I “divonesti” siciliani, politici per ridere (e piangere)

Cari compagni (di blog beninteso) se non ci fosse da piangere, il libro di Benny Calasanzio di cui vi parlerò, offrirebbe degli straordinari motivi per ridere.

Sì, per ridere a crepapelle della politica siciliana che – sia ben chiaro – non è migliore né peggiore di quella del resto d’Italia. E’ semplicemente quella che ci meritiamo.

Benny Calasanzio, www.bennycalasanzio.blogspot.com – giovanissimo giornalista che ancora oggi piange la morte di uno zio e un nonno trucidati dalla mafia perché non si piegavano al suo volere – ha scritto il libro “Disonorevoli Nostrani. Indagini, arresti e disavventure dei Diversamente Onesti dell’attuale Assemblea regionale siciliana”.

Centottantacinque pagine che – vi assicuro – si leggono d’un fiato perché il volume, che si può acquistare solo su www.ilmiolibro.it a 10 euro, è tragicamente bello. O, se preferite, bellamente tragico.

Benny ha messo in fila – così, tanto per gradire – 33 nomi e 33 cognomi, con tanto di foto “segnaletiche” di politici siciliani che – in un modo o nell’altro – hanno avuto o hanno a che fare con la Giustizia o con l’Ingiustizia. Taluni con condanne passate in giudicato, talatri con assoluzioni miracolose, altri ancora con prescrizioni salvifiche, altri con processi in corso, altri infine semplicemente con storie poco edificanti e rassicuranti alle spalle. Storie passate che, però, gli hanno permesso di costruire uno splendido presente e un minaccioso (per i siciliani onesti) futuro.

Tutti, comunque, come recita il titolo, “diversamente onesti”, una nuova categoria di handicappati che fanno però della loro abilità diversa una miniera di ricchezza (propria e per i propri clientes) in barba a ogni regola di convivenza civile. Divonesti, in altre parole, un neologismo che può anche significare – suggerisco io all’amico Benny – non solo i diversamenti onesti come lui li intende, ma anche i “divi onesti”. Divi (al contrario della logica) nella Sicilia che non vuole cambiare pagina grazie alla loro spregiudicatezza che li fa apparire paradossalmente onesti agli occhi dei siciliani che quella pagina non vogliono proprio girarla perché a loro sta bene così.

E invece questo libro di pagine da sfogliare ne offre tante ringraziando Iddio. Pagine ricche di episodi puntuali, carriere che gridano vendetta, storie di prevaricazioni, raccomandazioni, contatti ravvicinati con Cosa Nostra e con la criminalità peggiore. Tutto documentato, con colore e con fatti. Tanti fatti, spesso provati da indagini e condanne, molto spesso arricchiti da intercettazioni telefoniche e ambientali che svelano il sottobosco ripugnante della politica.

Sarebbe facile mettere in fila i 15 politici del Pdl, i 4 del Pd, i 7 dell’Udc, i 5 dell’Mpa e l’ex Pdl (una politica avvenente e piaciona ora nel gruppo misto) elencati da Benny. Sarebbe facile e anche ingiusto perché in realtà la “diversa onestà” di costoro è – come accade in tutto il Sud e ormai in quasi tutta Italia – dannatamente trasversale.

Sarebbe facile anche fare l’elenco degli amici dei mafiosi o di gente come Cuffaro o l’attuale Governatore Raffaele Lombardo dei quali vengono dipinti ritratti disgustosi e coinvolgenti per la loro povertà.

Sarebbe facile persino citare – e solo a farlo  ancora rido – le mirabolanti avventure dell’attuale Assessore regionale alle attività produttive Giuseppe Gianni detto Pippo che in una seduta del Parlamento (ebbene sì, il Divonesto è stato anche a Montecitorio) sulle quote rose disse: “Le donne non ci devono scassare la minchia!”. Sarebbe facile ricordare anche un altro ritratto, quello di Giuseppe Limoli che in una difesa a spada tratta di Totò Cuffaro se ne uscì con un criptico “bla bla bla bla due per due fa 22 quattro per quattro fa 44”.

Mentre ancora i suoi amici di coalizione cercano di capire che cosa avrà voluto dire e per questo stanno pensando di rivolgersi persino ad Aldo Biscardi, a me preme invece ricordare due cose che mi hanno sconvolto.

La prima – ed è una conferma della quale avrei fatto volentieri a meno – è il numero incredibile di figli o fratelli di. Insomma: la politica per eredità o per “trasmissione divonesta” (se preferite).

La seconda è la purezza morale (l’intransigenza oserei dire, che non credo trascenda in intolleranza) dei giudizi di Benny Calasanzio. Vi cito quello che a mio giudizio è il ritratto più inquietante perché testimonia di come in Sicilia e nel Sud (ma ripeto: accade ormai ovunque nella politica locale e nazionale) mafia e antimafia si mischino e si confondano. Chiacchiere e distintivo o – se volete – fumo, tanto fumo.

Il ritratto è quello di Carmelo Incardona, eletto all’Ars in provincia di Ragusa. Il fatto che sia anche lui del Pdl (ricordo ancora) è un dettaglio. Ebbene costui è – scrive Benny – “figlio di un uomo che di mafia è morto non perché era colluso ma perché aveva deciso di non pagare. Il 19 giugno 1989 venne ucciso perché si era rifiutato di pagare il pizzo al mercato ortofrutticolo di Ragusa”. Carmelo Incardona aveva 25 anni quando suo padre morì. Incardona – il cui curriculum vitae è immacolato come la sua storia personale – è stato però macchiato agli occhi di Calasanzio dal fatto di essere stato (non so se lo sia ancora) associato di studio con un avvocato difensore di un noto mafioso.  In quel periodo Incardona era anche presidente della Commissione regionale antimafia (un organismo, aggiungo io, totalmente inutile come i due analoghi che esistono in Calabria e, forse, come quella parlamentare nazionale di cui ho già scritto in questo blog). Ebbene: come si potevano conciliare le due cose?

Io non lo so, Benny neppure, Incardona sì. Probabilmente si giustifica con la professione che è cosa diversa dalla vita privata e politica.

Sarà, ma per me le persone si giudicano da due cose. Una frivola (prendetela come battuta) e l’altra importante. Quella frivola sono le scarpe. Quella seria sono le amicizie o le persone che si frequentano. Chissà che scarpe calza Incardona!

roberto.galullo@ilsole24ore.com

  • Emilio Fabio Torsello |

    Quantomeno premonitore della “parentopoli” siciliana….potrebbe a buon diritto essere una pagina del libro di cui sopra.

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