Cari e amati lettori di questo umile e umido blog, da ieri vi racconto del verbale di informazioni assunte l’8 ottobre 2014 dalla Procura di Catanzaro, presso la Dia di Roma, da Gianfranco Donadio, già sostituto procuratore nazionale antimafia nell’ambito di un processo intentato per calunnia dal magistrato contro il “pentito a modo suo” (versione di tendenza da anni in Calabria e buona per tutte le stagioni) Nino Lo Giudice. «Il fatto grave è che Lo Giudice racconta di essere stato indotto a calunniare Donadio. Indotto da chi e perché? – si chiede Mattiello che ha acquisito il verbale in Commissione antimafia – Questo credo debba interessare la Commissione parlamentare antimafia. E’ possibile che Lo Giudice sia stato indotto a calunniare proprio da cosiddetti garanti? E’ possibile che questi garanti abbiano lavorato a chiudere la stagione delle stragi seppellendo morti, verità e rendite politiche? Le sentenze penali le scrivono i giudici, ma le Commissioni d’inchiesta hanno il dovere di comprendere se e come qualcuno abbia cercato o cerchi di usare lo Stato per di chiudere arbitrariamente la porta della giustizia».
Un verbale – quello acquisito agli atti della Commissione parlamentare antimafia per merito del deputato Davide Mattiello (Pd) – che tratta dei colloqui investigativi dello stesso Donadio, alla ricerca di quell’altra mezza verità sulle stragi mafiose degli anni Novanta. Una ricerca sulla quale si stanno peritando (con visioni a volte diametralmente opposte) le Procure di Caltanissetta e Palermo e – molto più sottotraccia ma in costante collegamento con la Sicilia – quella di Reggio Calabria.
Ieri ho interrotto il racconto nel momento in cui sulla scena compariva il nome di Giovanni Aiello, ex poliziotto, che secondo Donadio (e dunque la Dna) è un personaggio di straordinario rilievo e che invece a Caltanissetta viene guardato con lo stesso entusiasmo con il quale Donald Trump può assistere un clandestino messicano che attraversa il confine con gli Usa.
Ebbene la figura di Aiello (anche da questo umile e umido cronista che vi scrive) è stata negli anni tratteggiata dai media nazionali ma quello che affascina del racconto di Donadio è il modo nel quale la Dnaa giunge a riconoscergli un ruolo di enorme interesse investigativo nelle azioni criminali/stragiste avvenute tanto in Sicilia quanto in Calabria negli anni Novanta.
Il verbale di interrogatorio – acquisito da Mattiello agli atti della Commissione parlamentare visto che il deputato vuole premere l’acceleratore sull’analisi in Commissione di quella drammatica stagione – racconta anche sospetti, gialli, misteri e coperture (tuttora vive e vegete) che accompagnano la storia di questo ex poliziotto altresì definito “faccia da mostro”. Uno di questi episodi lo abbiamo già letto ieri (e per questo rimando al post).
«Restringemmo il cerchio sulla vicenda – farà mettere a verbale della Procura di Catanzaro Donadio – indi cerchiamo un personaggio con questo forte inestetismo al viso nell’ambito della Squadra Mobile. Ora, la Squadra Mobile di Palermo, come si sa, soprattutto negli anni, è un ufficio di polizia giudiziaria dove prestano servizio centinaia e centinaia di persone. Quindi si arriva attraverso un discorso selettivo, che viene affidato tra l’altro alla operatività estremamente professionale di una sezione della Dia di Palermo, che muovendo anche da una mappa una sorta di albo storico degli appartenenti alla Squadra Mobile di Palermo in quegli anni, riuscì circoscrivere ad una sola ipotesi la presenza all’interno di quell’ufficio di una persona apparentemente sfregiata. Si trattava del personaggio che abbiamo indicato prima: Giovanni Aiello. Quindi una volta avuto questo nome noi ricostruiamo immediatamente il profilo di questo poliziotto e verifichiamo che è uscito dalla Polizia, credo a metà degli anni 70, che aveva subito un grave incidente, l’esplosione di un colpo di fucile che aveva sostanzialmente devastato una parte del volto e che aveva subito anche interventi di plastica e credo anche conseguenze sul piano psichico perché credo che nel suo foglio matricolare si potesse leggere anche un riferimento a turbe psicotiche che il personaggio riportava particolarmente interessante. Su di lui verranno poi raccolti, in sede di altri colloqui investigativi, una massa, verrà raccolta una massa molto rilevante di dati, notizie, informazioni che costituiscono ovviamente materia di atto di impulso. Atto di impulso e qui viene fuori un’altra questione meritevole di essere rappresentata perché in qualche modo coerente con questa vita assolutamente clandestina dell’Aiello. Io avevo scritto un grandissimo atto di impulso molto articolato per varie decine di punti sull’omicidio Agostino, è stato il primo atto di impulso della gestione Grasso e una volta ottenuta quella che noi ritenevamo una sostanziale identificazione dell’uomo sospettato di essere protagonista di quelle fasi anteriori e prossime all’omicidio Agostino, formo un atto di impulso molto più ristretto dedicato cioè al solo tema della identificazione».
