Questo mio articolo è stato pubblicato la scorsa settimana sul Sole-24 Ore. Lo ripropongo per quanti non hanno potuto leggerlo sul quotidiano
Sasso, forbice, carta: mai come al Tribunale di Lamezia Terme (Catanzaro) si addice il gioco della morra cinese.
Il sasso è quello che ha gettato il Governo nello stagno dei Tribunali cosiddetti “minori” con la legge 148/2011. La forbice è quella che dovrebbe tagliarli (il numero presunto, sulla base di alcuni criteri, è di 37) e la carta è la lista che Esecutivo e ministeri della Giustizia e dell’Interno stanno analizzando prima di procedere ad una sforbiciata che è sacrosanta al fine di migliorare efficienza, efficacia e risparmiare sui costi. “Non è possibile che in Piemonte ci sia un Tribunale ogni 20 Km di autostrada – denuncia il pm calabrese Nicola Gratteri – e che al sud ci siano Ttribunali che curano 27 fascicoli all’anno”.
Nella lista c’è (ci sarebbe) anche Lamezia Terme e agli avvocati e al Csm appare un azzardo eliminare il presidio giudiziario. Non è un caso, dunque, che in questi giorni fervano le trattative per indurre il Governo a depennare dall’elenco il Tribunale della terza città per numero di abitanti della Calabria (71mila). Il pesantissimo carico giudiziario ricadrebbe in gran parte sugli uffici di Catanzaro, già oberati da una mole di lavoro straordinaria.
Il primo a muoversi è stato il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Lamezia attraverso una lunga analisi firmata dal presidente Gianfranco Barbieri che ricorda come Lamezia conti circa 60 omicidi all’anno, abbia ben sei cosche conclamate e sia la seconda città, dopo Milano, per numero di beni sequestrati. I criteri di soppressione previsti, si legge nella lettera dell’8 maggio spedita al Governo, non prendono in considerazione proprio il “tasso di criminalità organizzata, il cui impatto è pervasivo, con il rischio di un ulteriore aggravamento con la soppressione del presidio giudiziario”. E’ vero che i fascicoli targati “criminalità organizzata” passano comunque alla competenza della Dda di Catanzaro ma è anche vero, dice Barbieri, “che comunque partono da Lamezia e che il resto dei reati commessi nell’area è (quasi) sempre e comunque riconducibile alle cosche” che qui fanno il bello e il cattivo tempo. Oltretutto gli altri Tribunali “minori” impegnati direttamente nel contrasto al crimine organizzato – da Locri a Palmi passando per Marsala, Gela, Nola, Torre Annunziata, Nocera Inferiore e Barcellona Pozzo di Gotto – sono (sembrano) tutti al riparo dalla forbice.
Va sottolineato che per l’ex capo della Procura della Repubblica di Lamezia, Salvatore Vitello, ora nell’ufficio di Gabinetto del ministro della Giustizia Paola Severino, in città “gli ‘ndranghetisti sono almeno tremila e ci sono famiglie mafiose con almeno 200 consanguinei”. A queste stime della Procura vanno aggiunte 10mila persone organiche alla zona grigia: professionisti, amministratori e funzionari pubblici collusi e imprenditori o commercianti prestanome. “In poche parole – dichiarò Vitello – circa il 18% dei residenti vive direttamente o indirettamente a braccetto delle cosche” (si veda il Sole-24 Ore del 24 giugno 2011).
Al di là del tasso di presenza mafiosa, c’è un altro aspetto che rischia di complicare la scelta, visto che nel ‘94 (e successivamente in una relazione sullo stato della giustizia spedita al Parlamento nel ’96) una risoluzione ed una conseguente determinazione del Consiglio superiore della magistratura (Csm) dichiararono “insopprimibili, tra le sedi infraprovinciali, in quanto collocati in zone ad alto tasso di criminalità organizzata” alcuni tribunali tra i quali proprio Lamezia Terme (tutti gli altri non correrebbero, come scritto, rischi).
Le diplomazie lametine e romane stanno muovendo i propri pedoni sulle scacchiere, nella speranza che l’unica a ricevere scacco matto sia la ‘ndrangheta che, mai come in questo momento, sta sperando che il Tribunale venga soppresso.
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