La vita di uno dei migliori pm della Procura antimafia della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, è a rischio ma questo non sembra preoccupare più di tanto il Governo.
Ieri, intorno alle 19, è arrivata la risposta dell’Esecutivo all’interpellanza urgente presentata dall’onorevole del Pd Laura Garavini, che chiedeva conto di cosa intendesse fare il Governo a fronte delle ripetute minacce, scrive Garavini, “nei confronti di questo procuratore in una procura così esposta, che, però, sta portando a casa grandi risultati, non soltanto con riferimento agli interventi che vengono condotti nella stessa Reggio Calabria e in Calabria, ma anche attraverso quegli arresti che sono andati ben oltre i confini regionali”.
Per chi lo avesse dimenticato il Pm Lombardo – che sta seguendo a Reggio Calabria le più delicate inchieste sui perversi intrecci ‘ndrangheta-politica senza rincorrere le prime pagine dei giornali da riempire di parole vuote – ha subito tre gravissime minacce nel giro di pochi mesi. L’ultima – la più inquietante – a fine febbraio: un proiettile di Kalashnikov, senza alcun messaggio, intercettato dalle Poste di Lamezia Terme (si vedano in archivio i mipei post del 1° e del 2 marzo).
Orbene di fonte alla richiesta di Garavini, che chiedeva di innalzare il livello di protezione nei confronti di questo pm bravissimo e discreto, il Governo ha fatto come gli struzzi e ha dato, attraverso il sottosegretario all’Interno, Michelino Davico, una risposta che dice tutto e non dice nulla. Vi riporto il passo saliente: “Il 10 marzo scorso, in sede di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, alla presenza dei vertici della procura generale presso la corte di appello di Reggio Calabria, è stato infatti riesaminato il livello di esposizione al rischio del magistrato e confermato il dispositivo di protezione vigente assicurando, inoltre, un continuo monitoraggio della situazione”.
Quindi per il Governo il grado di protezione di cui gode Lombardo è sufficiente.
Però….Però c’è un però, che non arriva dalla replica di Garavini, ovviamente insoddisfatta della risposta, ma dalle parole di Salvatore Di Landro, procuratore generale di Reggio Calabria e uomo di grande equilibrio, che ieri ha parlato con la stessa Garavini della situazione di Lombardo, che lui giudica molto ma molto preoccupante. Ecco cosa riporta lo stenografico della Camera (vi riporto integralmente il dialogo avuto dall’onorevole con il Pg di Reggio Calabria): “…anche stamani, parlando con il procuratore generale Salvatore Di Landro, lui stesso mi esprimeva la sua preoccupazione rispetto allo stato di sovraesposizione con il quale si confronta il procuratore Lombardo. Tra l'altro, mi diceva il procuratore generale che, in base alla sua esperienza davvero pluriennale, proprio rispetto ad una escalation di minacce di questo tipo e di tale portata, anche proprio con questi livelli crescenti di messaggi 'ndranghetisti inviati e con una ristrettezza nella tempistica così marcata – si tratta appunto di tre minacce nel giro di un solo anno – vi è il rischio, purtroppo, di trovarci di fronte anche ad una presa di posizione e ad una inversione da parte della 'ndrangheta. Insomma, vi è il rischio che con il prossimo messaggio si passi alle maniere forti.
Credo sia nostro dovere, di parlamentari, ma chiaramente anche a livello governativo – io parlo dai banchi dell'opposizione, ma credo che sia veramente nostro dovere – valutare queste questioni con una grande attenzione e una grande sensibilità. Approfitto dell'occasione per invitare il Governo a rivalutare la decisione presa, forse semplicemente investendo il competente ufficio presso il Ministero dell'interno (l’Ucis) a rivalutare il caso”.
Ebbene: se un uomo equilibrato, capace e sensibile, come il Procuratore Salvatore Di Landro, si preoccupa della vita di Lombardo, ritenuta a rischio, non è il caso che a preoccuparsi sia anche la società onesta calabrese? Nelle loro mani è il cordone sanitario fatto di legalità che si deve stringere intorno a un pm che sta lottando per far emergere (finalmente) quel viscido intreccio di ‘ndrangheta, massoneria deviata e malapolitica, finora così abilmente coperto anche da chi (e sono tanti) a Reggio si riempie la bocca di parole. E magari le mette anche nero su bianco.
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