Mafie a San Marino/ Un libro le racconta: la politica fa finta di nulla e il popolo si indigna

Serenissima Repubblica di San Marino. A volte la storia è involontariamente matrigna. Quel “Serenissima”, anteposto alla forma dello Stato di San Marino, stride con la storia contemporanea di questa nazione che l’Italia accoglie nel proprio seno.

Monte Titano. Anche la geografia sa essere involontariamente crudele. L’imponenza e l’estensione di questo rilievo montuoso, esaltate dallo stesso nome, fanno a pugni con il momento storico e sociale di questa Repubblica che agli occhi della comunità internazionale è sempre più piccola. E isolata. E, forse per questo, incattivita.

Guaita, Cesta e Montale. Anche l’architettura, infine, può farsi gioco delle proprie nobili origini. Le tre Torri, che alla Repubblica di San Marino servirono per difendersi dagli attacchi dei Malatesta, nulla ora possono contro gli attacchi delle infiltrazioni mafiose. A partire da quelle nel mondo della finanza, abile, consapevolmente o meno, a ripulire o investire i capitali sporchi delle mafie o di epocali evasioni fiscali. Gli uni quanto le altre, come afferma il procuratore aggiunto della Repubblica di Roma, Giancarlo Capaldo, “attività criminali”. Nulla di nuovo sotto il sole: accade anche in Italia ma ormai, lì, la consapevolezza c’è.

L’arroccamento di gran parte della politica e delle Istituzioni sammarinesi sullo strapiombo del Monte Titano, ottiene il risultato opposto a quello dei padri fondatori. Già in epoca Romana quelle Torri erano un punto privilegiato di avvistamento. Oggi, da quelle altezze, gran parte della politica e delle Istituzioni sammarinesi non riesce a vedere al di là del proprio naso. Anche nelle giornate limpide, quando la natura decide di baciare la Serenissima.

Oggi quell’arroccamento serve solo a rendere più lunga l’agonia dei 32mila abitanti (una piccola città, in fondo, dove tutti conoscono tutto e tutti), anche perché, in quelle moderne torri d’avorio politico, economico e finanziario, la classe dirigente sammarinese continua a vivere con distacco l’aiuto della società civile, che è più lungimirante di chi la governa o l’ha amministrata.

Proprio come in Italia. Anche l’Italia Paese ha profonde radici storiche e culturali. Anch’essa ha un dna di libero pensiero. Anch’essa sa quale prezioso valore sia la libertà ma anche nell’Italia contemporanea i geni della sua civiltà sono stati traditi da una classe dirigente nel migliore dei casi incapace, nel peggiore corrotta e corruttrice. Dalle ceneri di quello che la classe dirigente italiana sta bruciando, cova però una ribellione civile che vede strati sempre più ampi alzare la testa.

Quando i bravi e rigorosi colleghi Antonio Fabbri e David Oddone  mi hanno chiesto di scrivere una prefazione al loro libro “Mafie a San Marino” (ordinabile su www.carlofilippinieditore.com) , che rappresenta uno splendido contributo alla crescita della coscienza del popolo sammarinese, mi è venuto automaticamente questo parallelismo tra Italia e Serenissima. Entrambe hanno un grande passato dietro le spalle ma un futuro strozzato dalle cecità e dalla sordità di chi gran parte di coloro che le guidano. E di chi le ha guidate.

Nel raccontare in questi anni il rapporto tra San Marino e le infiltrazioni mafiose, mi è sembrato di vivere sensazioni già vissute, storie già raccontate. Un déjà vu giornalistico che affonda nella storia italiana quando, per decenni, parlamentari, amministratori pubblici locali, sindacalisti, magistrati, imprenditori, prefetti, finanzieri, giornalisti e persino le gerarchie ecclesiastiche, in poche parole la classe dirigente del Bel Paese, si sono affannati a negare la presenza della mafia sul proprio territorio. A volte negavano persino l’esistenza stessa della criminalità organizzata.

Questo accadeva al Sud, dove le mafie – camorra, ‘ndrangheta, Sacra corona unità, Società, Cosa nostra, stidda – rappresentavano una sponda per il potere politico, per quello imprenditoriale, per quello sindacale e persino per ampi strati di quello ecclesiastico. Ma il Sud, divorato ormai irrimediabilmente dal cancro mafioso ha esportato la mestastasi al Centro e al Nord Italia e oggi, paradossalmente, il settentrione si trova nella stessa condizione in cui si trovava il meridione 50 anni fa: nega, spesso ai più alti livelli, l’esistenza della mafia o, al massimo, afferma che si tratta di qualche mela marcia. Magari nel comune vicino.

