Commissione bicamerale antimafia, meglio abolirla

Quarantacinque anni e dimostrarli tutti. Sotto i riflettori c’è una “signora Istituzione”, che sta perdendo fascino e autorevolezza.

Parlo della Commissione d’inchiesta sulle mafie, nata nel 1963 e ora alla vigilia – dopo l’approvazione nella prima commissione al Senato del disegno di legge – di una nuova partenza. O almeno così si spera, visto che il Parlamento deve ancora tradurre in legge il provvedimento.

Fatto sta che dopo quasi mezzo secolo di vita (speso tra alti e bassi come si addice ad ogni donna fascinosa) bisogna intendersi sulla necessità di mantenere in vita la Commissione parlamentare antimafia.

La scorsa estate, nel visitare nella sua casa di Locri l’onorevole Laganà, vedova dell’ex vice presidente del Consiglio regionale calabrese Francesco Fortugno, assassinato dalla ‘ndrangheta il 16 ottobre 2005, rimasi colpito da alcune sue riflessioni. Alla mia domanda sull’opportunità della Commissione parlamentare antimafia mi rispose: “A me serve moltissimo. Sto studiando per capire il fenomeno”. E a parlare era (ed è) una parlamentare calabrese costretta, volente o nolente, a fare i conti con la ‘ndrangheta tutti i giorni della sua vita. Non fosse altro che per schierarsi dalla parte della legalità e, dunque, denunciare malavita e malaffare.

Ma quanto ancora bisognerà studiare le mafie? E a quale fine? Essere promossi o essere bocciati, direbbe la logica.

Eppure non è così. Molti esperti sostengono che di capire non c’è più motivo: bisogna passare all’azione. Sacrosanto. E questo accade sempre più spesso, a opera di magistratura e Forze dell’Ordine.

Altri sostengono: per indagare il fenomeno bastano le autorità preposte. Compito del Parlamento è legiferare per prevenire e combattere. Giusto.

Altri ancora sostengono che l’ultimo spettacolo offerto dalla Commissione parlamentare antimafia – piena zeppa di inquisiti e condannati – non è stato degno di un Paese che vuole davvero combattere le mafie. Bene, bravi, bis.

Il disegno di legge che punta a istituire la nuova Commissione parlamentare antimafia sembra – implicitamente – recepire alcune di queste critiche e contraddizioni. Oltre a tutte le cose che già faceva prima, infatti, dovrebbe indagare anche sulle mafie straniere (ohibò, finalmente ci accorgiamo che esistono); dovrebbe incidere meglio a favore della costruzione di uno spazio giuridico antimafia condiviso dalla Ue (basti dire che l’associazione a delinquere esiste solo in Italia ma la ‘ndrangheta ha ucciso un anno fa sei persone in Germania!) e dovrebbe indagare sul rapporto tra mafia e politica.

Bene, anzi benissimo. Quest’ultimo punto – se la memoria non  mi tradisce – fu affrontato con forza e determinazione sotto la presidenza di Gerardo Chiaromonte. Strano: dopo non se ne parlò più. Anzi: strano non è, visto che le mafie siedono in Parlamento, così come nei consigli comunali, provinciali e regionali.

La speranza – dunque – è che con forza si indaghi sul doppio filo che – in tutta Italia attenzione – stringe in un abbraccio mortale, politica e mafie.

Ce la farà la Commissione parlamentare antimafia a fare nomi e cognomi di politici mafiosi o collusi o che semplicemente strizzano l’occhio o si volgono dall’altra parte per non guardare? Ce la farà a indagare sulle mafie straniere? E sulla presenza al Nord che il beneamato sindaco di Milano Letizia Moratti nega? Ma – soprattutto – ce la farà a ritrovare autorevolezza e dignità a partire dalla nomina dei componenti?

A giudicare dalla premesse si direbbe che la falsa partenza è assicurata. Volete saperne una? Viene rimessa alla sensibilità del parlamentare la rinuncia a farne parte “per motivi etici”. Ma come? Nella passata legislatura la Commissione aveva approvato un codice etico per i candidati (che in pochissimi hanno osservato) e ora si lascia alla “sensibilità” del singolo l’accettazione o meno della nomina? Avete mai visto un parlamentare rinunciare a una poltrona? Figuriamoci una poltrona così prestigiosa, in grado magari di costruire una “verginità politica” e consegnare una patente antimafia a chi non meriterebbe neppure di entrare in Parlamento o semplicemente sedere in un assise di persone civili. Oltretutto per qualcuno con la coscienza sporca e la fedina politica lercia, essere dentro la Commissione potrebbe persino rappresentare un’insperata finestra su quanto la magistratura e le Forze dell’Ordine stanno acclarando sulle consorterie criminali: magari per tutelarsi meglio.

