In questi giorni post scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria i media locali (molto) e quelli nazionali (pochissimo) hanno dato conto delle notizie che hanno portato il Governo a condividere quella scelta.
I media si sono interessati moltissimo ai pipponi politici (pro e contro quella decisione) ma quasi nulla sulla metodologia di lavoro della encomiabile commissione prefettizia. Lodevole eccezione Il Fatto Quotidiano attraverso la cronaca del bravo collega Lucio Musolino.
In altre parole sui fatti oggettivi, la lente d’ingrandimento è stata allontanata per guardare alle diatribe politicanti di cui si alimenta il popolo bue.
Ed allora questo umile e umido blog soccorre, dando conto proprio di quanto – volontariamente da taluni – è stato oscurato.
Anche perché questo blog viene letto – mai come ora – da migliaia di persone al giorno di cui solo una parte risiede in Calabria. Il resto d’Italia ha diritto di sapere cosa ha scovato la Commissione prefettizia in quel di Reggio Calabria.
I NUMERI
Cominciamo dai numeri nudi e crudi che già dicono tanto.
Tanto per cominciare la Commissione in premessa – così, tanto per gradire – ricorda che la città è sotto il giogo di 24 locali di ‘ndrangheta che si dividono scientificamente l’intero territorio comunale attraverso le seguenti famiglie: Rugolino, Borghetto-Caridi-Zindato, Rodà-Chirico, Araniti, Condello-De Stefano, Libri, Serraino, Labate, Quattrone, Ficara-Latella, Audino-Lo Giudice, Crucitti, Gattuso e Alampi. Un bel quadretto di cui essere fieri e dal quale nascerebbe in (quasi) tutti spontanea una domanda: ma se non c’è foglia che a Reggio non voli se le cosche non vogliono, come è possibile che il Comune sia, sia stato e sarà (indipendentemente da chi lo governa) un’isola felice? La mia risposta è: impossibile.
Aperitivo a parte, la Commissione prefettizia ha studiato tutti i precedenti penali e le risultanze di polizia a carico di 33 amministratori comunali, 1.090 dipendenti dell’ente, 391 dipendenti della società partecipata Multiservizi, 26 dipendenti della partecipata Leonia, 113 dipendenti della Reges, 89 collaboratori del Comune con contratto a tempo determinato, 38 soggetti economici; 1.615 locatori di alloggi popolari, 1.555 locatari di alloggi del nuovo patrimonio edilizio e 502 locatari del vecchio patrimonio edilizio.
Le posizioni individuali approfondite dall’Arma dei Carabinieri sono state 7.983.
La Guardia di finanza analizzato i precedenti fiscali, l’assetto e la composizione di tutti gli operatori che nel 2011 e fino al 31 gennaio 2012 hanno stipulato contratti con il Comune, hanno eseguito forniture di lavori beni o servizi in favore della Multiservizi, hanno ricevuto affidamenti dal Comune per importi superiori a 60mila euro nel settore delle Politiche sociali, superiori a 20mila euro nel settore della cultura e superiori a 100mila euro nel settore Risorse europee.
La Commissione prefettizia ha messo a soqquadro contributi, erogazioni, organismi esterni pubblici e privati, commissioni, contabilità, corpi, servizi, pubblicità, organizzazioni, eventi, entrate, regolamenti, procedure di spesa, gestioni, introiti tributari, rapporti credito-debito: insomma ha rivoltato il Palazzo come un calzino dal quale è uscito di tutto (per me, per difetto).
Insomma, un lavoro immane e per questo, alla commissione, deve andare un grazie smisurato.
LA POLITICA
In qualunque ambito in cui la Commissione ha affondato il bisturi ispettivo, è emerso un marcio oggettivo e non – si badi bene – soggettivo.
In questo scioglimento, di soggettivo, non c’è nulla. Se il Governo non avesse proceduto allo scioglimento, di fronte alla relazione che da oggi metterò scientificamente sotto la lente per voi, amati lettori di questo blog, ci sarebbero stati gli estremi per procedere politicamente e socialmente contro chi, questo scioglimento, tra i membri del Governo, non lo avesse eventualmente voluto.
Prendiamo gli eletti – sono 32 oltre al sindaco – che metterò sotto la lente con questo primo articolo.
Dei nomi e dei cognomi non me ne fotte nulla convinto come sono che il patto tra politica e ‘ndrangheta, in Calabria, nel Sud e in tutta Italia, è sempre più avulso dal colore politico. Mai come in Calabria, oltretutto, la casacca è un’opinione.
Ebbene – al netto dei politici già arrestati e dei “10-procedimenti-penali 10” aperti nei confronti appunto di politici, dirigenti, funzionari e dipendenti – ce ne sono 10, tra consiglieri e assessori, sui cui la Commissione ha fatto luce. In taluni casi con dovizia mortificante e umiliante di particolari, riportando passi interi di ordinanze e intercettazioni che – al netto dei risvolti penali che non competono chi scrive – aprono uno squarcio devastante sulla moralità della politica. Nessuno sapeva? E ammesso che tutti scoprano ora, come si può difendere l’indifendibile?
C’è quello che è culo e camicia – secondo i pm – con una cosca. Insieme, secondo l’accusa, si preoccupano anche della spartizione dei voti verso altri candidati. Insomma, una “comune” (stile francese) del voto inquinato.
C’è l’altro che è pappa e ciccia con un imprenditore arrestato per associazione mafiosa ed è che viene più volte accostato per la sua amicizia a ‘ndrine che tutto possono in città.
Ci sono gli altri due che si accompagnano a pregiudicati per associazione mafiosa e quello che viene indicato come il fratello di un prestanome della ‘ndrangheta.
C’è quello che partecipa ai funerali di un boss e l’altro che si accompagna ad un politico regionale pluri-indagato. C’è quello che è a sua volta parente acquisito di un boss di San Luca e c’è infine quello che è imputato per reati di cui, il meno grave, è traffico di rifiuti ed è stato indagato nel recente passato per aver favorito la latitanza di un mafioso.
Se dai politici si passa ai dipendenti la musica non cambia tanto. Ma questo lo vedremo domani. Anzi: avrò necessità di “spacchettare” gli articoli, talmente tanta è la mole di materiale.
1 – to be continued