In questo gioco di cecità si sono dilettati negli ultimi tempi magistrati, prefetti e buona parte della classe politica. Per non parlare del mondo della finanza e dell’imprenditoria.

Assenza di anticorpi al Nord, chiosa Ivan Lo Bello, straordinario presidente di Confindustria Sicilia che da quella terra ha condotto una battaglia di legalità che ha contagiato molti strati della società civile italiana.

San Marino non fa eccezione. Non è Italia ma, per le reazioni insofferenti, è come se lo fosse. In questi anni mai mi sarei aspettato che le mie inchieste – inappuntabili e scientifiche come la dignità di un giornalista e non di un pennivendolo richiede – anziché essere salutate con favore dalla classe dirigente sammarinese come momento di consapevolezza e informazione, fossero scacciate con fastidio. Un destino comune, del resto, anche a chi ha scritto il libro “Mafie a San Marino”.

A quella cecità della classe dirigente nella sua quasi totalità (le pacche sulle spalle di qualche esponente dei partiti locali sono arrivate solo per marcare una differenza politica e non certo per convinzione) ha fatto da contraltare una vivacità e una presa di coscienza della collettività amministrata commoventi.

Ogni articolo che ho scritto – di cronaca o critico e comunque sempre rispettoso – è stato salutato da decine e decine di commenti, pro o contro, dai quali traspare l’amore dei sammarinesi per la propria terra. Un amore coinvolgente, commovente, che guarda a ogni nefandezza raccontata e a ogni critica rivelata non come un fastidioso ostacolo da ignorare ma come un macigno da rimuovere con orgoglio. La nostra millenaria storia di democrazia e libertà – sembrano dire i sammarinesi quando gratificano dei loro commenti i miei servizi giornalistici – non può essere messa in discussione da chi, le mafie, fanno della libertà e delle democrazia un inutile orpello.

I sammarinesi, come gli italiani che si rivoltano al pensiero unico o gli spagnoli che si indignano per le condizioni in cui vivono o i popoli nordafricani che si ribellano contro le dittature, sembrano dire la stessa cosa: siamo migliori di chi ci governa, ovunque esso sieda. Ve lo dimostriamo con l’unica arma che, per il momento, abbiamo: la parola.

La parola, dunque, scritta od orale, che alla classe dirigente dà fastidio perché è il simbolo vivente della democrazia e l’anima della libertà d’espressione. Quella parola così temuta da chi governa, ora e sempre, diventa il seme della crescita, della coscienza, della responsabilizzazione, del dialogo. Del confronto civile.

Per questo la parola mafia dà fastidio a chi governa. In Italia come a San Marino. Perché destabilizza lo status quo. Perché abbatte quel piedistallo che chi governa crede indistruttibile ma chi viene governato (e non vive di luce riflessa della politica o di preben
de del potere) vede ogni giorno eroso alla base dall’illegalità, dalla corruzione dilagante, dalla mediocrità, dalle reti criminali. Per questo quella stessa parola – scritta od orale, gridata o sussurrata – scuote le mafie più di un’inchiesta giudiziaria. Le mafie sanno che tappare anche un sola bocca o soffocare anche una sola voce che racconta la rivolta contro la loro potenza, conta più di ogni altra cosa.

San Marino ha vissuto – con il colpevole e fondamentale ausilio della parte marcia dell’Italia – per decenni su un piedistallo. Salvo eccezioni, chi governa o chi ha governato la Serenessima a ogni livello – politico, amministrativo, ecclesiastico, finanziario, imprenditoriale – ha creduto e crede che quel piedistallo sia ancora solido e integro.

La realtà è che – in uno Stato così piccolo dove il terziario e la finanza rappresentano il cuore dell’offerta-Paese – le tarme mafiose stanno lavorando e sgranocchiano, secondo dopo secondo, quel che ostacola il proprio cammino.

