Amati lettori di questo umile e umido blog, rieccomi a voi dopo un periodo di assenza dettato dalla straordinaria, affascinante e complessa inchiesta che sto conducendo con il collega Angelo Mincuzzi tra l’Italia e la Svizzera e che a febbraio vedrà la luce tra giornale e sito web con filmati e lunghissimi servizi, nel format “Fiume di denaro”.
Detto ciò, ritorno con forza sulla relazione della Commissione parlamentare sul rapporto tra mafia e massoneria perché, se non ci si vuol fermare alla superficie come è stato fatto dalla gran parte dei media, che hanno esaurito l’argomento il giorno dopo la diffusione, essa è di eccezionale rilievo. Come sapete ne ho già scritto molto nelle settimane passate tra sito e blog ma è necessario farlo ancora.
Che si sia d’accordo o meno con le sue analisi e conclusioni (logico e legittimo, dal loro punto di vista, che le obbedienze massoniche la bollino come liberticida), essa pone una serie di interrogativi e, per molti versi, spiazza non solo le obbedienze ma, ancor prima, gli stessi Gran Maestri.
Mi sono posto il problema da dove cominciare questa rinnovata analisi e alla fine ho deciso di partire ancora dai dati perché i numeri, amati lettori di questo umile e umido blog, se vengono letti e non guardati, parlano. Bisogna, però, saperli leggere oltre la mera progressione numerica.
Orbene, finora il dito delle più recenti analisi puntava ai 6mila fratelli delle obbedienze massoniche inclusi nelle statistiche delle regioni Calabria e Sicilia resi noti dalle 4 obbedienze massoniche alle quali sono stati sequestrati gli elenchi.
Bene. Ora, alla luce dei nuovi dati, il dito deve puntare altrove.
Già, perché dal 1990 al 1° marzo 2017 (periodo sottoposto a sequestro della Gdf) risultano complessivamente censiti 17.067 nominativi ripartiti in 389 logge attive di cui 178 in Calabria e 211 in Sicilia, suddivise come segue: n. 201 del Grande Oriente d’Italia (82 in Calabria e 119 in Sicilia); 99 della Gran Loggia d’Italia degli Alam (58 in Calabria e 41 in Sicilia); 69 della Gran Loggia Regolare d’Italia (25 in Calabria e 44 in Sicilia); 20 della Serenissima Gran Loggia d’Italia – Ordine Generale degli Alam (13 in Calabria e 7 in Sicilia).
La maggiore incidenza riguarda gli iscritti al Goi (11.167 pari al 65,4%). Seguono a distanza la Gli e la Glri, rispettivamente con 3.646 (21,4%) e 1.959 (11,5%) soggetti censiti e, infine, con numeri molto più limitati la Sgli con soli 295 aderenti nelle due regioni (1,7%)
I 16.823 soggetti censiti negli elenchi estratti dalla Commissione sono così ripartiti su base territoriale per le quattro obbedienze: g9.248 iscritti in logge della Calabria (di cui 5.958 del Grande Oriente d’Italia, 2.361 della Gran Loggia d’Italia degli Alam, 692 della Gran Loggia Regolare d’Italia, 237 della Serenissima Gran Loggia d’Italia – Ordine Generale degli Alam); 7.819 iscritti in logge della Sicilia (5.209 del Grande Oriente d’Italia, 1.285 della Gran Loggia d’Italia degli Alam, 1.267 della Gran Loggia Regolare d’Italia, 58 della Serenissima Gran Loggia d’Italia – Ordine Generale degli Alam).
Quanto alla ripartizione su base regionale, il numero dei soggetti censiti in logge calabresi (n. 9.248) supera di circa 1.400 unità gli iscritti alle logge siciliane (n. 7.819). Da un confronto tra le due regioni risulta infatti una complessiva prevalenza degli iscritti calabresi rispetto a quelli siciliani, ad eccezione della Glri dove il numero di massoni in Sicilia è più del doppio di quelli iscritti in Calabria nella medesima obbedienza.