La dico per come la penso: o a farne parte saranno chiamati uomini al di sopra di chi è al di sopra di ogni sospetto (scusate l’iperbole) e non prevarranno dunque criteri di spartizione partitica o, peggio, interessi inconffessabili nati per affossare anziché indagare, oppure è meglio abolirla. E solo a leggere le indiscrezioni su alcuni nomi di politici candidati alla presidenza mi vengono i brividi. Sarebbe come chiamare Topo Gigio a presentare a Stoccolma la cerimonia di assegnazione dei premi Nobel.

roberto.galullo@ilsole24ore.com

  • Benny Calasanzio |

    Gentile Roberto,
    come al solito, fulmini nel cielo stanco e cupo. Le tue parole diventano sempre più condivisibili, inchiesta dopo inchiesta, batosta dopo batosta. Citi nel tuo pezzo Maria Grazia Laganà. Era in commissione Antimafia. Lo sanno tutti. Non so quanti sanno che però la signora è attualmente indagata dalla DDA di Catanzaro per le infiltrazioni mafiose nella Asl di Locri, o quanti sanno che da suo cellulare partirono 33 chiamate ad alcuni boss latitanti. Ed era in commissione antimafia, e li tutti sapevano questo, ma nessuno ha mosso un dito. Per colpa di quella signora ho declinato l’invito a Bari, alle giornate di libera, perchè con un indagato per mafia non condivido nè palco e nemmeno l’aria. Riguardo alla commissione in generale, mi trovi perfettamente d’accordo. E’ un organismo totalmente inutile, e l’unica cosa pisitiva che c’è dentro è un consulente, Vincenzo Guidotto, che è forse l’unico vero esperto del fenomeno. Non paghiamo i nostri parlamentare per andare ad apprendere, per capire, ma per indagare e fornire risposte. Ma come possono? Dovrebbero parlare di Dell’Utri che dalla Sicilia ormai passa ai boss n’draghetisti, con cui si incontra, dovrebbe parlare di Crisafulli e di tanti altri. E allora, un piccolo ripasso non fa mai male. Ecco l’ultima commissione. Pomicino Cirino Paolo (1 anno e 8 mesi per finanziamento illecito tangente Enimont, 2 mesi patteggiati per corruzione per fondi neri Eni; Vito Alfredo (2 anni patteggiati e 5 miliardi di lire restituiti per 22 episodi di corruzione a Napoli. I due diversamente onesti invece sono: Vizzini Carlo , coinvolto in Mani Pulite e patteggiato; Gentile Antonio (arrestato nel 1987 per la mala gestione della Carical (3500 miliardi di buco, poi il processo finì nel nulla). E quando Orazio Licandro, Pdci, pensa: “Cavolo, bisognerebbe impedire che in commissione antimafia entrino condannati e indagati per mafia…” la gente pensa che sarebbe come escludere i pedofili dalla Commissione Infanzia. Corre in parlamento e propone questo emendamento. Si vota ed ecco cosa viene fuori:“I parlamentari indagati per mafia o per reati contro la Pubblica Amministrazione potranno continuare a far parte della commissione Antimafia. La Camera ha respinto l’emendamento, presentato da Licandro (Pdci), che dava la possibilità ai presidenti delle Camere di escludere dall’organismo tutti i deputati e senatori ‘sottoposti a procedimenti giudiziari’ per reati di mafia e contro la Pubblica Amministrazione.Voti a favore 21. Ciliegina sulla torta il fantasma del Freancesco Forgione di una volta: “Inquisiti? Si ma eletti. E’ sempre stato così anche in passato”. Cancelliamo la commissione, risparmiamo denari e salviamo la faccia.

