Il Gip di Pavia Anna Maria Oddone il 10 febbraio ha archiviato la querela per diffamazione di Pino Neri (presunto boss di ‘ndrangheta in Lombardia, arrestato il 13 luglio 2010 nell’ambito dell’operazione Il Crimine e attualmente ai domiciliari a Pavia per il suo precario stato di salute) contro Roberto Saviano.
Prima di illustrarvi i contenuti del decreto di archiviazione, premetto quattro cose: 1) mi trovo a profondo disagio di fronte alle querele, che ritengo uno strumento pericolosissimo per la libertà di stampa. Spesso intimidatorio. Credo che questo istituto giuridico – che porta moltissime volte ad azioni temerarie – debba essere profondamente rivisto; 2) nutro nei confronti di Saviano profonda stima; 3) non so neppure che faccia abbia Pino Neri; 4) sarebbe ora che il filone più importante dell’inchiesta Il Crimine, in corso a Milano e in cui anche Neri è rinviato a giudizio, svolga rapidamente il suo corso. Tanto si deve al popolo italiano (che due anni fa è stato investito da un ciclone giudiziario che, passato il vento, tanto a Milano quanto a Reggio Calabria sta lasciando sul campo qualche pesciolino e nessun pesce grosso). E tanto si deve anche ad alcuni imputati (Carlo Chiriaco e lo stesso Neri a esempio) che saranno anche i più grandi delinquenti del mondo (spetterà ai giudici stabilirlo ra-pi-da-men-te) ma versano in condizioni di salute estreme. Il carcere (sia pure sotto forma di restrizione ai domiciliari) non deve e non può, infatti, rappresentare una forma di pena preventiva (e psicofisicamente aggiuntiva) per chi ha una salute a dir poco precaria. So che i giustizialisti mi impaleranno ma me ne fotto.
Ciò premesso, questo decreto di archiviazione – visti i personaggi saliti negli anni, volenti (Saviano) o nolenti (Neri), agli onori e ai disonori della cronaca – è degno di essere analizzato senza per questo contestare il fatto che Saviano non abbia diffamato Neri, come concludono pm e giudice.
Le mie – vedrete – sono riflessioni generali su ruoli, figure, conclusioni logiche e facilonerie mediatiche.
IL DECRETO DI ARCHIVIAZIONE
Il Gip Oddone ha respinto l’opposizione al decreto di archiviazione, già disposta dal pm Paolo Mazza e ha dunque sostanzialmente posto la parola fine ad un contenzioso che si era aperto quando lo scrittore campano, nel corso della trasmissione “Vieniviaconme”, il 15 novembre 2010 affermò che "il sogno di Pino Neri, il nuovo capo che deve rimettere a posto le cose in Lombardia è di indebolire sempre più la Calabria e fare della Lombardia l'unico vero centro che governa l'internazionale del narcotraffico" e che " .. l'organizzazione, come al Sud, cerca il potere della politica e la 'ndrangheta anche al Nord cerca il potere della politica, cerca di interloquire con il potere della politica e al Nord interloquisce, lo dimostra l'inchiesta, con la Lega. Incontra Pino Neri, un consigliere della Lega Lombarda, non indagato e non arrestato, questo consigliere Pino Neri lo incontra… un favore… Gli chiede un favore in cambio… Un favore politico! Loro hanno bisogno di arrivare ovunque!" .
Per il Gip e, prima ancora per il pm, Saviano si è mosso nell’ambito della “critica politica” e, segnatamente, il ruolo di vertice nella gerarchia mafiosa lombarda assegnato a Neri giustifica la deduzione “secondo la quale egli intendeva attivarsi affinchè tale Regione, che è una delle più ricche d'Italia, diventasse il centro del narcotraffico internazionale, essendo fatto notorio che una delle attività principali della 'ndrangheta è proprio tale genere di commercio”.
A rischio di sbagliare e di andare controcorrente della massa mediatica pecoreccia e pur rispettando la decisione del Gip e del pm Paolo Mazza, del quale il Gip ha pressoché totalmente recepito le argomentazioni, mi domando come si possa assegnare il ruolo di vertice (boss, cioè capo) di una mafia (in Lombardia ma in qualunque altro posto d’Italia) ad un indagato prima ancora che si svolga il processo e che quest’ultimo giunga a conclusione con sentenza passata in giudicato.