In merito all’iscrizione alle varie logge, negli elenchi estratti presso le quattro associazioni, per ogni iscritto è stata rilevata, ove possibile, la sua ultima posizione all’interno dell’obbedienza, se, cioè, è un membro a pieno titolo dell’associazione alla data del sequestro (1° marzo 2017) oppure se ha cessato di farvi parte prima di tale data per vari motivi.
Ogni obbedienza utilizza una propria specifica tassonomia nell’indicare le diverse posizioni in cui può trovarsi un fratello all’interno dell’associazione massonica.
In linea generale, oltre ai membri effettivi propriamente detti, vi sono i soggetti sospesi, quelli in predicato di appartenere all’associazione massonica e quelli che, per varie ragione, vi hanno cessato.
Gli elenchi estratti, tuttavia, non offrono profili di sufficiente affidabilità circa l’effettivo aggiornamento della posizione dei singoli massoni presenti. Non di rado è stato riscontrato, per alcune obbedienze, che la posizione di un soggetto indicata nell’elenco estrapolato non coincidesse con quella rilevata nella documentazione cartacea sequestrata o negli atti rinvenuti nella copia forense dei relativi server.
Laddove la relazione fa dunque riferimento alla “posizione” di un determinato massone (bussante, attivo, sospeso e depennato), il dato, sottolinea la Commissione, ha carattere meramente indicativo e deve essere valutato con ogni possibile cautela. Andiamo bene!
E veniamo al dunque. I massoni in Calabria e in Sicilia non sono solo i 6 mila (massimo 7 mila di cui circa 4800 del solo Goi) ufficialmente risultanti a fine 2015 o 2016 (a seconda del grado di aggiornamento dei dati comunicato dalle obbedienze) ma oltre 17mila, tati quanti sono quelli censiti, con ampio margine di difetto, dal 1990 (eccezion fatta per coloro nel frattempo deceduti).
Procedendo, inoltre, la Commissione parlamentare nei confronti della mafia e non della massoneria, le perquisizioni sono state eseguite esclusivamente presso le sedi ufficiali delle quattro obbedienze ed in epoca successiva alle diverse e pubbliche sollecitazioni ai gran maestri di consegnare gli elenchi. Risultato? «Non può pertanto escludersi a priori – scrive con sprezzo del ridicolo la stessa Commissione antimafia – né che altra documentazione potesse essere conservata altrove né che parte di quella custodita nelle sedi ufficiali sia stata spostata prima dell’esecuzione dei suddetti decreti». Sic! Lo scrivono anche che la dilazione dei tempi potrebbe essere stata foriera di buchi. Di grazia, ma chi ha deciso di “telefonare” i tempi del sequestro? Già, perché mai un sequestro nella recente storia giudiziaria fu più annunciato di questo.
Ma ancor più incredibile è quanto scrive la stessa Commissione parlamentare nelle conclusioni, laddove si legge che «gli elenchi dei nominativi registrati si sono rivelati verosimilmente incompleti, o quanto meno sprovvisti, in molti casi (pari a circa il 17,5% del totale), di tutti i dati identificativi, propri di un’anagrafe degli appartenenti all’organizzazione».
Avete capito bene? No? Traduco: nel 17,5% dei casi – cioè più o meno per un affiliato su sei – mancavano tutti i dati identificativi. Ma allora di che parliamo?!
La stessa Commissione antimafia, confusa e felice, scrive che «attesa la mole di dati presi in considerazione e la disomogeneità dei sistemi di tenuta degli elenchi rinvenuti nella quattro associazioni, i dati statistici hanno carattere indicativo e sono suscettibili di ulteriore assestamento».
Ah, ecco! Ci saranno gli assestamenti, come le scosse di un terremoto che però, nei rapporti deviati tra mafia e massoneria è stato solo annunciato dalla politica.
A presto guagliò con una nuova puntata.
2 – to be continued