  • FRanco Laratta |

    Egregio dott. Galullo,
    la seguo da molto tempo, leggo le sue inchieste che sono spessissimo coraggiose, condivido molte cose che lei ha scritto sulla Commissione parlamentare antimafia.
    Appena eletto parlamentare nella scorsa breve e sfortunata legislatura, ebbi a dire che la Commissione antimafia mi sembrava di fatto superata. Dissi anche che non capivo perchè da molte legislature fosse composta per lo più da parlamentari meridionali, in maggioranza calabresi e siciliani, come se la mafia fosse un problema del sud e di due regioni in particolare.
    Dissi queste cose in diverse riunioni e ne scrissi sui giornali, ma non ebbi alcuna risposta. Nè i miei rilievi provocarono un qualsiasi dibattito.
    Non chiesi allora, come non ho chiesto ora che sono ritornato in parlamento, di far parte della bicamerale suddetta. Non so come viene composta, quali sono i criteri e i titoli necessari per farne parte, so solo che anche ora sarà composta come sempre, da colleghi più o meno bravi, che continueranno ad analizzare come sempre il problema mafia, a fare la solita relazione annuale da consegnare alle Camere, a ordinare qualche indagine sul territorio, e cosi via.
    Credo che così com’è la commissione serva a ben poco. La mafia non è più la stessa; l’antimafia invece è identica!Uguale a se stessa.
    Occorre ben altro: è necessario trasformare completamente la commissione, facendovi-ad esempio- entrare anche esperti ‘veri’ e studiosi qualificati, esterni al parlamento; inserire la stessa in un contesto europeo, perchè la mafia è oramai da anni una grande organizzazione internazionale; dotare la stessa commissione di poteri, compiti e funzioni nuovi, molto più forti degli attuali.
    La Commissione antimafia dovrebbe avviare una vera indagine, profonda e coraggiosa, sui rapporti fra mafia e politica in Italia! Entrando nel cuore del sistema ‘mafia-politica-impresa-finanza’ che oggi determina e condiziona la vita di tantissime amministrazioni pubbliche in Italia (sud o nord non fa più la differenza).
    La commissione antimafia potrebbe proporre disegni di legge, che il parlamento si impegna ad approvare entro poche settimane (grazie ad una vera e propria corsia privilegiata).
    Perchè sia efficace la rinnovata azione della commissione antimafia sono necessarie, e ripeto, alcune condizioni:
    1) che sia composta da parlamentari che non abbiano in corso alcun procedimento penale;
    2) che sia composta da parlamentari e da esterni al parlamento competenti, autorevoli, e che non siano all’80% meridionali (come accade oggi);
    3) che abbia più poteri, che possa approvare disegni di legge in materia di sua competenza che il parlamento approvi in una data certa; che non abbia alcun limite o confine nella sua azione di indagine e di intervento su tutti i tipi di mafie: quelle conosciute e ‘storiche’, quelle ‘economiche’, quelle ‘politiche e istituzionali’, quelle ‘internazionali’, quelle che fanno affari con le emergenze vere del Paese: rifiuti ed energia, e intercettano quasi tutti i fondi europei e i grandi appalti pubblici.
    Una commissione, quindi, non più di studio e analisi, ma anche di vigilanza,indagine e intervento.
    Una commissione che possa avere nuovi strumenti a disposizione, molte risorse, e possa avvalersi dell’impegno diretto di magistrati, esperti internazionali, prefetti, quindi parlamentari. Chi la nomina una commissione siffatta? Il presidente della Repubblica su proposta dei presidenti di Camera e Senato.
    Avrà il coraggio l’attuale parlamento di fare questo?
    Volete sapere come la penso? No, non credo! Non credo proprio.
    Andremo avanti come sempre.
    Franco Laratta
    Deputato

  • Antonino De Masi |

    Egregio Dr Galullo.
    La questione sollevata è complessa. Lei avendo notizie, che io non ho, sicuramente ha una visione più completa e complessa della vicenda, conoscendo la sua capacità di analisi e competenza sulla questione, ed avendo letto quanto da lei scritto, sono molto preoccupato e dubbioso. Se la questione è Commissione si o no, credo sia difficile dare rispote. Da cosa si può giudicare il lavoro di un tale organo? Io sono un comune cittadino, un imprenditore, che spera e sogna, che cerca di distinguere il bianco dal nero, il bene dal male, e su tali demarcazioni comportarsi, dando conto alla propria coscenza e dignità operando nei paletti del vivere civile e della legalità. Se la commissione va giudicata sul lavoro svolto da quella precedente (gestione Forgione), sono favorevole alla sua esisitenza,per la semplice ragione che ha consentito di avere una visione compelssiva del problema, ogni cittadino leggendo il lavoro svolto dalla commsiisone può davvero capire di cosa parliamo, nella sua compelssità e non degli aspetti di singoli episodi che i cittadini spesso subiscono.
    Se invece la commsiione è e sarà un luogo di “lavaggio morale e perbenismo di facciata” francamente e meglio eliminarla. Però veda dr Galullo, non avendo nessuna fiducia e stima nella classe politica, mi chiedo cosa possiamo fare per cambiare lo stato delle cose? Possiamo stare inermi difronte a politici di primissimo piano che ricevono per appuntamento “ndranghetisti” sapendo bene da prima quale ordine del giorno avessero quegli icontri, visto le “refenze telefoniche fornite al politico dal faccendiere venezuelano organizzatore degli incontri.Chi dovrà denunciare ciò, chi dovrà far capire alla gente di quali nefandezze la classe politica si è macchiata? Tutti coloro i quali possono contribuire a far aprire gli occhi alla gente, e quindi provocare un “indiganazione” per me va bene, che sia la commissione o oltro non ha importanza. Certo come da Lei scritto rischiamo di travarci nelle condizioni che nella commsiione ci sarà chi un giorno riceve le Istituzioni, i magistrati etc, e l’altro si incontra con i delinquenti.
    Non le so dire, non vorrei però che alla fine di mafia, ne parlino solo i pochi giornalisiti che hanno il coraggio, pagandone prezzi personali altissimi, di dire come stanno cose; i suoi recenti articoli sulle acque siciliane lo confermano.Dr Galullo, siamo nelle mani di Dio, e da credente, ormai solo in Lui confido.
    Con Grande stima
    Antonino De Masi

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