Fantini a Grasso (Dna)/3: “Dov’era lo Stato di San Marino mentre l’Italia attaccava?”

Cari amici, come sapete da alcuni giorni, ho ripreso a trattare di alcune vicende riguardanti San Marino, partendo da una memoria storica dei rapporti economici e sociali di quel Paese: Mario Fantini, ex ad di Carisp San Marino, coinvolto nella vicenda giudiziaria che ha travolto non solo l’istituzione bancaria che amministrava ma lo stesso gruppo italiano Delta. Una vicenda che ha messo a dura prova i già tesi rapporti fra due Paesi divisi da una linea virtuale.

Fantini ha scritto il 24 maggio alla Procura nazionale antimafia allo scopo di aprire gli occhi alla stessa Dna sull’attività della Procura di Forlì sulla quale le critiche di Fantini si sono abbattute senza riserve.

Lo stile di Fantini – vale la pena di sottolinearlo – è asciutto, motivato, rigoroso, appassionato ma non trascende mai. Un’autodifesa e una difesa della Carisp e dello Stato di San Marino nello stile dell’uomo, che anche nell’incontro con i procuratori di Forlì Fabio Di Vizio e Marco Forte è sempre stato all’insegna della correttezza. Anzi, la mia personalissima impressione è che soprattutto dopo il polverone mediatico alzato dai contenuti delle registrazioni della chiacchierata tra lo stesso Fantini e i politici locali Gabriele Gatti e Antonella Mularoni, i rapporti dell’ex ad con la magistratura italiana siano reciprocamente ancor più rispettosi. Molto è cambiato da questo memoriale ad oggi e io sono qui per raccontarvelo.

Certo, Fantini nel memoriale che forse, con il senno del poi non indirizzerebbe più al procuratore  Piero Grasso visto che quest’ultimo non ha fatto doverosamente altro che girare tutta la documentazione ricevuta a Forlì, non è tenero nei confronti della stessa magistratura forlivese interessata alla vicenda Carisp-Delta. “L’esame degli atti – scrive infatti a pagina 6 delle memorie spedite a Grassotuttavia mostra come sia  del tutto assente una valutazione  professionale delle attività e della azienda, mentre  tutta l’ attenzione è destinata ad  una valutazione meramente poliziesca, con una ossessiva ricerca del “doppio fondo” nelle cose e nelle persone, una verità occultata al di là delle apparenze”. E non mancano le stoccate al sistema italiano, come quando afferma che “alcuni dati statistici, se letti obiettivamente anche da un profano, dovrebbero chiarire la scarsa consistenza delle illazioni largamente usate circa il  nero, il denaro sporco, il riciclaggio, il nascondimento e quant’altro che tuttavia ha prodotto entrate alle casse del fisco italiano per l’anno 2008 per oltre 15 milioni (la tassa ecofin che gli italiani pagano in San Marino per mantenere l’anonimato)”.

 

LA SERA DEL 3 MAGGIO

 

Fantini, in questa appassionata memoria personale, va avanti e indietro con i sui ricordi, che non possono non aver segnato un dirigente stimatissimo anche nei suoi 32 anni passati nelle banche italiane, e torna dunque alla sera del 3 maggio 2009, quando, con una operazione  in contemporanea, sono stati eseguiti gli arresti di 4 dirigenti della Cassa e uno di Delta: oltre al Presidente Ghiotti, a lui stesso e al direttore generale Simoni sono stati arrestati il direttore di Carifin Ghini e l’amministratore delegato di Delta, Paola Stanzani. “L’operazione è subito apparsa come una studiata decapitazione dei vertici di Cassa e  Delta e di questo si è avuta conferma successiva nei fatti”, scrive Fantini.

Non è solo la data degli arresti – ricorda – ma è l’inizio di un cambiamento traumatico” continua l’ex ad che poi si lancia in un duro atto di accusa contro la Procura di Forlì che pure non nomina. “Appare evidente che una Procura italiana – dichiara infatti – ha la possibilità di modificare la vita e la storia di un sia pur piccolo Stato, con una  libertà di movimento assoluta e non soggetta ad alcuna regola, neppure a quelle che reggono le relazioni  fra due Stati sovrani”.

 

DOV’ERA SAN MARINO?

