La più grande banca italiana è virtuale: si chiama mafia. Da sola, ogni anno, può contare su una liquidità di 65 miliardi, al netto delle spese per l’acquisto delle materie prime, i servizi, il personale, la latitanza e gli imprevisti che hanno una propria voce negli accantonamenti di bilancio. Sessantacinque miliardi di utile, solo per avere un termine di paragone, sono circa 25 miliardi in più dell’ultima manovra finanziaria targata Monti.
E’ il dato più nuovo e preoccupante stimato dal XIII Rapporto Sos Impresa di Confesercenti, presentato martedì 10 gennaio a Roma. “Temiamo sempre di più, anche alla luce dei segnali che stiamo cogliendo ultimamente – spiega al Sole 24 Ore il presidente Lino Busà – che alcune imprese in difficoltà possano essere attratte da tanta liquidità e pensare di risolvere così i propri problemi in tempi di crisi. E’ un aspetto inquietante che dovrebbe diventare un punto fermo nell’agenda di ogni Governo”.
Del resto il peso della criminalità mafiosa – racket, pizzo ed usura – che incide direttamente sul mondo dell’impresa da solo sfiora i 100 miliardi (sui complessivi 138 che fattura annualmente la Mafia spa), pari a circa il 7% del Pil nazionale. Una massa enorme di denaro che passa quotidianamente dalle tasche dei commercianti e degli imprenditori a quelle dei mafiosi. Le imprese subiscono 1300 reati al giorno, praticamente 50 all’ora, quasi un reato ogni minuto.
La pressione delle mafie sul mondo dell’impresa è camaleontica: si adatta all’evoluzione (o involuzione dell’economia) ed è in grado di proporre una scala di modelli. Oggi la criminalità organizzata e mafiosa, pur non tralasciando la pratica del pizzo, entra nell’impresa con faccendieri, intermediari, pseudo imprenditori che offrono merci rubate o contraffatte, impongono acquisti, vendono gadget inutili quanto costosi. Chiedere il pizzo è diventato, infatti, sempre più pericoloso: aumenta la propensione alla denuncia e alla collaborazione, intensifica l’attività delle Forze dell’ordine. “I clan sono in difficoltà con i pagamenti degli stipendi e allora i picciotti si sono riciclati e hanno aperto partita Iva – spiega Marco Venturi, presidente nazionale di Confesercenti – e sostanzialmente non siamo di fronte solo alle classiche aggressioni della mafia alle imprese, ma a una mafia che si fa impresa”.
Gli esempi si sprecano. Nel settore ortofrutticolo, negli ultimi mesi, sono state sequestrate 79 aziende di autotrasporto, 291 per la produzione e la commercializzazione. Va poi aggiunto il sovrapprezzo per il monopolio del trasporto su gomma, del packaging e altro. “Numeri che danno la dimensione del condizionamento della filiera agroalimentare in un settore strategico del sistema Italia – continua Venturi – e se l’ortofrutta è un settore tradizionale di infiltrazioni mafiose, altrettanto preoccupante è l’aggressione al comparto turistico e alberghiero”. Recenti indagini giudiziarie hanno portato alla luce, soprattutto in Calabria e in Sicilia, il sequestro di grandi villaggi turistici e complessi alberghieri di lusso che mettono in luce attività collusive tra imprenditoria mafiosa e amministrazioni locali, il più delle volte in spregio alle stesse risorse ambientali e turistiche.
L’usura è tornata a essere un’emergenza nazionale, alimentata da una crisi economica che costringe alla chiusura 50 aziende al giorno e che ha bruciato, solo nel 2011, 130mila posti di lavoro. A conferma il trend dei fallimenti, che ha subito una forte accelerazione: + 16,6% nel 2008, + 26,6% nel 2009, + 46% nel primo trimestre del 2010. Mentre l’indebitamento medio per impresa è di circa 180mila euro, cresciuto negli ultimi 10 anni del 93%.
Sono oltre 200.000 i commercianti colpiti dall’usura, per un giro d’affari che sfiora 20 miliardi. Milano e il Nordest sono le aree più penalizzate, con le banche che tendono a restringere il rubinetto dei finanziamenti e a chiedere rientri immediati dei fidi, mentre i mafiosi sono gli unici a girare con le borse pieni di soldi. “Soldi sporchi, ma spesso gli unici circolanti, cui ci si affida per non vedere fallire e chiudere la propria azienda” ricorda Venturi. E qui il cerchio si chiude.
r.galullo@ilsole24ore.com
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