E – si badi bene – questo al netto del fatto che credere che i veri vertici della ‘ndrangheta possano essere un consulente tributario e la sua cerchia di sodali fa ridere (l’ho dichiarato a ottobre 2011 nella trasmissione “TargatoPv“ di TelePavia e dunque chiunque vuole può verificare che la mia linea di pensiero è sempre coerente). Io non so se Pino Neri, Cosimo Barranca, Carlo Chiriaco e la loro cerchia di sodali siano innocenti o colpevoli dei reati loro ascritti e/o siano ‘ndranghetisti o meno ma credere che la ‘ndrangheta in Lombardia possa reggersi senza la regia (ergo il vertice della cupola dove siedono i veri boss, i veri capi) di politici, pezzi deviati dello Stato, massoneria deviata e professionisti di altissimo profilo, a partire da menti finanziarie, è profondamente sbagliato.
Vedete: se è vero (come è vero) che la ‘ndrangheta riproduce fuori dai propri confini regionali lo stesso identico schema applicato nella casa madre (cioè la Calabria) vuol dire necessariamente che le tessere che compongono il puzzle sono le stesse. Identiche. Ovunque. Spero dunque che si vada ben oltre – in Calabria, Lombardia e tutta Italia – la “manovalanza” del crimine senza affibiare il ruolo di boss a Tizio o Caio prima che si sia compiutamente svolto un processo fino all’eventuale terzo grado di giudizio e senza comunque, onestamente, riferire ai propri lettori, radio o telespettatori che le eventuali condanne definitive a Tizio, Caio e Sempronio non sono né l’inizio né la fine della cupola mafiosa che governa una città, un territorio, una regione o una nazione.
Si veda – tanto per fare un esempio per il quale ho ricevuto valanghe di insulti da parte della magistratura meno attenta alla vera mafia, quella fatta da almeno 40 anni di colletti bianchi – che fine ha fatto l’assegnazione dell’appellativo di “capo dei capi” a Don Mico Oppedisano. Per mesi e mesi – subito dopo l’operazione “Il Crimine” del 13 luglio 2010 – ho scritto che avevano portato in cella un ottantenne venditore di meloni che, al massimo, poteva rappresentare l’emblema della persona che si diverte a giocare con riti, santini e bruciacchiature in quel del Santuario di Polsi. Ebbene due anni dopo – dico e ripeto: due anni dopo – il pm della Dna Carlo Caponcello nella sua relazione al capo della Procura nazionale antimafia Piero Grasso è giunto alle stesse identiche conclusioni (si veda in archivio il mio post dell’8 febbraio 2012). Quella lettura, che sconfessa due anni di campagne mediatiche a tamburo svolte dai pavidi reggicoda della discutibile Procu
ra reggina, sarebbe passata inosservata se un rompicoglioni che non guarda in faccia a nessuno, come chi scrive in questo momento, non ne avesse dato notizia.
Ricordo – infine – che la Procura di Milano ha già incassato un duro colpo: il 12 ottobre il Tribunale di Pavia ha assolto l’ex assessore comunale del Comune di Pavia Pietro Trivi e l’ex direttore sanitario della Asl di Pavia Carlo Chiriaco dall’accusa di corruzione elettorale. Il fatto – l’aver comprato voti per una manciata di euro – semplicemente non sussiste. Si chiude così con una netta sconfitta per l’accusa questo filone che erroneamente è stato da taluno ritenuto secondario (si veda in archivio il mio post del 17 ottobre).
Il Gip Oddone osserva, inoltre, che l'intendimento attribuito da Saviano a Neri di voler indebolire in tale attività la Calabria a favore della Lombardia appare privo di qualsiasi contenuto diffamatorio, così come l’affermazione che la persona offesa abbia incontrato un consigliere regionale, al fine di chiedere dei favori politici, non risulta diffamatoria. Lo stesso Neri, infatti, scrive il Gip, ammette di avere incontrato un consigliere regionale (per la cronaca Angelo Ciocca) per illustrargli i termini di una compravendita immobiliare. “Può costituire logica deduzione che egli abbia cercato un contatto con il mondo della politica per finalità utili agli scopi del sodalizio criminoso cui appartiene – si legge nel decreto – pur potendo il politico interpellato essere all'oscuro di tale appartenenza; non è infatti agevole tenere distinta l'attività professionale lecita (che il signor Neri sostiene di svolgere quale consulente tributario) di un presunto appartenente a un'associazione mafiosa con quella illecita alla quale egli è dedito”.
Mi domando come parlare di una compravendita immobiliare possa rappresentare “una logica deduzione” del contatto con la politica a fini diversi da quelli leciti. Mi domando se una persona come Neri – che personalmente non ho mai conosciuto ma che vive a Pavia da una vita – abbia bisogno di parlare dell’acquisto o della vendita di una casa per incontrare un politico (oltretutto di casa nel Pavese) e da li imbastire una tresca dai risvolti oscuri. Magari sì, magari no ma di qui a farne una “logica deduzione”….
Lieto di ospitare il pensiero di chiunque voglia intervenire e aggiungere riflessioni a riflessioni. La verità, sia però ben chiaro, non è di questo mondo.
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