Il giorno dopo l’uscita del Rapporto Calabria, allegato al Sole-24 Ore di mercoledì 28 marzo, la Segreteria generale della Cgil Calabria, mi ha spedito una graditissima lettera con la quale Massimo Covello interviene sulle vicende della portualità calabrese (che ho affrontato con alcuni ampi servizi).
Un contributo al dibattito davvero utile che – spero – prosegua.
Buona lettura
Egregio dott. Galullo,
la portualità calabrese non è stata pensata ne lo è tutt'ora come sistema. Per questo si presenta oggi, nel suo complesso, come dequalificata, non attrattiva, governata male, improduttiva.
Essa si è consolidata più che per una programmazione politica e pianificazione territoriale regionale, per “accumulo dal basso” in alcuni casi di successo, nella maggior parte fallimentari, con una tendenza quantitativa preoccupante.
Oggi il sistema portuale calabrese è costituito da una serie di porti/approdi di diverse dimensioni e funzioni distribuiti – senza nessuna logica – lungo i circa 740 km di costa della Regione.
Perfino i sei porti più importanti per storia dimensione e capacità: Gioia Tauro, Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Vibo Valentia, Crotone, e Corigliano, non hanno una “governance” unitaria e coordinata.
Senza parlare di Gioia Tauro che per mille ragioni fa storia a se nel bene e nel male. E tenendo conto che quello di Villa San Giovanni e Reggio Calabria svolgono una funzione fondamentale di collegamento con la Sicilia, gli altri 4 vengono comunemente definiti come porti commerciali.
Tutti gli altri hanno una funzione di prevalente natura turistico/peschereccio.
La constatazione più logica e semplice è che allo stato esiste una inadeguata se non del tutto assente politica di valorizzazione dei porti regionali esistenti e dei servizi di trasporto marittimo in generale.
Tra i porti commerciali, alcuni di essi, pur presentando adeguate caratteristiche strutturali e infrastrutturali, sono fortemente penalizzati dalla carenza di servizi e di connessioni intermodali che ne annullano le potenzialità (vedi Vibo Valentia e Crotone).
Clamoroso è poi il caso di Corigliano le cui potenzialità logistiche e caratteristiche infrastrutturali sono da oltre 20 anni mortificate, come si può constatare per scarsezza di traffici e svilimento operativo.
Tutti gli altri porti si caratterizzano fondamentalmente:
– per la scarsissima specializzazione funzionale (si veda la funzione turistica);
– scarsa dotazione di attrezzature e servizi di supporto alla nautica da diporto e di posti barca a terra;
– assoluta assenza di integrazione intermodale dei sistemi di mobilità e di integrazione “urbana”;
– totale dequalificazione dei servizi materiali ed immateriali.
Per cui si conferma un paradosso: pur avendo una estensione delle coste tra le più grandi d'Italia, la Calabria, con i suoi 24/26 porti, possiede un numero di porti turistici qualificati sul piano dei servizi estremamente esiguo, mentre la maggior parte è non adeguato a rispondere alle esigenze dei diportisti è può svolgere tutto al più la funzione di parcheggio.
Se è positivo il lavoro dell'assessorato all'Urbanistica della Regione, di definizione di un masterplan per lo sviluppo della portualità regionale, miope e assolutamente sbagliata, tra l'altro incoerente con le stesse valutazioni in esso contenute, è la scelta compiuta dalla giunta regionale di continuare ad assecondare spinte verso la costruzione di nuovi porti, addirittura se ne ipotizzano altri 22 porti, e non concentrare invece la sua politica, le scarse risorse disponibili, soprattutto comunitarie, e la programmazione degli investimenti proprio nell'adeguamento e nella qualificazione dei servizi nelle strutture esistenti.
Tant'è che lungi dal determinare, in assoluta priorità, una “governance” regionale, si continua ad alimentare una visione quantitativa e non qualitativa della portualità.
Noi è da tempo che proponiamo di definire una unificazione regionale dell'Autorità portuale strutturando una “Autorità Calabrese” in grado di garantire una governance unica e integrata, da supportare con adeguate politiche regionali, dentro una visione nazionale e mediterranea.
In questo ambito vanno risolte antiche e precarie gestioni dei porti in cui, come per altri servizi, si accumulano livelli di irresponsabilità, conflittualità, equivoci rapporti pubblico/privati, anche con pericoli di infiltrazioni criminali: si veda solo come esempio l'annosa questione del Canale degli Stombi ai Laghi di Sibari.
Proponiamo inoltre di definire un piano per l'occupazione finalizzato all’organica funzionalità del sistema portuale calabrese, attraverso la programmazione di vere e proprie piante organiche dei porti e i relativi percorsi professionali e formativi da realizzare attraverso delle conferenze di servizio con cui coinvolgere tutti i soggetti interessati: Istituzionali, economici, sociali anche per ripristinare il controllo pubblico sull'uso del lavoro e delle aree.
Proprio quello del lavoro è sempre stata una delle questioni più deficitarie del sistema, immaginando che tutto si risolvesse solo nella “costruzione del porto”.
Proponiamo ancora di dotare i porti commerciali, a partire da quelli di Crotone e Corigliano, di tutte le strutture di servizio materiali ed immateriali oggi assenti. Cosi come deve essere fatto per tutti gli altri porti.
L’intesa generale quadro per i Porti nel Pon “reti per la mobilità” a sostegno della portualità statale – oltre Gioia Tauro – prevedeva per Crotone 46 milioni nazionali e 23 circa dal Fesr; per Corigliano 23 milioni a valere sul Fesr e per Vibo Valentia 20 milioni a valere sul Fesr.
Si tratterebbe di capire quante di queste risorse sono confermate e soprattutto mobilitate, eventualmente accelerandone la cantierizzazione.
Distinti saluti
Massimo Covello
Segreteria regionale Cgil Calabria
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