Altro che sinergie: a Milano le Forze dell’ordine si fanno la guerra anziché farla ai mafiosi – Parola del pm Pomarici

A Milano e in Lombardia le mafie prosperano e vegetano allegramente. Gli unici a negarlo sono i politici

Le audizioni in Commissione antimafia (riportate nella relazione della Commissione antimafia di cui sto scrivendo da giorni e per questo rimando ai post in archivio del 26, 27 e 31 gennaio) delle autorità di contrasto, riferiscono di un ventaglio di attività di riciclaggio che copre ormai gran parte delle attività produttive: si va da attività tradizionalmente controllate dalle mafie come il settore edilizio e le attività connesse (movimento terra; scavi; trasporto dei materiali di scavo) o il settore degli appalti pubblici, in particolare quelli concessi da Comuni dell'hinterland milanese; al settore immobiliare, dove ai capitali mafiosi italiani si sommano ingenti capitali russi e cinesi di provenienza sospetta; al settore delle forniture di prodotti alimentari, in particolare ortofrutticoli (il mercato ortofrutticolo è tradizionale dominio della famigerata 'ndrina Morabito-Bruzzaniti-Palamara di Africo); al settore dei locali pubblici (sale giochi, bar, locali di ristorazione) e dei locali notturni, con i servizi connessi (in particolare, quelli di sicurezza); al campo dei servizi alle imprese e al commercio, quali facchinaggio, pulizia e trasporti; alle frodi nei finanziamenti pubblici nazionali e comunitari; alle attività connesse ai generi di lusso (noleggio di barche ed autovetture, compravendita di opere d'arte, ecc.).

Il quadro d'insieme è quello di mafie pronte ad investire su ogni settore utile e pronte a selezionare anche nuove attività, sulle quali minori siano i controlli preventivi e le attività di repressione, fino ad arrivare ad influenzare le quotazioni dei titoli in borsa. Si pensi alla Operazione Texada della Procura della Repubblica di Milano e del Nucleo di polizia tributaria della Guardi di Finanza milanese, del febbraio 2010, con la quale è stata ipotizzata l'esistenza di un'associazione a delinquere finalizzata all'insider trading e all'aggiotaggio (con l'aggravante della transnazionalità), che coinvolgeva anche promotori finanziari e dipendenti di società di intermediazione mobiliare (Sim) operanti su mercati regolamentati italiani o stranieri, i quali hanno manipolato per anni, attraverso informazioni privilegiate o false, l'andamento del titolo Infinex Ventures Inc., quotato all'Over the counter della Borsa statunitense e al mercato regolamentato di Brema e Berlino, per favorire i fratelli Roberto e Anthony Papalia, calabresi e soci della Infinex, collegati al boss italo-candese Vito Rizzuto.

Di fronte a questo quadro da tregenda – quando la politica, incluso questo Governo, se ne accorgerà, sarà sempre troppo tardi – rischiano di passare in secondo piano le analisi di Ferdinando Pomarici, che è stato per 11 anni e fino alla fine del 2009, coordinatore della Direzione distrettuale antimafia di Milano. Analisi su aspetti – positivi e negativi – direttamente attinenti all'attività operativa.

Partiamo con gli aspetti negativi. Pomarici ha segnalato alla Commissione parlamentare antimafia che anche a Milano si verifica una circostanza ormai assai comune in molte parti d’Italia, ossia che i reparti della Forze dell'ordine sembrano muoversi senza un coordinamento centrale, con la spinta a raggiungere numeri statistici minimi in materia di arresti e sequestri, che porta i reparti, anche all'interno della stessa Forza di polizia, ad accavallarsi e ad intralciarsi, ad essere in competizione tra di loro; e che porta, allo stesso tempo, anche i reparti specializzati nella lotta al crimine organizzato ad avere risultati di basso profilo ma di immediata valutazione numerica, per poter mantenere statistiche omogenee rispetto agli altri reparti territoriali.

E ora veniamo agli aspetti positivi che – mi vien da dire incredibilmente – giungono a fronte di questa evidente inefficienza organizzativa. Pomarici ha infatti messo in evidenza un'efficienza di sistema nella materia delle misure di prevenzione, in cui la Procura milanese riesce ad ottenere un altissimo numero di confische rispetto alle richieste, anche adeguandosi alla giurisprudenza concreta della Sezione “misure di prevenzione” del Tribunale. Gli stessi concetti di efficienza sono stati resi alla Commissione antimafia da Alberto Nosenzo (in servizio presso il Tribunale di Milano – Sezione “Misure di prevenzione”), che ha segnalato come il 95% dei procedimenti di prevenzione si concludano, in primo grado, in meno di un anno (per l'intero procedimento, fino al giudizio di Cassazione, il magistrato ha parlato di un tempo medio di tre anni), con una tempistica ridotta di 5 o 6 volte rispetto ai tempi medi nazionali.

Miracoli a Milano!

A presto con un nuovo approfondimento.

r.galullo@ilsole24ore.com

5 – to be continued (le prime puntate sono state pubblicate il 26, 27 e 31 gennaio)

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  • Stefano Rossi |

    Caro Dott. Galullo,
    è dai tempo di Black Hole, Piedi d’Argilla e delle “caciotte molisane”, che a suo tempo le segnalai, che non seguivo più i suoi articoli.
    Noto con piacere un rinnovato interessamento verso la Regione Molise che anche in questa occasione ha dato “grande” prova di sé.
    Un saluto

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