 

Dopo aver minuziosamente ricordato che il Gruppo Delta, da entità viva “entra in coma” (e mi chiedo ancora come sia possibile credere che lo Stato italiano e qualunque magistrato italiano possano sacrificare come agnello un gruppo di migliaia di dipendenti pur di colpire un istituto creditizio sammarinese e con esso un’intera Repubblica), Fantini colpisce in pieno volto l’avversario.  “Avvisi di garanzia sono stati inoltrati ad oltre settanta persone – scrive nel memoriale che Grasso dovrebbe leggere in pensione – oltre a numerosi altri soggetti non identificati. Tutti sono imputati in una estesa associazione a delinquere all’interno dell’ambiente di lavoro: uomini, donne, giovani, anziani.

E’ indifferente il fatto che molte di quelle persone non si conoscano, che non condividano la stessa idea, che abbiano culture e origini diverse ed altrettanto indifferente che le condanne definitive per il reato di associazione a delinquere siano in concreto statisticamente rare.

E’ inconsueto che uno Stato consenta al proprio organo giudiziario  di  accusare  di associazione a delinquere tutti i dipendenti  di una azienda di un altro Stato, ma è ancora più incomprensibile il silenzio dello Stato accusato.

Prima di lasciare al giudizio della storia questi avvenimenti, ci compete la responsabilità di valutarli. Per noi si tratta di un atto di sopraffazione fondato su motivazioni quanto meno discutibili”.

Prima considerazione di contorno: Fantini scrive “…per noi si tratta…”. Questa frase si presta anche all’interpretazione che questo memoriale spedito alla Procura nazionale rappresentasse (come sarebbe anche logico e lecito) una precisa strategia difensiva. Lo è ancora? Non credo proprio.

Seconda considerazione di sostanza: l’atto di accusa è anche nei confronti dello Stato di San Marino. Fantini si chiede infatti dove fosse mentre tutto intorno cadevano le macerie del terremoto Carisp-Delta. Beh, scopriremo nei prossimi giorni, ma questo Fantini lo sa bene, che lo Stato di San Marino ha sempre saputo. Tutto. Anche nei minimi particolari. Che fosse allora anche questa una strategia da parte della Repubblica di San Marino? Sacrificare la Cassa di Risparmio del proprio Stato pur di chiudere con l’Italia e apparire “rigenerata e vergine” agli occhi della comunità finanziaria internazionale?

Nel prossimo post il ragionamento comincerà proprio da questo punto fondamentale.

3.to be continued

r.galullo@ilsole24ore.com

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  • Franca Chighini |

    Sono una disoccupata della rete commerciale di Delta che, oltre a cercare disperatamente un lavoro, continua a chiedersi il perchè di tutta questa cattiveria gratuita nei confronti di noi tutti.
    Abbiamo sempre svolto il nostro lavoro con professionalità, onestà e sopratutto con la passione e l’entusiasmo per ciò che facevamo…caratteristiche che hanno contraddistinto il Gruppo da tutte le aziende sul mercato e non lo dico solo perchè ex dipendente, ma erano gli stessi clienti e convenzionati a confermarlo.
    Io e i miei ormai ex colleghi, non riusciamo a darci pace del fatto che un’azienda sana e forte come la nostra sia stata distrutta cosi, come se niente fosse! Mi rendo conto di aver scritto “nostra”…ma è cosi che sentivamo Delta, la nostra azienda, la nostra famiglia (e credo che per questo dobbiamo ringraziare solo una persona che ci ha fatto sentire sul posto di lavoro un pò come a casa…..).
    Ma, la paura ancora più grande è che, questa nostra vicenda, come tante altre “storie italiane”, possa finire nel dimenticatoio. “Buttare” circa 250 persone nel Fondo Emergenziale, creare una nuova società, non saranno sufficienti a rimarginare la ferita aperta. Il prezzo che stiamo pagando è davvero troppo, troppo alto.”

