Tra le macerie che questa estate 2016 lascerà, oltre a quelle del terremoto per le quali c’è almeno la speranza della celere rimozione, ci sono quelle, credo perenni, della continua disgregazione morale del Sud.
Alcuni episodi accaduti in questa strana estate ce lo ricordano. Ne sto scrivendo da giorni e per questo rimando ai link a fondo pagina.
Oggi vi invito a riflettere su una “stagione” di spari contro tutto ciò che rappresenta lo Stato, le Istituzioni, insomma il bene comune e tutto ciò che rappresenta la libertà d’impresa.
Cominciamo con il week end di ferragosto perché è l’episodio più spregiudicato. Ignoti hanno sparato contro le finestre del Comune di Falerna (Catanzaro). «La gravità del fatto avvenuto a Falerna – ha detto il 20 agosto Arturo Bova, presidente della Commissione regionale antindrangheta – non è minore rispetto a quanto hanno subito nei mesi scorsi altri amministratori che hanno con coraggio detto “no” alla ‘ndrangheta, anzi il gesto è l’indicatore di come in Calabria si debba lavorare alacremente per la costruzione di una cultura della legalità diffusa che è l’unico modo capace di funzionare a lungo termine nel contrato alla criminalità organizzata».
Ora nessuno al momento sa perché quegli spari siano stati indirizzati verso il Municipio (avvertimento a chi deve capire? Minaccia contro qualcuno? Bravata di qualche pirla?) ma ciò non toglie che il solo fatto di pensare di sparare contro un Municipio è sintomo di una povertà culturale e sociale senza eguali. Di una sottocultura mostruosa.
Del resto l’episodio, al sud e a quel centro Italia nel quale la linea della palma di sciasciana memoria è già arrivata da anni, non è isolato.
Pochi minuti dopo la mezzanotte del 20 aprile 2016 ben 26 colpi di kalashnikov furono indirizzati contro la caserma dei Carabinieri di Secondigliano (Napoli). Un attacco sfrontato, inimmaginabile in un Paese civile. Un buco anche nell’ovale sul portone con lo stemma della Repubblica italiana. Il comandante provinciale dei Carabinieri, il generale Antonio De Vita dirà: «L’azione dimostra che la presenza dell’Arma nel territorio è incisiva e che le continue, martellanti operazioni danno molto fastidio. Continueranno in maniera sempre più marcata. Con molta probabilità a sparare sono stati ragazzi molto giovani. A loro dico: deponete le armi, la vita non è un videogioco o uno slogan sui social».
Quattro uomini vengono ripresi dalle telecamere di videosorveglianza e poche settimane dopo scattano alcuni arresti tra i giovani della nuova paranza criminale.
Un mese dopo, il 20 maggio ad Aprilia, una città di oltre 70mila abitanti in provincia di Latina, da anni e anni laboratorio criminale del Lazio, sono stati esplosi quattro colpi contro l’auto del dirigente del settore Lavori pubblici del Comune. E come ti sbagli! La gallina dalle uova d’oro covata sempre tra calce e cemento. Nel 2013, sempre ad Aprilia, città cerniera tra Roma e la Campania, venne bruciata l’auto e furono recapitati proiettili all’assessore Antonio Chiusolo, che si dimise dall’incarico temendo per la propria vita e quella della famiglia (all’epoca ne scrissi e lo intervistai nella mia trasmissione su Radio-24)
E se non è lo Stato o non sono le Istituzioni e i suoi uomini e donne, beh, che sia l’impresa a essere vessata!
Storia vecchia ma sempre attuale perché dà sempre la dimensione di quanto il parassitismo sia anima e collante della deriva del Sud e, sempre più, dell’intero Paese.
Nella notte tra l’11 e il 12 agosto colpi di arma da fuoco sono stati esplosi contro una porta di servizio di una discoteca di Gallipoli (Lecce), una delle più frequentate della costa jonica salentina in una cittadina che, a sua volta, è da anni tra le più gettonate tra i giovani di tutta Europa. Tre proiettili hanno centrato gli infissi, mentre altri sarebbero stati sparati in aria. Il fatto è avvenuto intorno alle 3 di notte e a quell’ora la discoteca era in piena attività.
Anche qui nessuno – se non gli sviluppi investigativi – potranno dare una significato al gesto ma la domanda resta: è o non è cultura mafiosa quella che porta a considerare l’impresa o l’imprenditore come oggetto di attacco, sottomissione o ricatto e non come promotore di sviluppo?
Il 30 agosto a Cetraro (Cosenza), città in forte fibrillazione dopo che l’indagine Frontiera della Dda di Catanzaro ha (di nuovo) azzerato il potentissimo clan Muto, contro un autobus della ditta Preite utilizzato per il trasporto urbano sono stati sparati, a scopo intimidatorio, alcuni colpi di arma da fuoco. «Oggetto del vile attentato – ha scritto il sindaco Angelo Aita – è stato proprio l’autobus che reca sulla fiancata le immagini del porto turistico, che l’amministrazione ha messo a disposizione di diportisti e dei villeggianti, tentando in questo modo di rallentare quel processo di emancipazione dal giogo della criminalità organizzata, che la città, grazie anche a passate e recenti operazioni della magistratura, da tempo ha avviato. L’attentato alla ditta Preite cui va la solidarietà dell’amministrazione e di tutte le forze politiche, è un attentato a tutta la comunità cetrarese, che come sempre sarà in grado di reagire e fare argine allo strapotere della delinquenza di qualsiasi genere. Si chiede alle forze dell’ordine, sempre attive e presenti nel nostro territorio, di intensificare gli sforzi affinché i responsabili vengano assicurati alla giustizia. La città non farà passi indietro».
Potrei continuare con decine e decine di esempi ma, credo, che possa bastare così.
A domani.
4 – the end
(per le precedenti puntate si vedano