Fantini a Grasso (Dna)/2: “L’obiettivo dell’Italia era colpire la Cassa di Risparmio di San Marino”

La ringrazio se è riuscito a dedicare qualche minuto del suo prezioso tempo a questa lettura. Le invio poi un appunto dei fatti da leggere quando andrà in pensione e delibera della Corte di Cassazione”: si conclude così la lettera che Mario Fantini, ex ad della Cassa di Risparmio di San Marino scrive il 24 maggio al capo della Procura nazionale antimafia Piero Grasso che, di lì a poco, la spedirà alla Procura di Forlì (si veda il post di ieri).

Quelli che Fantini chiama “appunti” che Grasso, chissà perché, dovrebbe leggere in pensione e non nel corso dell’iter giudiziario, sono in realtà una lunghissima, corposa e dettagliatissima memoria (molte cose già note anche alla stampa) dove l’ex amministratore delegato di Carisp, di fatto, lancia un durissimo atto di accusa contro le indagini e la campagna di disinformazione della stampa (solo italiana, suppongo).  E scrive di azioni combinate. Insomma, di una strategia chiara per attaccare (e annientare?) San Marino.

Un’altra cosa colpisce del memoriale: mai un’autocritica per il ruolo svolto e per eventuali errori o leggerezze commesse. Mai. Evidentemente la perfezione regna sul Titano. O forse sono io che non sono stato bravo a cogliere le autocritiche.

 GESTO PREMEDITATO

 Di gesti studiati e combinati Fantini – dopo una lunghissima digressione sugli incalcolabili danni a migliaia di persone e sulla platealità delle attività investigative e giudiziarie – comincia a parlare a pagina 4 del memoriale. “La Cassa di Risparmio di San Marino ha alle spalle un passato virtuoso – scrive Fantini – fino a questo momento non smentito  dalle indagini, dirigenti incensurati e notoriamente stimati; tuttavia l’accusa di riciclaggio, sostenuta con grande sicurezza e avvalendosi, come cassa di risonanza, della stampa e dei media televisivi, si accompagna a reati gravissimi quali il traffico d’armi e di droga e adombra la presenza della malavita organizzata, provocando immediatamente un effetto di destabilizzazione  non solo della Cassa, ma anche della partecipata italiana Delta.

Su quest’ ultima il danno è stato perverso ed irreversibile, come si è constatato e come era immaginabile. Tale rischio era stato segnalato anche alle autorità.

Banche, fornitori e clienti nei giorni successivi hanno in molti casi  preferito  ridurre  o chiudere completamente il rapporto, per evitare interventi da parte delle autorità inquirenti ed altri disagi.

E’ presumibile che questa fosse l’aspettativa degli inquirenti, considerata anche la sinergia con la campagna svolta nei confronti dei cosiddetti paradisi fiscali”.

Eccolo l’atto d’accusa: lo Stato italiano fa la voce grossa contro i paradisi fiscali e la Procura di Forlì si adegua. Mah! Per carità, ci può stare tutto e rispetto il pensiero di Fantini anche se personalmente non ho mai creduto alla Spectre politico-giudiziaria e alle teorie complottarde che in Italia, sul punto, hanno ideologi che governano il Paese.

Dopo poche righe Fantini scrive che “l’iniziativa della Procura di Forlì, assecondata dal Gip, ma ancora ben lontana dall’ aver portato ad accertamenti giudiziali definitivi, è però stata sufficiente a segnare l’inizio di una tragedia che sconvolge uomini, aziende, la storia di San Marino ed i rapporti fra i due paesi. Verranno di fatto frantumati i rapporti contrattuali fra gli Stati e verrà ripristinata la dogana. Viene anche paventata  l’intenzione di porre una barriera fisica fra i due paesi”.

L’OBIETTIVO E’ CHIARO: LA CASSA DI SAN MARINO

Scoperti il "mandante" (lo Stato italiano, meglio ancora il Governo) e l’"esecutore" (la Procura di Forlì), resta da scoprire il motivo dell’accanimento terapeutico contro uno Stato, San Marino, che fino al giorno prima era zona franca per le peggiori nefandezze di affaristi italiani e no di tutto il mondo.

E qui Fantini è categorico: “E’ evidente che l’obiettivo è la Cassa  di San Marino – nessuna altra banca europea è stata trattata in questo modo -  sulla quale si aprono tutti i possibili canali di indagine alla spasmodica ricerca di reati che vengono poi subdolamente e coloritamente descritti dalla stampa (ad es.: usura, appropriazione indebita, falso in bilancio, ecc..)”.

A parte il paragone europeo (con chi avrebbe dovuto prendersela, eventualmente, lo Stato italiano? Con le banche svizzere? Con quelle lussemburghesi? E perché? Per sport?) trovo, da giornalista serio quale sono, sbagliato cadere in un altro luogo comune: la stampa brutta e cattiva. Piaccia o no, la stampa fa il suo dovere. Punto. Può farlo bene o può farlo male. Ma dare per scontata la cattiva fede no, questo è inaccettabile.