  • un dipendente Bentos |

    Egregio dott. Galullo,
    Sono una dipendente di Bentos Assicurazioni S.p.A. società di assicurazioni del Gruppo Delta che avendo letto del Suo interessamento alle vicende che in questi giorni stanno coinvolgendo il Gruppo Delta S.p.A. (cui Bentos Assicurazioni appartiene) nonché dell’intenzione di dedicare altri articoli agli accadimenti occorsi nell’ultimo anno, vorrei sottoporre alla Sua attenzione alcuni elementi che potrebbero esserLe utili per una migliore comprensione delle peculiarità della realtà aziendale della Compagnia e della struttura con la quale opera.
    Bentos Assicurazioni – impresa di assicurazioni autorizzata da ISVAP ad esercitare l’attività assicurativa nel dicembre 2006 – ha iniziato ad operare nel 2007 raggiungendo in un solo anno il break even point e incrementando in meno di tre anni il capitale investito dall’azionista di circa il 35%.
    Nonostante la crisi originata, come a Lei noto, dal commissariamento della capogruppo ad opera di Banca d’Italia, la Compagnia ha continuato ad operare con profitto raggiungendo nel 2009 un risultato vicino a Euro 3 milioni di utile ante imposte ed attualmente annovera più di 500.000 clienti assicurati a cui ha offerto i propri prodotti di protezione tra cui, ironia della sorte, la garanzia a tutela della perdita di impiego. I dati di bilancio sono comunque disponibili sul sito http://www.bentos-assicurazioni.it, da buon giornalista investigativo spero possa comprendere dai numeri il grande valore della Compagnia.
    A fine anno il personale impiegato presso Bentos Assicurazioni era di 21 unità, minimo indispensabile e necessario per il funzionamento e la sana e corretta gestione di un’attività complessa come quella assicurativa.
    Di queste operavano presso la Compagnia 6 risorse dipendenti di Delta S.p.A. ma distaccate su Bentos. Queste risorse si occupavano di funzioni essenziali di Controllo quali Audit, Legale e Societario, Risk Management e Organizzazione.
    Oggi la situazione oggetto della trattativa con Intesa San Paolo, che comprerebbe questo prezioso asset al solo patrimonio netto senza contare l’avviamento o gli utili futuri presenti nelle riserve tecniche, vede rimaste solo 9 risorse più due distacchi a cui è già stato ventilato che non seguiranno i colleghi nella banca.
    Da notare un’altra anomalia in questa vicenda infatti nonostante Bentos sia un’impresa di assicurazioni operante nel ramo danni ed esterna al perimetro bancario del Gruppo Delta, per prassi aziendale e per semplificazione dei processi amministrativi di paghe e contributi, la Capogruppo ha applicato il CCNL del credito ai contratti di lavoro dei dipendenti di Bentos, anziché quello assicurativo portando quindi i dipendenti stessi in una procedura di mobilità che per la compagnia poteva essere evitata.
    Il management che gode del sostegno e stima di tutti i dipendenti per i risultati positivi conseguiti nell’ultimo triennio, non è stato raggiunto da alcun provvedimento di garanzia o di vigilanza da parte delle Autorità Giudiziarie, degli Organi inquirenti e delle Autorità di Vigilanza, sicché è stato confermato nel novembre scorso dalla Gestione Commissariale della capogruppo Delta. Il Consiglio di Amministrazione, è composto di tre consiglieri di cui due amministratori indipendenti di elevato standing garantisce con professionalità l’ordinata e corretta gestione della Compagnia.
    Come è noto i Commissari Straordinari di Banca d’Italia hanno avviato, d’intesa con i sindacati, la procedura di mobilità per la stragrande maggioranza dei dipendenti del Gruppo Delta e che nella procedura di mobilità sono stati inclusi anche i dipendenti della Compagnia.
    Il depauperamento delle risorse della Compagnia si è inoltre aggravato ulteriormente laddove visto che la procedura di mobilità ha coinvolto anche i dipendenti distaccati da Delta spa che come detto rivestono funzioni strategiche per l’operatività della Compagnia.
    L’operatività della Compagnia, attualmente in utile ed appetibile a potenziali acquirenti, è stata gravemente compromessa dal venir meno di 10 risorse in meno di 6 mesi.
    Uno strumento di tutela dei lavoratori quale la messa in mobilità ex L. 223/1991 da adottare in situazioni di crisi aziendali ha purtroppo generato un effetto boomerang e potrebbe realmente determinare la crisi aziendale della Compagnia. In effetti l’accordo siglato dai commissari straordinari di Delta il 5 agosto scorso prevede la cessione ad una non ben precisata nell’accordo “società bancaria”, anche se in realtà si tratta di Intesa Sanpaolo, di alcuni asset senza i lavoratori e la successiva riassunzione solamente per coloro che hanno aderito (tutti tranne uno) a condizioni retributive di molto inferiori a quelle attualmente in essere (altrimenti tutelati dall’art. 2112 del C.C.).
    Quanto sopra sembrava giustificato, secondo i Commissari, per vari motivi. Le segnal che in realtà la situazione di Bentos è molto diversa da quanto asserito nella lettera di apertura della procedura di mobilità:
    – l’attuale blocco dell’erogazione dei finanziamenti al consumo da parte delle finanziarie del Gruppo Delta con la conseguente inattività delle reti di distribuzione captive del Gruppo Delta non ha interrotto l’attività di Bentos che, attualmente commercializza i propri prodotti attraverso canali diversi e indipendenti dalle Società del Gruppo Delta S.p.A.: ad oggi, Bentos, infatti, possiede una propria rete di 15 intermediari persone giuridiche e una cinquantina di persone fisiche. Tale attività di collocamento tramite intermediari esterni al Gruppo Delta è iniziata sin dal 2008 e ha consentito alla Compagnia di diversificare il proprio Portafoglio Prodotti.
    – diversamente da quanto si vorrebbe far intendere, l’attività di Bentos non è, come per le altre società del gruppo, esclusivamente legata agli aspetti amministrativi-gestionali dei finanziamenti già erogati. La struttura di Bentos, infatti, è viva e vitale nel vendere e gestire le proprie polizze assicurative.
    E’ evidente, pertanto, che la riduzione del personale sta impedendo alla Società di continuare ad operare attraverso i canali di vendita indipendenti dal Gruppo, ossia di continuare a stipulare polizze attraverso la propria rete di intermediari assicurativi
    Nonostante quanto sopra si può ritenere che Bentos Assicurazioni possa rimanere appetibile per i potenziali acquirenti che hanno già manifestato il proprio interesse, quando le trattative coinvolgevano il solo Gruppo Intesa San Paolo.
    Nel ringraziarLa per l’attenzione prestata, le pongo in conclusione una domanda: non le sembra che per quante irregolarità abbiano potuto compiere a San Marino (e anche su questo occorrerà attendere la conclusione dell’inchiesta della magistratura viste anche le pressioni politiche sulla Cassa di Risparmio) quanto accaduto al Gruppo Delta, che operava con successo solo in Italia, sia uno scempio che forse si poteva evitare? Non le sembra che i 900 dipendenti e le loro famiglie potevano essere trattate almeno come i dipendenti (e i clienti) di Fastweb che pur in presenza di un’inchiesta con imputazioni pesanti non hanno visto la loro azienda prima commissariata e poi distrutta? Sull’argomento un interessante parere pubblicato sul suo giornale http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2010/03/intervista-vitale-commissariamento-misura-eccessiva.shtml?uuid=b92bd40c-25f7-11df-a13d-158f9b56f08f&DocRulesView=Libero= e sul Financial Times http://www.ft.com/cms/s/0/b1daf76a-2c81-11df-be45-00144feabdc0.html
    Cordiali saluti
    PS per inciso il presunto “socio occulto”, ovvero la Cassa di Risparmio di San Marino (tanto occulto da essere persino presente sulle nostre agende), sembra allo stato essersi completamente disinteressato della sorte dell’italiana Delta e soprattutto dei suoi dipendenti aggiungendo se possibile al danno la beffa.

