L’8 settembre 2010 i pm di Forlì Marco Forte e Fabio Di Vizio interrogano l’ex ad della Cassa di Risparmio di San Marino, Mario Fantini, scomparso il 22 marzo 2011 (si veda in archivio il post di ieri).
Di Vizio intrattiene rapporti continui con la Procura nazionale antimafia e siccome molte posizioni accese in Carifin risultano quantomeno degne di essere approfondite, il pm prova a sondare Fantini che, come abbiamo visto nel post di ieri, oppone un garbato ma fermo “non conosco le singole posizioni”.
Dopo il nome di Maria Licciardi (si veda il post di ieri con le informazioni aggiuntive pubblicate da un sito sammarinese) Di Vizio tira fuori un altro nome: quello di Nicola Femia, 50 anni, di Marina di Gioiosa Jonica, dove la ‘ndrangheta te la servono anche a colazione, che Di Vizio definisce “ o curto, principe del narcotraffico internazionale dell’eroina per la ‘ndrangheta”. A lui – che per un periodo di tempo è stato al soggiorno obbligato a Santa Maria del Cedro in provincia di Cosenza – sarebbero riconducibili secondo i pm di Forlì alcuni conti e alcune posizioni.
Niente, Fantini nega la conoscenza di qualunque posizione. Di Vizio sembra perdere le staffe: “siccome dite che stiamo pompando tantissimo queste cose…ecco io ho valori che messi assieme sono 40/50 milioni”. Il riferimento, ovviamente, è al complesso dei depositi in “odore di bruciato” e non solo quelli riconducibili a Femia.
Di Vizio cerca anche di dare una mano: “io devo andare in Dna e almeno posso dire…ci ha ragionato (evidentemente riferito a Fantini ndr)… questa situazione non la conosceva ma aveva detto… dategli un’occhiata meglio”. Fantini insiste: “Io non voglio fare lo scaricabarile…lì ci vuole uno che sta li tutti i giorni e che ha rapporti con il cliente…”. Di Vizio sembra spazientirsi ancor di più: “I rapporti li avrà avuti Ghini allora…non è che uno telefonava e diceva i conti li voglio gialli, rossi”.
Niente da fare. E allora ricordiamo chi è per le Procure antimafia Nicola Femia, che di recente viveva e lavora a Sant’Agata sul Santerno, nel ravennate, detto “Rocco” o “il corto” coinvolto in diverse inchieste contro la ‘ndrangheta a partire dalla fine degli anni Novanta e arrestato l’ultima volta nel 2009. Secondo i pm e gli investigatori antimafia, oltre alla descrizione che ne ha fatto Di Vizio che da sola vale un tesoro, sarebbe legato alle ‘ndrine della Locride e avrebbe operato oltre che nel narcotraffico anche nel redditizio settore delle slot machine. Già nel 2003 ecco cosa scriveva la Dia nella relazione relativa al primo semestre 2003: “Il comune di Santa Maria del Cedro vede il predominio della cosca Femia, vicina ai clan camorristici campani, secondo quanto emerso dall’operazione Anje. La compagine criminale gestisce, fra le altre tradizionali attività delittuose, il mercato dei videopoker…Geranio Graziella, moglie del capo Nicola Femia, ha retto le fila dell’organizzazione criminale nel periodo di detenzione del marito. I due sono stati colpiti da un provvedimento restrittivo nell’ambito della citata operazione”.
Fantini comunque ha il tempo di spiegarsi, a modo suo, dopo: “Considerata l’inesistenza dell’adeguata verifica dei clienti nel sistema bancario sammarinese io davo ai miei dipendenti disposizioni di chiedere informazioni sulla clientela. L’approfondimento nei confronti dei clienti era di grado diverso per ciascuno di stessi. Con qualcuno si approfondiva, con qualcuno meno. In Cassa di Risparmio avevamo un ufficio ispettorato che doveva effettuare i controlli. Anche in tempi non sospetti io stavo sul chi vive. In molti casi ho provveduto a far arrestare della gente”.
E qui Di Vizio apre la bocca in un moto di sorpresa e afferma: “Li ha arrestati lei?”. Fantini sta al gioco e risponde: “Ho chiamato la gendarmeria quando arrivavano persone che millantavano conoscenze o appartenenze varie facevamo degli approfondimenti. Quando c’erano delle operazioni che si presentavano male provvedevamo ad attivare gli organi deputati. Ho visto io i gendarmi che lo rincorrevano quello che voleva depositare i soldi della vecchietta e invece era un impostore. Normalmente la verifica della clientela avveniva sulla base di presentazione o di dati di conoscenza empirica. Operavamo comunque in un quadro di assenza di regole che ci consentissero di svolgere questa verifica della clientela. La tracciabilità comunque c’è sempre”.
E qui c’è la risposta di Di Vizio che è un capolavoro: “Sempre è una parola grossa”.
Non perdetevi la puntata di domani.
P.S. Potete acquistare il mio libro: “Vicini di mafia – Storie di società ed economie criminali della porta accanto” online su www.shopping24.ilsole24ore.com con lo sconto del 10% e senza spese di spedizione