Il figlio del bosso pentito Antonino Belnome da trucidare con la motosega: niente di personale, questione di affari al Nord!

Leggere le ordinanze è educativo. Perché si scoprono (anche) profili raccapriccianti che – veri o presunti che siano – testimoniano la “delicatezza” con la quale si muovono le cosche mafiose.

Mi riferisco in particolare alla lettura delle 717 pagine con le quali la Dda di Catanzaro due settimane fa ha inferto un duro colpo alla cosca Giampà di Lamezia Terme con l’Operazione Medusa.

Nessuna pietà quando ci sono i mezzo gli affari che – in questo caso specifico – sono al Nord (ovvio).

Gli inquirenti scrivono – ad un certo punto – che Cappello conosce Belnome nel carcere di Vigevano (Pavia). Qui lo stesso Cappello dimostrava tutto il suo disprezzo verso Belnome che aveva deciso di collaborare con la giustizia, tanto che manifesta l'intenzione di tagliare in due con una motosega il figlio di Belnome non appena avesse compiuto il 18° anno d'età.

Anche Saverio Cappello ha riferito del summit tenuto in Calabria per sancire una tregua tra Stagno e Belnome a cui parteciparono per la cosca Giampà Aldo Notarianni e Vincenzo Bonaddio ed erano presenti esponenti della cosca Mancuso come Luni Mancuso e della famiglia Gallace (in particolare Vincenzo Gallace).

Il motivo dell'astio tra i due era riconducibile ad un'estorsione posta in essere da Stagno a danno di una grossa concessionaria di proprietà di persone originarie della zona di Vibo, ma ubicata a Giussano: l’estorsione fu "chiusa" grazie all'intervento di un sindaco (sigh!) e del fratello, che erano intervenuti in quanto lo stesso titolare della concessionaria li aveva interpellati all'indomani dell'atto intimidatorio, che era stato fatto da Stagno presso la sua abitazione con una bottiglietta incendiaria. Belnome lamentava il fatto che Stagno non aveva provveduto a dare una quota di quell'estorsione a Cristello.

Bonaddio secondo gli inquirenti non voleva che affiliati della cosca salissero al nord in quanto già, a parer suo, vi erano altri problemi nel territorio lametino ed anche perché non essendo Bonaddio interessato al traffico di stupefacenti, per lui non vi era alcunché di redditizio nel rischioso invio di affiliati al nord.

In conclusione, anche dalle risultanze dell’informativa dei Carabinieri di Seregno,

emerge che nell'arco di tempo preso in esame ci siano state più riunioni in Calabria a cui hanno partecipato sicuramente Antonino Belnome, Antonio Stagno, gli esponenti della cosca Giampà, tra cui Giuseppe Giampà, Aldo Notarianni e Saverio Cappello. Tali incontri sarebbero stati organizzati per chiarire la questione del denaro, frutto dei proventi illeciti e "le carrette", cioè l'astio venutosi a creare tra Belnome da una parte e Antonio Stagno dall'altra, per questioni attinenti a proventi estorsivi raccolti autonomamente al Nord da Stagno, senza rendere conto a Belnome. Evidentemente, le versioni e le "ragioni" esposte da Belnome avevano avuto la meglio su quelle esposte da Antonio Stagno e perciò quest'ultimo, ritenendo taluno responsabile di aver mediato gli incontri di Antonino Belnome, in chiara antitesi con Stagno, aveva "condannato a morte" il presunto responsabile.

7- to be continued (le prime cinque puntate sono state pubblicate il 2, 3, 5, 9, 10 e 18 luglio)

r.galullo@ilsole24ore.com

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