Ivan Lo Bello (vicepresidente Confindustria) in Commissione antimafia: un software alla Gdf per contrastare il riciclaggio

Il 5 giugno in Commissione parlamentare antimafia siedono per un’audizione attesissima il vice presidente di Confindustria, Ivan Lo Bello e il Presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante.
Come accade da anni, i loro interventi sono colpi al cuore.

Lo sono per tutti coloro che hanno il senso dello Stato, del diritto, dell’etica, della moralità e della legalità. Insomma, ahinoi, la parte minoritaria del Paese.

Le loro audizioni sono state ricche di spunti che, in questi giorni, ho deciso di analizzare su questo umile e umido blog.

Ivan Lo Bello, mentre parla di distorsione e inquinamento del mercato, di tutti i mercati, lascia cadere un esempio: il riciclaggio.

Abituati come siamo a gettare lo sguardo verso i grandi canali nazionali internazionali del riciclaggio, forse abbiamo perso di vista i “trucchi” del mestiere che consentono ai gruppi mafiosi di arricchirsi in maniera pantagruelica.

A riportarci con i piedi per terra ci pensa Lo Bello che in Commissione antimafia parla del riciclaggio, delle piccole attività commerciali, bar o ristoranti. Un riciclaggio semplicissimo e con  una dinamica banale: basta erogare più scontrini. Nella sostanza, ad esempio, un ristorante che ha emesso 20 scontrini ne fa 40. «Non se ne accorge nessuno – spiega candidamente Lo Belloperché nessuno è in grado di valutare il magazzino del ristorante e cosa esso possa produrre. Paradossalmente, quindi, le mafie fanno più scontrini e pagano anche le tasse. In questo modo, nell’arco di tre o quattro anni, un’azienda che ha un fatturato di 10 può arrivare a uno di 100 pagando le tasse e riciclando queste somme senza alcune rischio. Ripeto, infatti, che il magazzino di molte attività commerciali può fare 10 o 100. Di un whisky possono esserci venti, trenta, dieci bicchieri».
È una questione sulla quale il vicepresidente di Confindustria sta riflettendo da tempo con la Guardia di finanza alla quale, suppongo, avrà più volte fatto presente un’idea semplicissima e, forse proprio per questo, di difficile attuazione da parte delle cosiddette “autorità competenti” che, tradotto in soldoni, sono le mille e più istituzioni che in Italia rendono pressoché impossibile realizzare in 10 anni quel che altrove si compie in un mese.

L’idea (e dunque il tema centrale) per Lo Bello è il collegamento elettronico grazie al quale tutti i passaggi di proprietà delle attività commerciali dovrebbero essere costantemente monitorati dalla Guardia di finanza. «Bastano dei software semplicissimi per questo – racconta con tono e misura Lo Belloe nel tempo bisognerebbe valutare anche le crescite di fatturato di queste realtà».
Oltretutto, per chi non se ne fosse accorto, a farla da padrona è sempre più la ‘ndrangheta, come hanno testimoniato anche le recenti vicende giudiziarie di Roma, città nella quale la Procura ha svelato le ennesime infiltrazioni delle cosche calabresi in molti esercizi commerciali. «Per scovare i luoghi di riciclaggio – ha (ri)sottolineato Lo Bellobisogna utilizzare la tecnologia e lo scambio di informazioni. Lo scambio di informazioni e la realizzazione di nuclei specializzati può rendere un’attività estremamente significativa. Le anomalie sono il cambio di licenza e l’aumento rilevante della prestazione. Come dicevo, infatti, questi emettono scontrini in più, e quindi aumentano il fatturato, sul quale fatturato aggiuntivo pagano anche le tasse, per cui sotto questo profilo è un elemento fondamentale. Basterebbe collegare l’anagrafe dei comuni con i nuclei di Polizia giudiziaria ed effettuare un’analisi su singoli casi e anche complessiva su tutti i casi, valutare quali aziende negli ultimi quattro o cinque anni hanno aumentato in maniera rilevante il fatturato. Probabilmente, nella stragrande maggioranza l’hanno fatto imprenditori molto bravi, ma possono esserci in questi casi anche strumenti di riciclaggio. Sono convinto da tempo che i temi centrali siano più tecnologia e collaborazione tra enti, in questo caso comuni, procure e forze dell’ordine».

Un Paese civile mettere intorno ad un tavolo Anci (in rappresentanza dei Comuni che detengono le anagrafi), camere di commercio (che seguono le sorti proprietarie degli esercizi), Gdf (terminale delle informazioni incrociate da vagliare), Dna (fino a parola contraria Procura di coordinamento delle attività investigative), Abi (che rappresentano chi già dovrebbe, attraverso segnalazioni di operazioni sospette, avere già un ruolo significativo) e il Governo (in rappresentanza delle 10mila autorithy, autoritine e autorituccie pubbliche, parabubbliche, pararegionali e paralocali che vorranno o vorrebbero metterci becco).

Tempo un mese (due, toh!) di riunioni e i tecnici delegati alla bisogna avrebbero tutti gli elementi e le autorizzazioni per elaborare il prototipo, testarlo e metterlo nel circuito al massimo entro altri tre mesi. Vogliamo esagerare (ma solo perché siamo in Italia)? Un anno e questo “grande fratello” degli incroci sul riciclaggio sarebbe pronto.

Scommettiamo che – a un anno data, vale a dire fine luglio 2015 – non solo non si sarà fatto un solo passo avanti ma neppure si sarà affrontato il discorso?

Commissione parlamentare antimafia, se ci sei (e se hai ragione di esistere) batti i pugni sul tavolo e fatti sentire almeno tu.

r.galullo@ilsole24ore.com

1-   To be continued