ESCLUSIVO/ 4 Economia mortale: la mafia cinese fa affari con contraffazione e traffico dei rifiuti

Cari amici di blog, come saprete da alcuni giorni (si vedano i post in archivio del 1° luglio, del 2 luglio e del 3 luglio) sto scrivendo (tra quotidiano e questo umile blog) di mafia e criminalità cinese, prendendo spunto dall’operazione della Guardia di finanza che a Firenze ha smantellato una supposta associazione a delinquere che in poco più di 4 anni ha riciclato 2,7 miliardi proprio in Cina partendo da Prato e Firenze.

Dopo aver descritto la geografia del crimine, partendo dalla Toscana, dopo aver descritto i sistemi clandestini di sbarco in Italia e dopo aver raccontato il mondo “parallelo” del credito cinese e i canali di riciclaggio, è bene ora affrontare i collegamenti tra la criminalità organizzata cinese e le mafie italiane su due fronti specifici: contraffazione e rifiuti tossici, mentre nell’ultimo post mi dedicherò all’abbraccio globale e mortale tra mafia cinese, camorra e Cosa Nostra.

 

LA CONTRAFFAZIONE

 

La contraffazione dei prodotti operata dai cinesi rappresenta il 70% di tutte le

contraffazioni poste in essere. La merce viene venduta, oltre che dagli ambulanti, a fianco della merce buona nei negozi gestiti da cinesi, oppure via Internet. Non sono contraffatte solo le grandi firme, ma oggi anche giocattoli, alimentari, medicinali, ricambi auto ed altri oggetti che vengono sbarcati soprattutto nel porto di Napoli con l’aiuto indispensabile della camorra: ne sono un esempio le operazioni “Felix” e l’operazione “Safe Job” del 2008, entrambe della Guardia di Finanza.

Per quel che concerne le metodologie utilizzate nell’illecita importazione, si sono individuate talune condotte criminose tipiche, essenzialmente incentrate sulla:

1) falsificazione delle bollette doganali, al fine di celare l’origine cinese delle

merci, facendole risultare provenienti da luoghi diversi (spesso dagli Emirati Arabi);

2) indicazione nella documentazione doganale di quantitativi di merce inferiori a quelli realmente trasportati, ovvero di una differente e più conveniente categoria merceologica;

3) importazione separata delle singole componenti del prodotto, al fine di evitare le limitazioni all’importazione, per poi procedere sul territorio europeo al loro assemblaggio.

I porti di sbarco della merce sono quelli di Napoli, Gioia Tauro, Taranto e

Genova, per i prodotti tessili e i giocattoli i primi tre, per il pellame il quarto. Le

metodiche utilizzate per evitare il contingentamento previsto per le merci

provenienti dalla Cina (dichiarare meno quantità di merce, in modo che la parte eccedente viene introdotta clandestinamente; e far apparire la merce come proveniente da altri Stati, come ha testimoniato l’operazione della Direzione investigativa antimafia “Ultimo Imperatore”) richiedono indispensabilmente la corruzione degli addetti alla dogana e l’accordo con la mafia locale, come è stato accertato esserci stato con la camorra in alcuni procedimenti (a esempio il procedimento n. 39396/03 della Procura di Napoli, cosiddetta operazione “Gulliver” che ha coinvolto insieme ai cinesi i camorristi dei clan Mazzarella, Alleanza di Secondigliano e i Casalesi.

Negli ultimi anni si è potuto osservare che i containers cominciano ad arrivare

anche nei porti di Palermo e di Catania.

Risultano inoltre documentati cointeressenze ed accordi con spedizionieri

italiani collegati ad organizzazioni criminali camorriste. Nel dettaglio, l’indagine

Grande Muraglia”, conclusa il 15 luglio 2008 dalla Direzione investigativa antimafia di Roma unitamente all’Arma territoriale di Frosinone, ha portato all’arresto di 8 indagati legati al clan “Giuliano” e ritenuti responsabili di associazione mafiosa, contraffazione, ricettazione, contrabbando, introduzione e commercio nel territorio dello Stato di prodotti contraffatti.

L’indagine ha riguardato un’articolazione del clan camorristico “Giuliano”,

che opera a Roma e più in generale nel territorio laziale, sotto il diretto controllo

di Salvatore Giuliano (oggi collaboratore di giustizia). Si è arrivati a

documentare come l’organizzazione, attraverso la società immobiliare Dafa

Consulenze, avesse monopolizzato la gestione ed il controllo delle attività

commerciali del quartiere Esquilino di Roma. La società era in grado di fornire

una serie di servizi a soggetti extracomunitari, in gran parte di etnia cinese,

funzionali ad iniziative di tipo malavitoso quali:

1) investimenti immobiliari come frutto di reinvestimenti di risorse finanziarie

illecitamente acquisite;

2) flussi commerciali frequentemente connotati da illeciti fiscali;

3) distribuzione di merci contraffatte o introdotte in contrabbando sul territorio

dello Stato;

4) riciclaggio mediante trasferimenti verso l’estero di ingenti somme di denaro di

provenienza in tutto o in parte illecita;

5) immigrazione clandestina con collegate pratiche di regolarizzazione della

posizione degli immigrati mediante documentazione falsa.

