Il monopolio delle mafie sui mercati ortofrutticoli (dal trasporto ai prezzi dei prodotti) conquista ancora una volta le pagine dei giornali e la ribalta dei tg e delle radio.
Anche io ne scrivo (per l’ennesima volta) sul Sole-24 ore di oggi, martedì 11 maggio, a pagina 28.
Tutto prende spunto dalle 69 ordinanze di custodia cautelare emesse ieri dalla Procura antimafia di Napoli e dagli arresti eccellenti nel clan camorristico Mallardo, tra i Casalesi (tra cui Paolo Schiavone, appena sbarcato a Napoli da una crociera per il viaggio di nozze) e lungo l’asse delle famiglie di Cosa nostra (in particolare Santapaola, Ercolano, Riina, Rinzivillo).
Le indagini condotte dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) di Napoli e dalla Questura di Caserta hanno disarticolato alcuni binari preferenziali lungo la direttrice Camorra-Cosa nostra ma, da circa 20 anni, il trasporto dei prodotti ortofrutticoli e la loro commercializzazione sono sempre più nelle mani della criminalità organizzata. A pagare è sempre il cittadino.
IL MERCATO DI FONDI: CALAMITA IRRESISTIBILE
Le indagini hanno rivelato che l’asse siculo-campano (con deviazioni dovute agli appetiti della ‘ndrangheta) corre lungo il binario laziale, oltre che di tutto il centro-sud.
Al centro degli affari, c’è sempre lui: il Mof. Vale a dire il Mercato ortofrutticolo di Fondi. Ma per chi avesse dubbi sul fatto che questo mercato – tra i più grandi d’Europa e nel Mediterraneo – sia come il miele per le api, eccovi servita una bella chicca (nell’archivio del mio blog troverete i molti articoli che ho dedicato al basso pontino, a Fondi e al Mof nel corso di questi anni).
Leggete cosa dichiarava il pentito Pasquale Galasso, nel lontano ’93. “…Ci sono influenze prevalentemente di Pasquale Ambrosino, ma so che ultimamente esercitano influenza, poi sono stati cacciati un pò fuori, anche i figli di Mico Tripodo, che hanno a Fondi, o almeno avevano, parlo di qualche anno fa, un autosalone. Comunque, nel Mercato ortofrutticolo di Fondi è presente la camorra; non vengono commessi omicidi ma vi è un certo rispetto per le persone, che nel mercato ortofrutticolo di Fondi si conoscono…”.
Che cuore d’oro ‘sti mafiosi eh! La famiglia calabrese Tripodo – e lo conferma anche questa ultima inchiesta della Dda di Napoli – comparirà, scomparirà e si piegherà poi ai voleri dei Casalesi e dei loro alleati (ora) forti di Cosa Nostra (da Santapaola a Riina). Si è piegata per il momento, ma è difficile credere che una famiglia dal pedigree così mafioso abbassi la testa. Ne assisteremo a delle belle nei prossimi mesi e nei prossimi anni (ma tanto di cosa devono avere paura gli italiani e i laziali? Il Governo non ha sciolto il Comune di Fondi nella scorsa legislatura a dispetto di una relazione del prefetto di Latina, poi sostituito, Bruno Frattasi, che vi inviterei a leggere per poi rabbrividire. La mafia a Latina e provincia detta legge con omicidi e continui attentati, ma va tutto bene madama la marchesa!).
LE POSATE D’ORO PER I CASALESI
‘Sti Tripodo, comunque, stanno sempre in mezzo e servire i padroni del momento o arruffianarseli nel nome degli affari sembrerebbe essere la loro specialità. Don Mico Tripodo, personaggio di vertice della ‘ndrangheta di Reggio Calabria, già in regime di sorveglianza speciale, con soggiorno obbligato a Fondi (che idea geniale!), è stato assassinato nel 1976 nel carcere napoletano di Poggioreale per ordine del boss calabrese Don Paolino De Stefano. Don Mico era un mammasantissima, in contatto strettissimo e confidenziale con calibri di Cosa nostra come Rosario Riccobono e Stefano Bontade. Ecco cosa fa mettere a verbale il pentito Carmine Schiavone, cugino del capoclan dei Casalesi Francesco Schiavone, detto Sandokan, a proposito dei rapporti tra la sua famiglia e quella dei Tripodo. “…inviai mio genero da Carmelo Tripodo a Fondi, per stabilire un contatto al fine di concretizzare una fornitura di eroina che il Tripodo avrebbe dovuto smistare. Il Carmelo accolse mio genero con tutti gli onori. Mi è stato addirittura riferito che lui, il fratello Venanzio e la loro madre, hanno apparecchiato la tavola con posate d’oro, Quando mi fu riportata questa circostanza io telefonai al Carmelo dicendogli che dati i nostri rapporti non avrebbe dovuto scomodarsi tanto…”. Non solo cuore d’oro, anche posate d’oro! Alleluja.
GELA E VITTORIA (Sì, MA PER LA MAFIA)
Pensate che “in casa” Cosa nostra (scusate il gioco di parole) non giochi le sue belle carte per ammorbare l’economia e la società siciliana nei mercati ortofrutticoli, ormai vero e proprio filone inesauribile per le finanze mafiose?