SCOMPARE L’ATTO DI IMPULSO INVESTIGATIVO
In una delle missioni a Palermo, Donadio annuncia alla Procura di Palermo l’arrivo di questo atto di impulso investigativo che, tradotto in soldoni, vuol dire: datevi da fare cari pm palermitani su questo filone di indagine, dateci sotto perché quel profilo criminale che non io (Donadio) ma la Dna e Grasso (dal quale io, Donadio, sono delegato costantemente) vi abbiamo messo su un piatto, “rimbalza” su tutta una serie di eventi di altissimo livello in Sicilia e in Calabria nell’epoca delle stragi.
E qui succede quello che per me – che non faccio testo, essendo dotato di modestissima capacità intellettiva e cognitiva – era ampiamente prevedibile: Donadio e la Dnaa incontrano ostacoli. Ma va!
«Ricordo a me stesso e non solo a me stesso – dirà testualmente Donadio – che quell’atto di impulso ci crea immediati, produce delle grandi criticità perché scompare presso gli uffici della Procura di Palermo e quindi vi è tutto un carteggio volto a capire che fine abbia fatto l’atto di impulso recante l’identificazione di Agostino. Questo naturalmente ci crea una certa preoccupazione e comunque nel frattempo, adoperando un altro filone diciamo ricostruttivo che è tutto orientato a verificare nelle stragi il ruolo attivo di esponenti della destra estrema e terroristica – e in questo caso la parola diciamo chiave con la quale consultiamo banche dati e reperti processuali è quella di fronte nazionale delle Chiaie – ebbene attraverso un percorso che parte dall’uso di queste keywords e quindi dalla rivisitazione di una massa significativa di atti e di documenti, noi individuiamo una fonte dichiarativa, vorrei dire assolutamente secondaria nello scenario criminale di Palermo, un personaggio coinvolto in indagini per fatti di bancarotta e per associazione di stampo mafioso, coinvolto in particolare in una raccolta del credito diciamo atipico, di prodotti atipici, tale F.M. Quando pongo in essere il colloquio investigativo con FM. e all’improvviso gli chiedo se avesse conosciuto o meno un personaggio dal volto sfigurato con queste caratteristiche ex appartenente alle forze dell’ordine, intraneità in ambienti mafiosi, intraneità in ambienti eversivi di destra e intraneità in apparati dei servizi, dopo diciamo un certo sconcerto – ricordo anche quella frase, ora spero di non errare, una esternazione immediata di timori per la vita propria di questo soggetto e anche per quanti si avvicinavano alla tematica – questo soggetto ci indicò un altro personaggio, questa volta intraneo a cosa nostra, che secondo lui tale titolo forte poteva essere la persona più vicina e più in grado di descriverei definitivamente l’esistenza del mostro, quello che poi viene considerato giornalisticamente “faccia di mostro” ma credo che questa dizione “faccia di mostro” risalga addirittura a Ilardo.
Attraverso i colloqui investigativi con Lo Forte si chiude il cerchio intorno ad Aiello. A questo punto naturalmente, oltre al primo atto di impulso finito nel nulla e di cui io a tutt’oggi non ho contezza a Palermo e che era destinato, diciamo di cui si sono perse le tracce, era destinato al collega Gozzo, titolare del procedimento Agostino, acquisiti questi ulteriori – in quei mesi, in quelle settimane di lavoro ovviamente molto inteso – questi ulteriori elementi attraverso questi ulteriori atti di impulso, si forma un atto di impulso organico, questa volta non riguarda l’omicidio Agostino ma riguarda gli eventi stragisti, in particolare l’Addaura e Capaci…».
Donadio forma così la proposta di impulso investigativo che viene spedita alla Dda di Caltanissetta che, per la prima volta, legge il nome di Aiello. Un atto di impulso che si incardina nel primo procedimento Aiello, chiuso con un’archiviazione, destinata poi ad essere superata da una serie di altri eventi che portano fino ai giorni nostri. Nessuno, dunque, prima dell’atto di impulso investigativo della Dnaa aveva identificato Aiello per circa 20 anni.
Mi fermo qui. Domami si prosegue
- – to be continued
Per la precedente puntata si legga http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/11/15/esclusivo1-stragi-mafiose-dal-2008-al-2013-oltre-30-atti-di-impulso-della-dna-la-lettera-mai-giunta-in-dna/