Ivan Lo Bello (Confindustria) e Giuseppe Sopranzetti (Bankitalia): “L’unico modello per le banche è l’efficienza”

Cari amici di blog sto ragionando da alcuni giorni sul convegno organizzato la scorsa settimana a Caltanissetta dalla Camera di commercio, dal titolo “Criminalità, corruzione, evasione fiscale”. Un convegno splendidamente organizzato anche per merito di Giovanni Di Leo, infaticabile pm della Procura antimafia di Caltanissetta, che con i suoi interventi ha fatto da collante all’intera giornata. Da lui spunti e provocazioni che hanno vivacizzato gli interventi.

Dopo aver raccontato delle relazioni di Roberto Scarpinato, Procuratore generale della città e del capo della Procura Sergio Lari (si veda in archivio il post del 10 maggio), e di Bruno Tinti, per 41 anni procuratore della Repubblica a Torino e Giancarlo Capaldo, procuratore aggiunto della Repubblica a Roma (si veda in archivio il post dell’11 maggio), iniziamo proprio da Di Leo, che ha puntato dritto al mercato. ''Soltanto prendendo spunto dalla mole di aziende, beni, società e denaro sequestrati negli ultimi anni dalla magistratura ed affluiti al Fondo unico giustizia – ha affermato – ci si rende conto che una tale mole di ricchezza, sottratta al mercato lecito e nascosta al fisco, non può non avere effetti distorsivi sul mercato finanziario, immobiliare, del lavoro e dei trasporti. La recente istituzione di un'Agenzia per i beni confiscati non ha risolto il problema, ma è un tentativo di rimediare ad una situazione per la quale l'Azienda del demanio, che prima li gestiva affidandoli ad enti territoriali, non era stata strutturata. Secondo le stime del Governo, i beni sequestrati ammontano a 15 miliardi di euro in poco più di due anni, ma questo dato non tiene conto delle somme sequestrate e confiscate con particolare riferimento ai reati contro la pubblica amministrazione. Ci sono poi le somme proventi della lotta all'evasione fiscale, le cui modalità sono da rivedere totalmente se si considera che la Guardia di finanza e Corte dei conti parlano di danno all'erario per più di 100 miliardi all’anno''.

Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia e motore della legalità non solo sul’isola ma in tutta Italia, ha tracciato un quadro delle differenze – tra il recente passato e oggi – che forse a non tutti gli operatori economici e di mercato sono chiare.

Gli Stati sovrani non gestiscono più la politica monetaria e di bilancio – ha detto Lo Belloche vengono invece gestite dalla Bce. Le due leve che avevano permesso a un pezzo della peggiore classe dirigente quella mostruosa redistribuzione sociale, non ci sono più. Le regioni del Sud non hanno più possibilità di ridistribuire risorse”.

L’analisi di Lo Bello si è poi spostata sul credito, che era già stato oggetto delle durissime critiche di Antonello Montante, responsabile per la legalità di Confindustria nazionale (ne ho scritto sul Sole-24 Ore).

E qui l’analisi è lineare, visto che il presidente di Confindustria Sicilia ha detto chiaramente che le banche devono essere efficienti. Punto. E che la loro efficienza non ha nulla a che fare con le dimensioni territoriali o con l’identificazione regionale dell’istituto o ancora con il capitale pubblico prevalente. “In Germania – ha affermato – molte banche sono regionali e appartengono ai Lander e sono tutto tranne che efficienti. Nessuno si sogna di dire che quel modello di pubblicizzazione sia vincente. Sono poco capitalizzate e hanno puntato sulle operazioni sbagliate. Proviamo a pensare che cosa accadrebbe se la Regione Sicilia controllasse una banca. Sarebbe lo sfascio e dunque, piccolo o grande, pubblico o privato non sono modelli di riferimento. L’unica cosa che conta è l’efficienza”.

Giuseppe Sopranzetti, direttore generale di Bankitalia in Sicilia (ma in arrivo con la stessa qualifica in Lombardia) ha esordito con una provocazione amara. “Di fronte ai problemi che la Sicilia vive – ha affermato – quelli bancari sono i minori”. C’è del vero ma in platea non sono mancati i malumori sul modo con il quale le banche erogano credito, in generale, nel Sud. Sopranzetti è riuscito però a lasciare l’impronta di quello che deve essere il modello di riferimento di una banca efficiente. “Occorrono professionalità e patrimonio – ha detto l’alto dirigente di Banca d’Italia – per essere più vicini alle imprese. Ci vogliono soci puliti ed un assetto organizzativo efficiente. Bankitalia fa il suo anche per quanto riguarda la formazione e i controlli. Bankitalia chiude banche quando è giusto chiuderle, le autorizza quando deve. In tre anni, per fare un esempio, a Catania abbiamo autorizzato l’apertura di tre sole banche”.

Insomma un modo trasparente, onesto e lineare per richiamare l’indipendenza della Banca d’Italia e non è un caso che a chiosare l’intervento di Sopranzetti sia stato Roberto Scarpinato, procuratore generale della Repubblica a Caltanissetta. “Bankitalia e magistratura – ha affermato – sono state o sono sotto la pressione della politica”.

Ma forse, in conclusione di questi servizi, vale la pena di chiudere sul “laboratorio Caltanissetta” con le parole di Salvatore Pasqualetto, segretario provinciale della Uil e presidente del Tavolo unico di regia per lo sviluppo e la legalità, che è tornato sull’idea di zona franca nella provincia, che ha realizzato il suo primo tassello con la delibera del Governo Regionale e lo stanziamento dei primi 50 milioni. “Grazie alle sinergie costruite si è potuto scrivere il primo capitolo di un nuovo romanzo che abbiamo intitolato la nuova primavera nissena – ha affermato Pasqualettosi è potuto affermare un modello di sviluppo perché una magistratura attenta al territorio e alle sue componenti sociali è riuscita a dare un decisivo e importante contribuito per affermare un concetto che può favorire la rinascita di una nuova classe dirigente e aiutare quegli imprenditori che hanno già deciso di partecipare al nuovo corso degli avvenimenti. La scommessa va realizzata, perché esiste il pericolo reale che qualcuno una mattina possa alzarsi gridando o scrivendo sui muri della città, ”viva la mafia”.

Oggi, credo, possiamo affermare che ciò che sta accadendo è la più grande sfida sociale avvenuta in questi ultimi 40 anni, ancor di più della primavera palermitana, perché da qui parte un nuovo modello di relazioni sociali e industriali, parte un progetto che coinvolgerà la società in tutte le sue articolazioni, parte il cambio culturale delle realtà meridionali che dovranno saper cogliere la nuova sfida dello sviluppo, da qui è partita la nuova primavera e sempre da questa realtà parte il progetto che può contribuire ad affermare in Italia, una realtà imprenditoriale che della legalità assume il più alto significato di impresa sociale”.

3 – the end (le precedenti puntate sono state pubblicate il 10 e l’11 maggio)

r.galullo@ilsole24ore.com

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