Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri non è certo uno che le manda a dire. Da piccolo, a scuola a Locri, come vicini di banco aveva persone che avrebbero fatto una gran carriera. Sì ma nella ‘ndrangheta.
Figuriamoci, dunque, se ha paura di dire quello che pensa (soprattutto quando è libero da condizionamenti ben superiori a quelli delle cosche militari). E quello che pensa sul tema dell’informatizzazione della Giustizia lo ha detto 10 giorni fa nel corso di una giornata di lavoro organizzata dalla Provincia nell’ambito della seconda Festa della legalità a Reggio Emilia (rimando ai miei post del 22 e 23 maggio).
Per spiegarsi – bene – con un esempio relativo alla follia delle spese nella amministrazione della Giustizia, Gratteri ha citato l’esempio della notifica di avviso di fine indagine. “In media – ha detto il pm – in Calabria spediamo una settantina di avvisi per avvisare gli avvocati degli indagati della fine delle indagini a loro carico”. Ma dico io! (Per chi non conoscesse Gratteri, sappia che è una sua tipica espressione). “Ma dico io – esplode di fronte a una platea di giovanissimi e giovanissime che lo ascoltano – ma perché non farlo con la posta certificata! E invece no, devo notificare con i messi giudiziari che magari sono ciechi da un occhio, non ci vedono bene e sbagliano indirizzo. E così, magari, facciamo uscire il detenuto dal carcere per decorrenza dei termini e tanti saluti”.
E poi ha continuato con altri esempi. “Il potere – ha sbottato – l’informatica negli uffici giudiziari e nell’amministrazione della Giustizia non la vuole proprio per poter così gestire il proprio potere. Volete un altro esempio? Un’ordinanza in media costa in Calabria tra i 30 e 40 mila euro di spese vive. La notifica della stessa agli avvocati degli indagati costa tra i 3 e i 4 mila euro. Ma perché fare fotocopie su fotocopie quando basterebbe una mail certificata? L’avvocato dell’indagato ha pagato i diritti di segreteria? Bene: basta che me lo dimostra, sempre per via telematica e io, con un clic, gli mando l’ordinanza. Per fare queste modifiche al codice di procedura penale ci vogliono due operatori del diritto e non fior di commissioni parlamentari. Con queste e altre modifiche che abbiamo studiato con lo studioso di mafie internazionali Antonio Nicaso e già rese pubbliche i tempi del processo si possono abbattere fino al 60%. Bastano dieci modifiche, non di più. E le abbiamo già elencate tutte”.
A presto cari lettori, con una “chicca” (sempre by Gratteri) che non farà piacere alla casta dei magistrati.
3 – to be continued (le precedenti puntate sono state pubblicate il 21 e 22 maggio)
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