Alfonso Di Vito, Dia Milano: “In Lombardia non esiste una sola grande opera pubblica che non sia (stata) infiltrata dalla mafie”

Questo mio servizio è stato pubblicato martedì 30 ottobre sul Sole-24 Ore. Lo ripropongo per quanti non avessero avuto modo di leggerlo.

Non esiste grande opera pubblica lombarda dalla quale non siano state espulse imprese in odor di mafia.
Nell’ultimo triennio – ha comunicato alla Commissione parlamentare antimafia europea in trasferta a Milano il capo centro della Dia del capoluogo lombardo, Alfonso Di Vito – sono stati compiuti 100 accessi nei cantieri, con oltre 5mila imprese e 20mila soggetti sottoposti a controlli. Il risultato è che le prefetture lombarde hanno emesso interdittive nei confronti di 180 imprese.
«Solo quest’anno – ha spiegato Di Vito alla presidente della Commissione antimafia europea Sonia Alfano e agli europarlamentari presenti – abbiamo effettuato 19 accessi, come sempre sulla base di una selezione accuratissima e i provvedimenti interdittivi emessi sono stati 22. Non c’è grande opera pubblica che non sia stata in questi anni interessata dall’allontanamento di imprese in qualche modo coinvolte con la criminalità organizzata. Expo, la tratta dell’Alta velocità Milano-Verona, Brebemi, Pedemontana, metropolitana di Milano, la Statale 42, l’Ospedale San Paolo, sono tutti cantieri che hanno vissuto infiltrazioni. Il dato da non nascondere è che aumenta il contenzioso davanti al Tar».
La rete di controlli sembra funzionare e Di Vito ha sottolineato che l’attenzione mediatica è tutta concentrata su Expo 2015 per la quale, ha spiegato, «la Dia ha aperto 500 fascicoli su imprese e persone, giungendo a due interdittive, di cui una azzerata dal Tar. L’attività di prevenzione è eccezionale ma il banco di prova sarà il 2013, allorquando entrerà nel vivo l’appalto da 165 milioni per la cosiddetta piastra».
Lo stato dell’arte sulla presenze delle mafie al Nord – prima tappa del giro che ha portato la Commissione antimafia europea a Palermo e a Roma – è molto preoccupante. Francesco Greco, comandante provinciale della Guardia di finanza di Milano, ha posto il dito sulla piaga: le attività di riciclaggio, che ormai sono a spettro sempre più ampio. «Per queste operazioni – ha spiegato – basta un computer ma siamo attrezzati per inseguire i criminali anche telematicamente».
Per capire quanto l’economia criminale stia assediando quella legale, alla commissione parlamentare europea è bastato decentrarsi rispetto a grandi città come Torino e Genova – oggetto delle relazioni dei sostituti procuratori Alessandro Ausiello e Nicola Piacente che hanno sottolineato l’evoluzione imprenditoriale della ’ndrangheta in quelle province – e fare un salto "virtuale" a Brescia. Il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia, Paolo Savio, ha infatti fatto piazza pulita delle ipocrisie, parlando di stabilizzazione delle mafie al nord. «Nel settentrione – ha affermato – la violenza di un tempo negli anni si è trasformata in capacità commerciale. Gli strumenti a disposizione per contrastare la criminalità sono complessi ma completi. Semmai quel che manca sono gli uomini. Alla Dda di Brescia, che ha competenza anche su Mantova, Bergamo, Crema e Cremona, siamo in tre».
La stabilizzazione dei capitali mafiosi non sarebbe stata possibile in assenza di menti, più o meno raffinate, che hanno spalancato le porte alle mafie. Edmondo Bruti Liberati, capo della Procura di Milano, ha tirato una stoccata alla politica e alla società. «Anche la recente operazione contro il clan Valle – ha detto – ha messo in evidenza l’importanza del capitale sociale mafioso. Mi riferisco a quella cosiddetta area grigia che non è unitaria ma mutevole. Non è sempre vero che la mafia si infiltra nella società civile. Ormai è vero anche il contrario».

r.galullo@ilsole24ore.com