San Marino – piaccia o non piaccia quel che scrivo – non può andare avanti così. Non può, solo per fare alcuni esempi, arroccarsi su una trasparenza bancaria e finanziaria antidiluviana, non può scandire la propria vita politica con una seduta segreta dietro l’altra, non può vivere con un sistema giudiziario elementare e di base quando l’aggressività delle cosche e dei clan necessitano invece di sistemi di intelligence condivisi e di procedure e strumenti al passo con i tempi (a partire da una Procura antimafia, da una polizia giudiziaria specializzata e da scambi di informazioni immediati e automatiche con il mondo). E quando un’occasione di crescita e di scambio come il transfrontalierato lavorativo diventa oggetto di una guerra tra poveri, è il segno che la misura è colma e che la politica, il sindacato, la Chiesa e gran parte degli attori della vita sociale di un Paese, non sono più in grado di leggere quella realtà che fino a ieri era semplice visto che San Marino viveva quasi sempre fuori dai consessi internazionali.

Per tutto questo spero che la parola scritta dei colleghi, che si sono adoperati in un lavoro complesso e apprezzabile per dar vita a questo libro, diventi terreno di dialogo, di critica e di crescita civile. Diventi, in altre parole, l’ennesimo anello di una catena di risveglio sociale che deve diventare sempre più lunga e coinvolgente. Il loro libro è un atto di amore – non richiesto e per questo ancor più prezioso dono – per San Marino.

La cosa peggiore che possa capitare a questo libro è che possa essere ignorato. Ancora una volta la parola messa nero su bianco vissuta con fastidio celato da indifferenza.

L’indifferenza, si sa, è il maggior disprezzo ma, oggi, è anche il miglior prezzo che si possa offrire al tavolo delle mafie. Sta a noi far saltare il banco. Con la lettura. Con la parola.

r.galullo@ilsole24ore.com

p.s. Invito tutti ad ascoltare la mia trasmissione su Radio 24: “Sotto tiro – Storie di mafia e antimafia”. Ogni giorno dal lunedì al venerdì alle 6.08 circa. Potete anche scaricare le puntate su www.radio24.it. Attendo anche segnalazioni e storie.

p.p.s. Il mio libro “Economia criminale – Storia di capitali sporchi e società inquinate” è ora acquistabile con lo sconto del 15% al costo di 10,97 euro su: www.shopping24.ilsole24ore.com. Basta digitare nella fascia “cerca” il nome del libro e, una volta comparso, acquistarlo

  • Livia Leardini |

    Caro Dott. Galullo,
    ho letto solo ora questo articolo.
    Spero che servirà per zittire chi dice che Lei ha accanimento verso San Marino.
    Lei, nella mia opinione confortata dai suoi scritti, ha accanimento verso tutte le illegalità, la nazione dove avvengono non è di certo un criterio di distinguo.
    Grazie per la sua attenzione verso il nostro Paese.
    Livia

  • Andrea |

    Scrivere o meno sul blog di Galullo non ha nulla a che vedere con l’omertà.
    Io personalmente non mi perdo un articolo ma ritengo che battibeccare sul blog sia efficace come farele formazioni della nazionale al bar.
    Poi caro Pavolo, devi sapere che i sammarinesi sono come le patate: lavorano da sotto!

  • paolo altamura |

    Il problema è che c’è una grossa omertà nel dire le cose. C’è anche paura a scrivere in questo blog. Pensa che ieri al bar parlavano tutti del tuo post e la sera mi aspettavo di trovare decine di commenti e invece nulla. Chi prova a fare la propria parte è un nemico della patria pensa che c’è chi dice che lei e oddone volete male a san marino. Io penso l’esatto contrario e come me la maggior parte della gente. però c’è un però: stiamo tutti zitti per paura di chissà quale ritorsione. Ogni famiglia sammarinese ha almeno un dipendendente nella pubblica amministrazione e si spiega così questo silenzio. Ma se ognuno di noi non fà la nostra parte rimane tutto sempre uguale. Allora grazie ai giornalisti che provano a fare quella pulizia che i nostri politici non fanno.
    paolo

  • De Sade |

    Tutto vero.
    Noto inoltre con piacere che il quotidiano l’Informazione, da un po di tempo a sta parte, si sta comportando come un quotidiano serio.
    Quello che però ancora manca ai sammarinesu è una vera presa di coscienza dei problemi. Quando lo faranno (e manca veramente poco), non ci sarà torre d’avorio che tenga.

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