCITERA’
In questo mostruoso, gigantesco e intollerabile scaricabarile – anzi, chiamiamolo per come è: condono tombale – la Corte richiama (e richiamerà) quella legge sul predissesto che ha avuto diversi padri nobili del Pd, che si sono prodigati in Parlamento per fare arrivare una boccata decennale di aria fresca (leggasi: soldi a palate) al Comune di Reggio Calabria (si lo so, c’è anche Napoli). Peccato che quei soldi (come quelli dal fondo di rotazione) debbano poi essere restituiti allo Stato. Ergo: il debito non viene cancellato ma posticipato e con esso la restituzione che oltretutto poggia le sua basi su ricette miracolistiche (lotta all’evasione della fiscalità locale!) Machissenefrega, ci penseranno poi gli “altri” a restituirli. Ma gli “altri” chi?
Ora io politico non sono ma trovo quello di alcuni parlamentari Pd un capolavoro: si sono prodigati per portare risorse nelle casse del Comune di Reggio e hanno incassato persino il plauso (organizzato a monte) del Pd provinciale che ha urlato contro l’ipotesi di dissesto finanziario del Comune.
IL CAPOLAVORO DEL PD
Tradotto: il PD (Partito alla Deriva) ha fatto esattamente il contrario di quanto un’opposizione avrebbe dovuto fare: scendere in piazza per spiegare ai cittadini perché conviene che la terna commissariale dichiari il dissesto finanziario che – statene certi – se non toccherà a Vincenzo Panico, spetterà alla prossima amministrazione legittimamente eletta dal popolo (al netto del peso della ‘ndrangheta). Dov è il capolavoro? Semplice: il Pd ha giocato la stessa carta della ex maggioranza, vale a dire ha cavalcato l’onda del “dramma dissesto” che ricadrebbe su cittadini e imprese. Uno spettro avanzato a colpi di “non ci saranno più investimenti”, “i creditori non saranno interamante rimborsati”, “i servizi essenziali franeranno”, “le tasse locali aumenteranno” e via di questo passo. Se poi il dissesto dovesse arrivare i parlamentari Pd potranno sempre dire: “guagliò, noi ce l’abbiamo messa tutta per evitarlo. Siamo reggini anche noi, poffarbacco! Non è mica colpa nostra!”
IL CONTRIBUTO DEGLI INTELLETTUALI
Sabato mattina ho avuto un bellissimo scambio intellettuale con Stefano Pozzoli che insegna anche all’Università Parthenope di Napoli. Consulente (anche) del Comune di Reggio Calabria sotto la Giunta Arena, che ovviamente ha lodato (Pozzoli è anche componente della Commissione Riforme della Corte dei Conti) il 28 dicembre Pozzoli ha rilasciato un’intervista al quotidiano Calabria Ora che mi ha sbalordito in alcuni passaggi. Quello in cui dice che “… sul piano degli interessi della comunità è chiaro che il dissesto è un disastro…” e quello in cui dice che “…il predissesto nasce per un interesse generale del Paese visto che il Governo ha individuato nel dissesto il nemico da combattere…”.
Ora, a parte il fatto che se c’è una legge “vo-lon-ta-ria” sul pre-dissesto esiste anche una legge “ob-bli-ga-to-ria”, quando si riscontrino le condizioni, sul dissesto (che la Corte dei conti con la delibera recente ambiguamente perfino loda) io tutto sto interesse generale non lo vedo. Anzi.
Di grazia: quale sarebbe l’interesse generale del Paese? Quello di evitare il default dei grandi Comuni (Napoli, Reggio Calabria) e dei medi Comuni (Ancona, Alessandria) per non avere conseguenze negative dal rating delle agenzie internazionali? Per carità, visione nobile ma mi domando: più nobile del fatto che a pagare debbano essere sempre cittadini e imprese (tanto pagano sia con il predissesto che con il dissesto) e non i politici che quel delirio e quel disastro contabile hanno provocato? Non si dà così (senza dubbio indirettamente e contro la volontà) un’imperitura patente di impunità per la classe politica e dirigente anche a venire? Credo proprio di si. E’ – n
é più né meno – come l’abusivo che costruisce una reggia o una veranda ma tanto sa che, piccolo o grande che sia, il suo sfregio edilizio sarà non solo sanato ma potrà anche essere impunemente ripetuto.
