Cari e amati lettori di questo umile e umido blog, dalla scorsa settimana vi racconto i contenuti del verbale di informazioni assunte l’8 ottobre 2014 dalla Procura di Catanzaro, presso la Dia di Roma, da Gianfranco Donadio, già sostituto procuratore nazionale antimafia nell’ambito di un processo intentato per calunnia dal magistrato contro il pentito calabrese Nino Lo Giudice.
Un verbale – acquisito agli atti della Commissione parlamentare antimafia per merito del deputato Davide Mattiello (Pd) – che tratta dei colloqui investigativi dello stesso Donadio, alla ricerca di quell’altra mezza verità sulle stragi mafiose degli anni Novanta. Una ricerca sulla quale si stanno peritando principalmente le Procure di Caltanissetta, Palermo e quella di Reggio Calabria.
Chi mi ha seguito in queste due settimane ha letto che l’attività di impulso realizzata tra il 2008 e il 2013 da Donadio su mandato dell’allora capo della Dna Piero Grasso – ricorda Mattiello – «è stata oggetto di un ricorso al Pg di Cassazione, firmato dai magistrati Sergio Lari e Giovani Salvi, che ad oggi risulta ancora pendente: non sarebbe opportuno definire anche questa vicenda tempestivamente?».
Ebbene quella attività di impulso – sulla cui opportunità o altri e diversi profili non sta ovviamente a questo umile e umido blog emettere giudizio – ha portato, come ha riferito lo stesso Donadio ai suoi colleghi di Catanzaro, a oltre 30 atti investigativi nei confronti delle procure distrettuali antimafia interessate. «Si è trattato di una azione costante e particolarmente intensa – dirà testualmente Donadio che ora è consulente della Commissione sul rapimento e la morte di Aldo Moro – era sostanzialmente il nostro core business».
Orbene la domanda che Mattiello si pone e con lui tutte le persone che hanno a cuore la scoperta delle altre “mezze verità” sulla stagione delle stragi mafiose, è: ma non sarebbe il caso di sapere al più presto qualcosa?
Anche perché quelle attività di impulso investigativo – vuoi o non vuoi – risultati ne hanno portati (il giudizio sugli stessi non spetta a me ovviamente ma pormi delle domande, come vedrete alla fine dell’articolo, è il mio ruolo). Oltretutto la domanda banale, se volete stupida, è un’altra ed è conseguente, pur senza voler entrare nelle more della decisione della Cassazione o prendere anche lontanamente parte a contese anche solo dialettiche: ma la Direzione nazionale antimafia non è nata proprio per avere una cabina unica di regia per i reati mafiosi?
Sarò stupido (lo sono) ma se vedo bene (a seguito di una recente operazione alla retina dell’occhio sinistro sono al momento anche mezzo cieco) leggo quanto riporta testualmente il sito del ministero della Giustizia (e dunque non il mio umile e umido blog): «Il Procuratore nazionale antimafia esercita le funzioni di coordinamento delle indagini condotte dalle singole Direzioni distrettuali antimafia (Dda) nei reati commessi dalla criminalità organizzata. Tale coordinamento è finalizzato, soprattutto, ad assicurare la conoscenza delle informazioni tra tutti gli uffici interessati e a collegare le Dda tra loro quando emergano fatti o circostanze rilevanti tra due o più di esse. Il Procuratore nazionale può esercitare le sue funzioni direttamente o delegare singole attività ai sostituti».
Sulla attività di impulso – oltre che a rimandarvi ad uno splendido studio dell’ex sostituto nazionale antimafia Alberto Maritati (http://www.csm.it/quaderni/quad_99b/qua_99_2.pdf da pagina 13) – umilmente ricordo che la stessa Dna, nell’ultima relazione consegnata a febbraio di quest’anno sulle attività dal 1° luglio 2014 al 30 giugno 2015, tratta ampiamente degli atti di impulso investigativo che, da qualche tempo, sono estese anche alla competenza antiterroristica. Ergo….
Quei sei anni di attività investigative seguite dalla Dna con Donadio, che ha perso la sua applicazione il 6 settembre 2013, sono stati intensi e sempre sotto stretta e diretta osservazione dell’allora capo della Dna.
Riferisce testualmente Donadio alla Procura di Catanzaro: «…l’approccio alle vicende dei mandanti e dei soggetti esterni alle stragi potrebbe essere definito, con un neologismo diciamo poco preciso ma soggettivo, multitasking, nel senso che non si procede nei confronti di un solo evento e di una sola direzione, si procede contestualmente nei confronti di una pluralità di filoni ·diciamo di . analisi di approfondimento. Questo lo dirò quando dovremo transitare a verificare il cuore della questione, cioè ad una ipotesi che una serie di azioni criminose possono avere visto una forte interazione di ambienti para istituzionali di personaggi in qualche modo ricollegabili ai Servizi di informazione e ambienti eversivi legati al mondo della destra estrema. Questi sono elementi che ovviamente interagiscono in quasi tutti i filoni oggetto dell’azione diciamo di analisi di approfondimento della Dna…».
La Dna ha condiviso, ancora parole e musica di Donadio, «le ipotesi ricostruttive di responsabilità per Borsellino, per Falcone, per l’Addaura e addirittura per le strage dei treni, la strage di Bologna e quant’altro (…) (…) lavoro complessissimo condiviso con molti colleghi della Dna e ampiamente e quotidianamente con il Procuratore nazionale Grasso…».
Ma Donadio dirà ancora di più per far capire fino in fondo qual è stato il lavoro fatto in quegli anni: «Devo dire che la parte siciliana dell’azione di impulso promossa dal Procuratore nazionale antimafia Grasso e materialmente organizzata da me, magistrato delegato, è solo una parte della più ampia azione di impulso in materia di stragi. Se dovessi rappresentare sotto il profilo percentuale diciamo la rilevanza, potrei dire che è la parte minoritaria, assolutamente minoritaria, ben altri erano i temi in discussione in riferimento ai procedimenti relativi alle altre stragi cosiddette continentali, ancora più articolati, ancora più complessi e ancora più gravi per molti versi e pertanto la contestazione dell’avocazione avrebbe comportato una ulteriore automatica discovery, anche di questi fatti…».
Se tutto questo è vero c’è da chiedersi per quale motivo alcuni procuratori siano ricorsi alla Cassazione ma molti altri, esperienza insegna, non abbiano fatto nulla per mostrare la propria insoddisfazione o, peggio, irritazione e insofferenza. Verrebbe da pensare che questa attività di impulso o non è mai arrivata a buon fine o abbia prodotto indagini parallele dannose non condivise dalle stesse procure antimafia coinvolte. Tutto ciò a voi sembra normale?
A me no.
Non resta che attendere il giudizio della Cassazione ma – in primis – le altre mezze verità sulla stagione delle stragi mafiose in Italia.
7 – the end
(per le precedenti puntate si leggano
http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/11/23/esclusivo6-stragi-mafiose-risolto-il-caso-della-donna-bionda-campana-ex-gladio-ma-resta-il-mistero-sulla-sua-fine/)