Certo non è facile raccontare la storia di Marina Marino, un’urbanista siciliana, che si oppone da anni allo strapotere delle cosche nella sua terra. Come fa? Semplice: facendo il suo onesto lavoro come capo dell’ufficio tecnico del Comune per cui lavora: quello di Bagheria, in provincia Palermo. Ma prima ancora lo aveva fatto nei Comuni che hanno chiesto la sua presenza e la sua competenza. A Bagheria Marino si è opposta alla delibera che ha cambiato la destinazione urbanistica dell’area di fronte al Municipio: l’ex palazzo delle Poste italiane che la famiglia del boss Pietro Lo Iacono, già condannato, in primo grado, a 13 anni di carcere nel dicembre del 2005 per associazione a delinquere di stampo mafioso, ha acquistato per 700mila euro nel 2004. L’obiettivo: farne un mini-centro commerciale. Marino si è opposto e da allora il contenzioso è andato avanti ma alla fine il cambio d’uso è stato approvato. Grazie ai voti della minoranza (di centrodestra) e all’assenza di almeno sette consiglieri della coalizione che appoggia il sindaco Biagio Sciortino, che il giorno delle votazioni era assente per partecipare a un convegno. Non è stata neppure tenuta in considerazione l’informativa antimafia della Prefettura: «Le ditte interessate, per le provate cointeressenze e per gli stretti vincoli di parentela con l’appartenente alla mafia Pietro Lo Iacono, possono subire condizionamenti mafiosi». Questa donna domani, alle 19.30 nel programma "Guardie o ladri" in onda su Radio24, racconterà la sua storia e lo farà insieme a un’altra donna, il prefetto Silvana Riccio che il ministro della Salute Livia Turco ha scelto per fare luce sul dramma-sanità in Calabria. La sua missione è finita, la relazione è stata consegnata ieri al ministro ma per ora è chiusa nel suo cassetto.
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