E poi – sempre di grazia – ma dove sta scritto che il default, il fallimento è un dramma? Non lo aveva invocato forse Monti per la Regione Sicilia? Magari fosse stato dichiarato! I siciliani (e con essi il resto d’Italia) non si troverebbero nella condizione di avere ora un problema solo rinviato, oltretutto a fronte di un’Assemblea regionale che non ha i numeri per governare e che dovrà dunque affidarsi all’inciucio o riaffidarsi al voto. Entrambe prospettive struggenti.
RISCHIO GRECIA
Me lo si lasci dire: le agenzie di rating internazionali (ammesso e non concesso che operino come dovrebbero) guardano forse con maggiore sfiducia ad uno Stato e ad un Paese che lasciano fallire un ente locale (ma con il paracadute legislativo del dissesto) piuttosto che uno Stato ed un Paese che allungano l’agonia finanziaria e sociale dello stesso ente locale e che, al contempo, dicono implicitamente alla futura classe politica (con la p minuscola): “non ti preoccupare, che tu affossi il Comune come hanno fatto i tuoi predecessori ce ne po’ frega de meno. Tanto, vedi, lo Stato è buono e c’è sempre una legge amica. Andate avanti, non vi guardate indietro. Anzi: voltatevi pure, tanto chi vi ha preceduto ha anche le porte spianate per il Parlamento! Ma che volete di più guagliò!” .
Ora, ripeto, i miei imponenti limiti intellettivi e intellettuali mi impediscono di seguire i meandri dei ragionamenti. Come quelli del prof. Pozzoli che, ieri, sul mio giornale, a pagina 13 ha scritto un articolo che condivido ma che (ma sarò io ad aver mal compreso) sembra cozzare con le dichiarazioni rilasciate a Calabria Ora. Ha scritto ad esempio: “…il predissesto è anzitutto una norma di emersione delle patologie…In sostanza occorre ammettere che il rendiconto precedente non era veritiero…”. In altre parole, dice sempre il Prof. Pozzoli a proposito del predissesto e, ripeto, in questo caso condivido, “…la magistratura contabile dovrà riflettere sugli effetti che vi possano essere sul patto di stabilità degli anni precedenti. La magistratura penale, invece, dovrà verificare se sussistono gli elementi del falso ideologico. Un altro elemento importante è ancora quello degli effetti sul piano di rientro che inevitabilmente poggerà anche sulle entrate, stimate, originate dal fondo rotativo, che potrà essere fino a 300 euro per abitante. Ma cosa accadrà se l’accesso al predisse sto sarà negato o se lo stanziamento sarà minore?…”. Già, cosa accadrà?
IL PATER FAMILIAS
Io – che professore non sono ma eterno studente – mi limito a riportare l’esempio del pater familias, tante volte impresso nelle mie orecchie di giovane (all’epoca) studente di giurisprudenza: tanto incasso, tanto (al massimo) posso spendere e posso programmare nella spesa. Ma se il Comune di Reggio Calabria (lo dicono gli ispettori ministeriali e i giudici contabili) neppure sa quanto incassa, come fa a programmare le spese e un piano di rientro dagli investimenti fatti?
Rischio Grecia o meno per il Comune di Reggio Calabria (Napoli meriterebbe un discorso a parte, altro non fosse per il fatto che non c’è stata continuità nel colore di chi ha amministrato e per il fatto che Luigi De Magistris ha dunque rivoltato e sta rivoltando i bilanci passati nel segno della massima trasparenza contabile) è bene che la politica smetta di deresponsabilizzare gli amministratori della cosa pubblica. E’ ora che la finisca di riempire le cassaforte dei Comuni che hanno dimostrato una finanza allegra, oltretutto garantendo un lasciacondotto dorato a chi le casse ha svuotato. E’ ora che la finisca di gridare allo spettro default (così non è come dimostra per molti versi il caso Argentina, qualora venga sapientemente e responsabilmente guidato). E’ ora che la finisca con i regali che ricordano le pubblicità ingannevoli dove tutto è “gratis”, anche quello che ha un costo improponibile!
La domanda a cui qualcuno – di grazia – deve rispondere senza scaricare su altri la risposta è una e una sola: “Il Comune di Reggio Calabria è oggettivamente in stato di dissesto finanziario?”.
Se si, si proceda e che a pagare sia chi ha portato l’ente allo sfascio.
Auguri. Ce n’è davvero bisogno.
r.galullo@ilsole24ore.com