  • Laura Tonnarelli |

    ..e della serie “oltre il danno la beffa”, ci hanno privato del nostro lavoro e ora ci impediscono di trovarne un altro! Si, perché dopo aver ventilato fantomatici cavalieri bianchi; averci licenziato in massa il 17 agosto u.s. ed aver trovato come unica alternativa per noi dipendenti l’accesso al Fondo Emergenziale istituito dall’Abi, ad oggi non hanno ancora messo nero su bianco il Regolamento che deve essere rispettato dalle Aziende -destinatarie del contratto collettivo nazionale del credito e interessate alle nostre candidature- per beneficiare delle agevolazioni e degli sgravi fiscali definiti dall’accordo Abi-sindacati del 26 aprile 2010, se queste assumono a tempo indeterminato un lavoratore che fruisce delle prestazioni del Fondo.
    Se un lavoratore trova quindi una nuova opportunità professionale nel medesimo settore della sua precedente esperienza non può far altro che attendere. Quanto? chissà…
    Al peggio non c’è mai fine, purtroppo.
    Un saluto
    Laura Tonnarelli

  • paola stanzani |

    sono l’ex ad di Delta
    Ho passato questo ultimo anno e mezzo nella convinzione di aver sbagliato tutto.
    Lavorare a testa bassa con onestà, correttezza e documentabile trasparenza nei confronti delle istituzioni, non cedere alle facili lusinghe economiche del mercato finanziario pensavo non fosse servito a nulla.
    Mi rendo conto che mi sbagliavo.
    Grazie.

  • Ilaria Simonini |

    Difficile aggiungere ulteriori commenti e considerazioni alla lettera scritta dal (purtroppo) excollega Andrea. Ha espresso in modo esaustivo e veritiero i sentimenti e la voglia di fare che accumunava i dipendenti del Gruppo Delta.
    Passione e amore per il proprio lavoro che non aveva uguali in nessun altra azienda, e questo era perfettamente percepito sia dai ns clienti che dai ns collaboratori.
    Ilaria

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