 UN MEZZO AUTOGOL?

 Fantini scrive subito dopo una cosa interessantissima e in parte, a mio moedeto avviso, contraddittoria. “Nel frattempo la Cassa – scrive infatti l’ex amministratore delegato – è diventata, suo malgrado, l’unico sostegno finanziario del gruppo italiano Delta. Si tratta di un sacrificio che non solo non è stato compreso ed apprezzato, ma è diventato addirittura il pretesto per rafforzare una accusa che all’esame successivo della  documentazione, appare in effetti già presente e radicata nell’indagine”.

Scrive Fantinisuo malgrado” e su questo punto, tra qualche giorno, rivelerò cose molto interessanti ma quel che mi preme sottolineare è: perché mai lo Stato italiano, come Tafazzi nello sketch del trio Aldo-Giovanni-Giacomo, avrebbe dovuto essere così autolesionistico da colpire fendenti alla Carisp e usare Delta per colpirla meglio? Un gesto suicida, visto che Delta, come sottolinea lo stesso Fantini, è (era?) un colosso con 900 dipendenti e 1.500 collaboratori in tutta Italia.

I dubbi che (ma, ripeto, posso sbagliare) non si trovano all’interno del memoriale di Fantini su eventuali leggerezze proprie o dell’Istituto bancario, vengono invece contestati alla magistratura italiana quando lo stesso Fantini scrive che “la Procura di Forlì muove accuse alla dirigenza di Carisp e Delta  ostentando  grande  sicurezza  e una assoluta  assenza di dubbi circa i reati contestati,  senza tenere conto che il reato stesso nasce da mere interpretazioni di norme e di fatti, fra l’altro difformi da quelle ritenute corrette dalle stesse autorità di vigilanza italiane per anni. Ne è una spia significativa  la terminologia usata dall’accusa, che mette in luce  una ripetitività ossessiva  in contrapposizione alla gracilità  e discutibilità dei contenuti”.

Beh, per il momento mi fermo qui. Proseguirò nelle prossime ore.

2.to be continued

r.galullo@ilsole24ore.com

  • galullo |

    Ah Romano de Roma,
    prima si presenti. Poi scriva. E discetti senza aggiungere nulla che già non si sappia.
    Roberto Galullo (Romano de Roma)

  • Romano DeRoma |

    Gentile dottor Galullo,
    mi aspettavo una sua replica…la fara’ il suo giornale (magari tramite il suo collega Elli che dovrebbe essere addentro ai fatti di Delta) una bella inchiesta “without fear and without favour” (e’ una rubrica del Financial Times,come sapra’)? Scavera’ un po’ piu’ a fondo?
    Vedremo…scommetto che aspettera’ qualche denuncia penale dell’operato dei commissari (ci siamo vicini, mi creda) e poi riferira’ sull’evoluzione dei fatti.
    Giornalismo “postumo”?

  • Giovanni |

    Gentile Galullo,
    non ripeterò, storia, tecnicismi e commenti sull’operato dei commissari di Banca d’Italia, relativi alla vicenda Delta; vorrei solamente aggiungere una considerazione da Italiano, più che da ex agente del gruppo Delta, che stà lottando per non “mandare a casa” i suoi dipendenti.
    Data, l’attuale crisi economica ed occupazionale del nostro Paese, non crede che non ci si doveva “permettere” di “buttare al vento”, i milioni di euro di tasse che, sia il gruppo Delta sia i suoi dipendenti e sia tutto l’indotto dei 1500 altri, versavano nelle casse erariali? Che anzi ora sono diventati un costo da sostenere dalla collettività. Mà prima anch’ora: ci si poteva “permettere” di “cancellare” le centinaia di posti di lavoro, così difficili da ritrovare?
    Credo che, nel pieno rispetto delle leggi Italiane, si poteva fare molto di più per evitare tutto questo!
    Mà anche stà volta a pagare….sono i soliti!
    cordialità

