Il metano dà una mano (milionaria) alle cosche di San Luca

Non diceva forse una famosa pubblicità che il metano ti dà una mano? La ‘ndrangheta ha preso lo slogan alla lettera e a San Luca, anima e cuore della ‘ndrangheta militare e violenta, ha fatto affari anche con i lavori di metanizzazione.

Questo è quanto hanno ricostruito i Carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria che proprio ora stanno eseguendo sette fermi di indiziato di delitto, emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nei confronti indagati liberi, ritenuti affiliati alla ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata cosca Mammoliti, alias “fischiante”, di San Luca.

L’attività investigativa è partita dal danneggiamento, seguito da incendio, avvenuto il 3 maggio 2010 di un autocarro della ditta Metangas di Rende (Cosenza) impegnata nella conduzione del gas metano a San Luca.

L’impresa Metangas è stata perquisita ed è stata notificata un' informazione di garanzia Edmondo Rinaldo Venneri, titolare dell’impresa per subappalto non autorizzato e sono stati eseguiti sequestri preventivi di alcuni camion e mezzi d’opera, per un valore totale di 800mila euro circa.

Eh sì cari lettori, perché in Calabria ci sono ancora ampie parti di territorio privi di gas metano anche se già  25/30 anni fa i paesi erano tappezzati di cartelli che annunciavano l’arrivo imminente del metano. Trenta anni dopo, ovviamente, nessuno si è interrogato sulla necessità di portare davvero il metano in moltissimi paesi ormai spopolati ma questo è un altro discorso.

Le investigazioni hanno consentito di accertare che il gesto intimidatorio nei confronti dell’impresa di Rende preludeva all’ingerenza della criminalità organizzata locale nella gestione dell’opera.

In particolare i Carabinieri hanno accertato che:

1) le assunzioni di manodopera in loco erano composte da soggetti ritenuti, a vario titolo, contigui a consorterie di ndrangheta di San Luca;

2) era stato stipulato un elevato numero di contratti di “nolo a freddo” che, invece, erano veri e propri “noli a caldo” al fine di nascondere l’illecito subappalto ad imprese prive di certificazione;

3) l’impresa appaltante svolgeva di fatto un controllo meramente formale, dato che non è mai intervenuta su anomalie relative alle fatturazioni dei subappalti.

Tale meccanismo, in un appalto del valore complessivo di 1.150.000 euro, consentiva alla cosca dei Mammoliti la gestione diretta per oltre il 23% dell’opera, quantificato in circa 260mila euro.

I reati di cui gli arrestati dovranno rispondere a vario titolo sono: di associazione di tipo mafioso e intestazione fittizia di beni, illecita concorrenza in appalti, estorsione e rapina aggravati dal metodo mafioso.

r.galullo@ilsole24ore.com

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