Tre ore, 9 minuti e 38 secondi. Tanto dura l’interrogatorio o – se preferite – la dichiarazione spontanea che l’ex ad della Cassa di Risparmio di San Marino, Mario Fantini (scomparso il 22 marzo 2011), terrà a Forlì l’8 settembre 2010.
Le sue deposizioni giungono dopo quelle di Gabriele Gatti (attuale Capitano reggente di cui ho parlato nei post del 20, 21, 22 e 23 dicembre 2011) e di Antonella Mularoni, ancora Segretario di Stato agli esteri della Serenissima (!) Repubblica di San Marino.
Fantini parla di molte cose nell’ambito del doloroso capitolo Delta/Sopaf (di cui vi racconterò nei prossimi giorni) ma verso la fine delle dichiarazioni spontanee, il sostituto procuratore Fabio Di Vizio gli chiede di alcuni conti di Carifin e della loro operatività.
Di Vizio si rivolge a Fantini e gli dice: “Guardi io devo andare in Procura nazionale antimafia a Roma a parlare di alcune di queste operatività e vorrei soffermarmi su quelle più allarmanti”.
Nemmeno il tempo di finire che Fantini lo gela: “Guardi di queste situazioni non ne conosco neanche una”. “Però firmava lei” ribatte Di Vizio. “Avevo il potere di firma. Erano tutte singole aperture per corrispondenza”, controbatte Fantini.
Di Vizio insiste: “C’è una posizione fiduciaria che si chiama …omissis…con tutta una serie di assegni che provengono da istituti di credito campani e laziali con importi al di sotto della soglia di non trasferibilità. Da ultimo il traente è …omissis… per un importo complessivo per solo due anni di 18 milioni, tutto sotto le soglie dell’antiriciclaggio. A un certo punto il direttore operativo dell’ultimo traente, utilizzando un numero di telefonia mobile rumena contatta Gianluca Ghini e da qui emerge un conto presso Carifin riferibile a…omissis…e il direttore operativo predispone il trasferimento dei soldi a favore di un istituto di credito lussemburghese e a maggio vuole chiudere tutti i rapporti con Carifin e i flussi vengono effettivamente movimentati dalla Carifin sa verso istituti lussemburghesi e da lì investiti altrove o in altre operatività”. E tutto questo accade dopo i clamorosi arresti di Fantini & C.
Zero. Fantini rimane sulle sue posizioni: “Non conosco l’operatività delle singole posizioni Carifin S.A. Neanche c’entravo io in Carifin. Le responsabilità son tutte mie ma non conosco le singole posizioni”.
Infastidito, Di Vizio insiste e dice: “compare persino la società…omissis…riferibile a Maria Licciardi. Lei sa chi è Maria Licciardi, cugina di sangue di…con numerosi precedenti penali…”. Fantini non lo sa.
Allora vediamo chi è Maria Licciardi*.
Il 15 giugno 2001 viene dato scacco alla regina della camorra, Maria Licciardi. Latitante da tre anni, era considerata il capo indiscusso della cosiddetta “Alleanza di Secondigliano”. Venne arrestata a Melito con un blitz degli uomini della questura di Napoli, a bordo di un'auto in compagnia di due persone, marito e moglie e, secondo la vulgata, sembra che prima di essere ammanettata abbia detto ai poliziotti: “Prima devo pettinarmi”.
Maria Licciardi era latitante dal giugno ’99 (allora era stata inserita nella lista dei 30 latitanti più pericolosi dal Viminale) quando fu colpita da un provvedimento restrittivo emesso dalla Procura di Napoli per il reato di associazione di stampo mafioso. Per sfuggire alla cattura, si era rifugiata nei Paesi dell'Est. Una meta già familiare al clan: infatti l’altro boss, Pietro Licciardi, fu arrestato nell’allora Cecoslovacchia.
Maria è sorella di Gennaro, ritenuto dagli inquirenti il capo storico della camorra napoletana. Il pentito Carmine Alfieri, altro capo storico della camorra, la indicò proprio come colei che gestiva gli affari del clan dopo la morte del fratello Gennaro (morto in cella nel’ 94).
Il 26 dicembre 2009 Maria torna libera dopo quasi otto anni di carcere.