  • Romano DeRoma |

    Gentile dottor Galullo,
    io credo che la vicenda Delta sia da suddividere in due parti temporalmente e logicamente distinte.
    Il primo punto e’ costituito dalle eventuali irregolarita’ nella gestione ante commissariamento Banca d’Italia.
    Su questo sta indagando la magistratura ma va comunque segnalato (come stato fatto piu’ volte) che:
    1) Banca d’Italia aveva sottoposto piu’ volte il Gruppo ad ispezioni e niente era saltato fuori (anzi aveva dato autorizzazione alla trasformazione in Gruppo bancario)
    2) La societa’ di revisione (la stessa che non ha poi voluto certificare il bilancio 2009) non ha mai eccepito nulla da un punto di vista procedurale e di bilancio
    3) Alla fine il commissariamento e’ stato deciso fondamentalmente sulla base del presupposto dell’illecito controllo da parte di banca estera (grazie a delle norme protezionistiche che continuano a sussistere e a limitare l’ingresso di banche straniere in Italia)
    In un paese serio le responsabilita’ di BdI e di PWC forse non sarebbero passate troppo sotto silenzio…in un paese di stampo anglossassone (gli USA ad esempio) i soci avrebbero potuto citare la BdI in giudizio per danni. Purtroppo siamo in Italia.
    Lasciamo da parte pero’ il passato e concentramoci sul secondo punto, cioe’ il dopo gestione commissariale.
    Io vivamente esorto lei, il suo giornale e chiunque voglia fare del giornalismo di inchiesta serio in Italia ad approfondire cosa e’ stata finora e cosa continua ad essere la gestione commissariale in Delta (siamo a 18 mesi, ormai).
    Elementi di riflessione e di potenziale censura ce ne sono a bizzeffe. A partire dai chiarissimi conflitti di interesse (quanto e’ costata la consulenza di PWC – gli stessi che facevano i revisori fino al 2009 – e cosa ha prodotto? Quanti incarichi hanno preso gli studi legali collegati – direttamente o indirettamente alla gestione commissariale?) per continuare con decisioni manageriali chiaramente (agli occhi dell’uomo comune ed in logica di protezione del valore degli asset azeindali) incomprensibili.
    Se lei e i suoi colleghi giornalisti hanno voglia di approfondire penso che venga fuori una lista bella lunga di “stranezze”. E non e’ neanche tanto difficile perche’ di persone “informate sui fatti” che possono raccontarne di cose ce ne sono tante (ex dipendenti, professionisti, potenziali acquirenti di parti di azienda, persino attuali dipendenti ormai allo stremo da un punto di vista professionale e psicologico).
    Forse e’ un’occasione per rendere l’Italia un po’ piu’ anglossassone e contribuire a migliorare le gestioni delle crisi in tante aziende italiane (di Bondi ce n’e uno solo?).
    A presto.
    Cordiali saluti.

  • Arnaldo Furlotti |

    Gent. Dott. Galullo,
    essendo un ex dirigente del gruppo Delta, partecipe alle attività
    aziendali sin dai tempi della sua costituzione, comprenderà che provi una
    certa ritrosia a comparire ed esprimermi sull’argomento in ambienti
    pubblici, pur virtuali che siano, a causa dell’immagine che certi media
    hanno fornito di noi e che oramai si è negativamente consolidata
    nell’immaginario collettivo.
    Ho trovato tuttavia che il contraddittorio instaurato tra Lei e l’ex
    collega Rinaldo Lupo abbia evidenziato un’apertura verso le nostre tesi,
    così come verso le tesi di chi ci avversa, tale da poter fornire al
    pubblico uno strumento propedeutico alla serena ricerca della verità.
    Per tale ragione ho ritenuto di intervenire, ed anzitutto mi è lieto
    ringraziare Lei per l’attenzione al caso Delta e per l’opportunità che ci
    fornisce di esprimerci al riguardo, ed altresì ringraziare il sig. Lupo
    per aver espresso con chiarezza concetti che condivido pienamente.
    Gli aspetti che vorrei sintetizzare sono fondamentalmente questi:
    – Delta ha agito nella piena legalità operando in un mercato nel quale sono presenti vari operatori con i quali il gruppo costantemente si misurava anche a livello di fondamentali di bilancio e le analisi fatte anche da advisor di livello assoluto sancivano che le performances erano ottime.
    Si badi che Delta è stata affidata dai principali operatori del sistema bancario.
    – permane da definire la legittimità del supposto controllo del gruppo
    Delta da parte di un’istituto Sanmarinese, tuttavia è importante
    sottolineare che questa situazione era stata palesata e da anni (anzi dalla nascita del gruppo nulla è stato occultato e ne abbiamo le prove ) alle
    istituzioni di vigilanza, e conseguentemente nulla è stato fatto in modo
    torbido.
    – gli attori di questa vicenda stanno pagando prezzi più elevati di quelli
    pagati da promotori di operazioni di comprovata origine truffaldina ( inutile fare nomi, li conosciamo tutti).
    – alla società è stato negato un futuro, sebbene ci siano prove evidenti
    che il mercato aveva esplicitato interesse e disponibilità alla stessa, o
    quantomeno a comparti della medesima.
    Questi sono fatti chiari e dimostrabili.
    In conseguenza di tali fatti nascono supposizioni, che al momento attuale
    non possono avere riscontro dimostrativo. Sarebbe quindi di estremo
    interesse, oltre che doveroso nei confronti di coloro che hanno
    ingiustamente pagato un prezzo altissimo, riuscire a comprendere le
    motivazioni che hanno sotteso a tali inusitati comportamenti da parte di
    alcune istituzioni.
    Ringraziando ancora una volta per il contributo che vorrà e potrà dare a
    questa richiesta di chiarezza, rimango a disposizione per eventuale
    supporto che volesse ricevere.
    Cordialmente,

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