Eccovi serviti. Questo è quanto scrive a un certo punto nella relazione consegnata a fine 2009 al capo della Procura nazionale antimafia, Piero Grasso, dal sostituto procuratore Roberto Alfonso: “… la Dda di Catania ha ribadito quanto già riferito nella riunione del 18 giugno 2008 in ordine alle indagini su un soggetto di Vittoria e alle attività di intermediazione impropria che potrebbero in realtà camuffare attività estorsive, svolte all’interno del mercato di Vittoria; ha aggiunto che presso la Dda di Catania allo stato non vi sono in corso indagini sulle attività proprie del mercato ortofrutticolo con particolare riferimento al trasporto dei prodotti; ha preso atto che dalle indagini napoletane è emerso il collegamento fra una persona di Catania, vicino agli Ercolano, e la citata ditta che controlla il trasporto su gomma soprattutto per le attività del mercato ortofrutticolo di Fondi, aggiungendo che sarebbe opportuno stralciare a Napoli la posizione della suddetta persona e trasmetterla a Catania per poterla approfondire adeguatamente. La Dda di Caltanissetta ha riferito sulle indagini nissene nei confronti del titolare di una cooperativa, operante nella commercializzazione dell’ortofrutta, specificando che anche la Dda di Caltanissetta ha interesse ad approfondire la posizione di un soggetto, legato ai Rinzivillo di Gela, per le attività dallo stesso
svolte nel mercato di Gela; ha concluso chiedendo che la Dda di Napoli trasmetta gli atti riguardanti il soggetto in questione ritenuti utili per mettere in
condizione la Dda di Caltanissetta di promuovere e sviluppare autonome indagini sulle attività illecite che vengono svolte nel settore ortofrutticolo.
All’esito della riunione venivano impartite le direttive ritenute utili per la
tempestività e la completezza delle indagini già esistenti, nonché per l’impulso e lo sviluppo di nuovi filoni investigativi in Calabria e in Sicilia…”.
Per la cronaca, il mercato di Vittoria (Ragusa) è il più grande d’Italia per esportazione, con un volume d’affari che si aggira intorno ai 600 milioni. Dai
250mila metri quadrati del mercato ogni giorno escono più di 400 camion, diretti in tutta Italia e in Europa. Inoltre a Vittoria lavorano oltre 500 operatori, 3000 produttori agricoli, e 68 commissionari ortofrutticoli che raccolgono il prodotto e decine di aziende di autotrasporto.
Testualmente, ecco cosa si legge nel XII Rapporto Sos-Impresa di Confesercenti e Libera, “Le mani della criminalità sulle imprese”, presentato mercoledì 27 gennaio 2010 a Roma. “Il mercato ortofrutticolo di Vittoria da anni è oramai oggetto di attenzione da parte dagli organi inquirenti – si legge alle pagine 109 e 110 – ed è al centro di diverse inchieste da parte della Dda di Catania, ma continua ad essere un crocevia di traffici illeciti di ogni genere, in cui, oltre alle primizie, transitano anche camion che trasportano armi e droga. Ad aggravare la situazione, il rischio usura. E’ l’intera filiera a rappresentare i punti più sensibili per le infiltrazioni mafiose: dai servizi di trasporto su gomma dell’ortofrutta (esiste un vero e proprio tariffario per ogni camion), alle imprese dell’indotto con forme estorsive indirette quali l’imposizione di cassette per imballaggio; dalla falsificazione delle tracce di provenienza dell’ortofrutta al livello anomalo di lievitazione dei prezzi per effetto d’intermediazioni mediante forme miste di produzione, stoccaggio e commercializzazione. Le ultime inchieste hanno, inoltre, evidenziato come la struttura commerciale di Vittoria sia strettamente legata a quella del marcato di Fondi, da tempo al centro d’indagini della Dda di Roma”.
MILANO NON E’ DA MENO
Milano da tempo è nel mirino di inchieste e sospetti. Restiamo sul concreto degli ultimissimi tempi e vediamo come si è conclusa la maxi-inchiesta della squadra mobile che nel maggio 2007, conferma sempre il rapporto Confesercenti-L
ibera, disarticolò il clan della ‘ndrangheta Morabito-Bruzzaniti-Palamara che aveva allungato le mani sull’ortomercato del capoluogo lombardo. Il lavoro investigativo andava avanti dal 2002.
Ebbene, ci informa il sito www.milanomafia.com che invito a visitare, anche per gli approfondimenti del caso, coloro i quali credono che la mafia al Nord non esiste, il 4 maggio “ si è chiuso con quattro condanne e sei assoluzioni il processo di primo grado sulla 'ndrangheta all'ortomercato. Dopo i boss, già condannati con rito abbreviato anche in appello, ora è la volta degli imprenditori legati alle cooperative di facchinaggio e servizi. I giudici della sesta sezione penale hanno condannato a 10 anni di carcere Marano Veneruso e Antonio Marchi e hanno comminato 7 anni e 8 mesi di reclusione a Antonio P. e 2 anni (con pena sospesa) a Giuseppe B. Assolti gli altri sei imputati tra i quali una funzionaria della banca Unicredit (che nel frattempo ha lasciato l'incarico). La Sogemi , la società comunale che gestisce i mercati generali sarà risarcita”.
Buon appetito e buona digestione a tutti!
p.s. Scusate il countdown: il 20 maggio, in edicola con il Sole-24 Ore, uscirà al prezzo di 12,90 euro il mio libro “Economia criminale – Storie di capitali sporchi e società inquinate” (304 pagine). I traffici illeciti sui prodotti ortofrutticoli, al confronto, vi sembreranno poca cosa!