Il clan Licciardi ha, rispetto agli altri, un’imponente disponibilità economica. Da questo punto di vista rappresentano una delle realtà più forti a Napoli. E lo sanno tutti: le guerre di camorra si vincono con i soldi, indispensabili per assoldare killer, vedette, gregari e per finanziare “tradimenti”. C’è però da ricordare che i vertici del clan Licciardi si trovano quasi tutti in stato di detenzione e il gruppo non sembra riuscire più ad esprimere alcuna forza militare al di fuori della sua storica roccaforte (la Masseria Cardone), dove gestisce il traffico della droga, spingendosi poco oltre tali confini per svolgere attività estorsiva, in particolare in danno di imprese che lavorano nel settore dell’edilizia privata.
Tutte queste cose, a San Marino, Stato-città piccola come Abbiategrasso in provincia di Milano, vale a dire un buco percorribile a piedi in un’ora, non le sapeva nessuno. Ora le sanno e domani conosceranno un’altra storia. Ugualmente sorprendente.
*NOTA SU MARIA LICCIARDI
Il sito www.libertas.sm ha pubblicato alle ore 17 di oggi, 3 gennaio 2012, la seguente nota di cui prendo atto e che volentieri pubblico perchè aggiunge informazioni utili:
"Ebbene? Ebbene quell'8 settembre 2010 avrebbe dovuto essere nella disponibilità del dr. Di Vizio un rapporto della Guardia di Finanza di Forlì, Nucleo Polizia Tributaria, datato 8 giugno 2010, da cui si evince che la Maria Licciardi avente un conto presso la Carifin non è l'ex "capo indiscusso della cosiddetta “Alleanza di Secondigliano”, ma sua cugina.
Ecco il passo del rapporto della Gdf – dopo indagine specifica per il processo in questione – che spiega nel dettaglio il caso.
Da ulteriori accertamenti effettuati per il tramite di altro reparto del Corpo è emerso che la stessa LICCIARDI Maria (da Domenico e da Cardo Assunta) coniugata con Marigliano Giovanni, risulta essere cugina [la sottolineatura è nel rapporto della Gdf, ndr] (in quanto figlie dei fratelli Domenico e Giovanni LICCIARDI entrambi deceduti) di LICCIARDI Maria, (da Giovanni e da Di Napoli Regina) nata a Napoli il 24.03.1951 ed ivi residente in via Trentino n.74 e coniugata con TEGHEMIE' Antonio nato a N
apoli in data 01.02.1946.
Quest'ultima LICCIARDI Maria risulta avere numerosi precedenti penali, tra gli altri, per i reati di associazione di tipo mafioso (concorso) di cui all'art. 416 bis c.p., estorsione (concorso) di cui all'art. 629 c. p. e riciclaggio (concorso) di cui…. eccetera, eccetera".
Prendo atto della nota pubblicata dal sito ww.libertas.sm anche se non sta certo a me sapere se il dottor Di Vizio fosse o meno a conoscenza della nota della Guardia di Finanza. Io mi sono limitato – da cronista – a raccontare la parte del colloquio intercorso l'8 settembre 2010 a Forlì nel quale – cugina o non cugina, omonimia o meno – la Procura di Forlì ha fatto presente di alcune "operatività allarmanti" (testualmente) e in questo ambito, nel colloquio, inserisce anche questo conto riferibile a tal Maria Licciardi di cui chiede conto a Fantini. La Procura fa anche il nome di una società che ho ritenuto opportuno non mettere. E' solo "una" delle posizioni. Altre la Procura ne fa e di un'altra (ma altre ce ne sono) ho parlato nel post pubblicato oggi stesso, 3 gennaio. Faccio presente che io non ero a conoscenza della nota della Gdf e dunque sono lieto di pubblicare la parte di cui dà notizia il sito sammarinese. Non posso che rallegrarmi se – come mi auguro – nessuna posizione risulterà allarmante, come invece la Procura (l'8 settembre 2010, data alla quale fa riferimento il colloquio a Forlì) ritiene (o riteneva). Del resto ho anche riportato la risposta di Fantini che dichiara (e non spetta certo a me confutare le risposte date a un pm) che non aveva alcuna notizia di questi conti. Ad ogni buon grado, faccio notare, a testimonianza della perfetta buona fede che anima il mio lavoro e in attesa degli sviluppi che dovvesero eventualmente giungere anche dal processo, che ho provveduto, correttamente e onestamente, a riportare questa nota che il sito libertas riporta, a modificare il titolo e, conseguentemente, riporterò la quota parte di precisazione anche nel pezzo pubblicato oggi, 3 gennaio, su Nicola Femia.
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