L’operazione “Gulliver” della Guardia di Finanza, conclusa ad aprile 2007, ha

riguardato il fenomeno delle importazioni dei prodotti dalla Cina e il monitoraggio delle connesse procedure di sdoganamento. Già nel 2004 l’attività investigativa aveva portato alla redazione di un’informativa conclusiva con la quale si rilevava come tutti gli indagati di nazionalità cinese avessero costituito una sorta di patto funzionale al commercio illecito, sull’intero territorio nazionale (Napoli, principalmente, ma anche Bari, Roma, Milano, Genova), di prodotti dei quali erano vietate l’importazione e la vendita. Al successo commerciale dei cittadini cinesi coinvolti contribuivano altri personaggi italiani, operanti a vario titolo nelle procedure di importazione e sdoganamento, tra i quali numerosi spedizionieri operanti presso le dogane di Napoli, Roma e Genova.

Le cointeressenze con la criminalità organizzata nazionale erano già emerse

a Napoli dove, fin dal 2004, un’operazione della Polizia di Stato aveva riscontrato le attività di reimpiego dei proventi illeciti di appartenenti ai clan Licciardi e Contini di Napoli in attività produttive in Cina, dove venivano fabbricate merci di vario tipo, anche con marchi contraffatti, rivendute in punti vendita dall’organizzazione e dislocati in numerose nazioni europee.

 

RIFIUTI TOSSICI

 

L’accordo tra mafie italiane e mafie cinesi sul trasporto e sullo smaltimento dei rifiuti tossici è ormai diventato un classico. La Cina, con prima destinazione il porto di Hong Kong, si presta a raccogliere i rifiuti, tossici e non, provenienti dal nostro territorio, necessariamente in accordo con la criminalità locale.

A esempio l’indagine del 2005 dei Carabinieri del Nucleo di tutela ambientale (Noe) di Lecce ha portato alla scoperta nel porto di Taranto di containers con rifiuti camuffati da materie prime destinate alla Cina, e lo stesso è avvenuto con la cosiddetta indagine “Mesopotamia” del Noe di Udine. Lo smaltimento dei rifiuti in Cina infatti costa un decimo di quello che costa in Italia.

Più recentemente va segnalata l’indagine confluita nel procedimento n. 10275/08 dell
a Procura di Salerno, che vede alleati personaggi italiani di diverse regioni e cittadini cinesi per l’illecito trasporto, mediante falsificazione dei relativi documenti, di rifiuti anche pericolosi in Cina e a Hong Kong. L’indagine ha interessato i territori di Salerno, Napoli, Gioia Tauro e Roma.

 

L’ASSOCIAZIONE MAFIOSA

 

Sono incrementati i delitti associativi, con subdola ed ancora non pienamente

acclarata assimilazione a forme di organizzazioni mafiose”: ecco quanto scrive ancora nella sua relazione il sostituto procuratore nazionale antimafia Olga Capasso..

Posizione di sempre maggior preminenza sembrano assumerla le donne.

Ma se è configurabile nei confronti di gruppi di cinesi che agiscono ben organizzati per commettere i vari illeciti il reato di associazione a delinquere, per la mancanza di un territorio unico su cui esercitare la propria influenza e assenza di organi di vertice, allo stato sono relativamente poche le condanne per associazione di tipo mafioso.

Per la consumazione dei reati violenti le organizzazioni criminali si avvalgono

delle bande giovanili. Le bande sono costituite da 10/15 elementi, che si distinguono per i tatuaggi e/o i capi d’abbigliamento, spesso in lotta tra loro.

A capo del gruppo vi è un adulto e non ci sono limiti territoriali alle loro scorribande. Sono presenti soprattutto nel nord Italia e vengono mandati in spedizioni punitive anche in luoghi lontani. Nel milanese, in particolare, è stata registrata la presenza di diverse bande. Due di esse, denominate “Yuhu” e “Daxue”, sono legate da vincoli di aggregazione perché provenienti dalla stessa città, Wencheng.

L’esistenza delle bande giovanili evidenzia una spaccatura generazionale tra i vecchi immigrati cinesi ed i giovani, già nati in Italia, che si distinguono per:

1) l’uso diffuso di droghe (ecstasy e chetamina, o “special K”, narcotico per uso

veterinario smerciato specialmente in locali frequentati esclusivamente da ragazzi cinesi);

2) l’esigenza di rappresentazione del lusso (automobili di grossa cilindrata, affitto

di night club per feste private, frequentazione di ambienti costosi);

3) la crescente violenza esercitata, sia nei confronti di imprenditori connazionali

estorti o depredati, sia nei riguardi delle analoghe formazioni criminali della

stessa comunità etnica, che si manifesta anche con la consumazione di efferati

delitti, quali omicidi. Tali sodalizi, generalmente non collegati ad organizzazioni

criminali più strutturate, si caratterizzano soprattutto per la commissione di

rapine in appartamenti o in esercizi commerciali, nonché nello spaccio al minuto

di stupefacenti;

4) un malessere sociale radicato in una sempre maggiore fascia di lavoratori

cinesi, che non riesce ad affrancarsi dal lavoro subordinato per creare realtà

aziendali autonome (che costituisce l’aspirazione di tutti i cinesi che espatriano

e che sino a qualche anno fa era più agevole, mentre oggi, paradossalmente,

risulta più difficile a causa della competizione commerciale proveniente dalla

Cina).

E per il momento ci fermiamo qui. Nel prossimo e ultimo post scopriremo insieme l’abbraccio globale tra le mafie italiane e la criminalità organizzata cinese.

4 – to be continued

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