Cari amici di blog, come saprete da alcuni giorni (si vedano i post in archivio del 1° luglio, del 2, 3 e 5 luglio) sto scrivendo (tra quotidiano e questo umile blog) di mafia e criminalità cinese, prendendo spunto dall’operazione della Guardia di finanza che a Firenze ha smantellato una supposta associazione a delinquere che in poco più di 4 anni ha riciclato 2,7 miliardi proprio in Cina partendo da Prato e Firenze.
Dopo aver descritto la geografia del crimine, partendo dalla Toscana, dopo aver descritto i sistemi clandestini di sbarco in Italia e dopo aver raccontato il mondo “parallelo” del credito cinese e i canali di riciclaggio, termino di affrontare i collegamenti tra la criminalità organizzata cinese e le mafie italiane, dopo averlo fatto nello scorso post su due fronti specifici: contraffazione e rifiuti tossici.
COLLEGAMENTI CON LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA ITALIANA
La criminalità cinese ha cominciato ad insediarsi in Italia in misura rilevante da poco più di trent’anni e si è stabilita prevalentemente al Nord e al Centro, avendo trovato al Sud la presenza delle mafie autoctone.
Al Sud però, dopo un primo periodo di assoluta soggezione, i cinesi hanno iniziato prima ad occupare gli spazi lasciati liberi dalla criminalità organizzata interna, del resto pochi, e poi a cercare con la stessa punti di contatto, sempre nell’ottica di sviluppare affari lucrosi per gli uni e per gli altri.
L’importazione di merci contraffatte che arrivano nei porti della Puglia, della Calabria e della Campania non sarebbe certo possibile se allo stesso affare non
fossero interessati anche criminali locali. Così come l’acquisto, anche a costi
superiori a quelli di mercato, di immobili o di licenze per esercitare il commercio
di prodotti cinesi, e non, a prezzi concorrenziali (fenomeno che si realizza soprattutto a Catania, Roma e Milano).
La Guardia di Finanza di Napoli, nell’ambito dell’operazione denominata “Felix” (procedimento n.18771/06 della locale Procura), scaturita a seguito di un sequestro di capi di abbigliamento recanti marchi contraffatti, prosegue le indagini nei confronti di personaggi coinvolti, a vario titolo, nella commercializzazione di calzature e capi di abbigliamento con falsi marchi.
L’attività di servizio, svolta anche con l’ausilio di indagini tecniche, ha consentito
di individuare diverse organizzazioni criminali, composte da soggetti italiani,
nordafricani e cinesi, operanti nell’hinterland napoletano e con ramificazioni
sull’intero territorio nazionale, stabilmente impegnate nei traffici illeciti.
In particolare è stato rilevato che alcune organizzazioni criminali campane risultano fortemente collegate con personaggi di etnia cinese (operanti in Campania e nel Lazio) che di fatto gestirebbero l’illecita importazione della merce contraffatta anche mediante strutture operative, sempre di etnia cinese, stabilite in Spagna, in Grecia, nonché in diversi paesi dell’Est Europa.
Queste ultime procedono all’approvvigionamento di prodotti contraffatti dai propri Paesi di origine ed al successivo smistamento mediante la spedizione di containers
carichi. A novembre 2009 sono stati individuati 65 soggetti implicati nei traffici in argomento, nonché sequestrati ingenti quantitativi di calzature, accessori e capi di abbigliamento recanti marchi contraffatti. Sono in corso ulteriori indagini finalizzate all’individuazione dei luoghi di stoccaggio della merce, all’identificazione di tutti i soggetti appartenenti ai diversi sodalizi, nonché alla ricostruzione delle ulteriori modalità di approvvigionamento dei prodotti.
Le indagini svolte nello specifico settore della contraffazione hanno evidenziato
le collusioni tra importatori cinesi e spedizionieri italiani, anche legati ad
organizzazioni criminali autoctone. In questo contesto recenti attività investigative
del Ros dei Carabinieri nell’indagine “Carrera” stanno evidenziando i rapporti
illeciti tra operatori portuali di Gioia Tauro contigui alle principali cosche locali e
soggetti di nazionalità cinese, allo scopo di favorire lo sdoganamento di merci
provenienti dall’Asia, eludendo i controlli doganali ed evadendo i dazi sui
materiali importati.
IL CASO DI CATANIA E SIRACUSA
Per il periodo 2008/2009, appare curioso l’approfondimento che la Procura nazionale antimafia ha dedicato al distretto di Catania (nel quale ricade Siracusa), provincia del resto tra quelle più influenzabili e influenzate dallo scambio malavitoso tra mafia cinese e Cosa Nostra.
Mentre nel periodo preso in considerazione a Catania non si sono registrati fatti rilevanti commessi da cittadini cinesi, nella provincia di Siracusa si sono aperti molti esercizi commerciali che vendono prodotti cinesi, fenomeno tenuto sotto sservazione per sospetti casi di riciclaggio e collusioni con la mafia che permette agli asiatici tali lucrosi commerci.
Negli anni passati vi sono stati omicidi di cinesi con autori rimasti ignoti nei territori di competenza delle Procure di Modica e Caltagirone.
Si sono chiusi nel corso del 2008 nei confronti di cittadini cinesi – con richiesta di rinvio a giudizio o addirittura sentenza di condanna – due procedimenti per associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina (procedimenti n. 107/07 e n. 761/05) che hanno portato ulteriore conferma a come l’isola di Malta sia uno dei punti strategici per il trasporto dei clandestini in Italia. Nel procedimento n. 107/07 agli scafisti catturati è stato contestato anche il reato di duplice omicidio per avere gettato a mare i clandestini in prossimità della costa.
ANALISI DEI DATI E LINEE DI TENDENZA
La Procura nazionale antimafia ha tentato di capire come si stia evolvendo la
criminalità cinese e se sia in aumento o in diminuzione anche in relazione ai flussi migratori di clandestini e alla stabilizzazione dei gruppi “regolari“, ossia dotati di permessi di soggiorno e di licenze commerciali.
La Procura ha dunque preso in considerazione i risultati delle analisi sui crimini commessi da cinesi dal 2004 fino al 2009.
Nel corso di pochi anni la criminalità cinese si è sviluppata da un lato continuando nelle attività tradizionali del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina da impiegarsi nel lavoro nero e nella prostituzione e dell’introduzione sul mercato interno di merci contraffatte, e dall’altro dedicandosi ad altri crimini, come quelli contro la persona e contro il patrimonio, in misura sempre crescente fino al 2005/2006/2007, per decrescere poi progressivamente dal 2008 al 2009.
Se infatti i reati commessi da cittadini di etnia cinese nel periodo precedente al
2004 erano contenuti nel numero e nelle persone coinvolte, da quell’anno si
nota un’escalation preoccupante, dovuta in parte al maggior impegno delle
forze dell’ordine nel perseguimento e nella conoscenza della cosiddetta “mafia
cinese”, ma inevitabilmente anche al maggior numero di reati commessi e
puniti, a cui si debbono aggiungere quelli non potuti accertare per la chiusura a
riccio delle comunità cinesi e per il miglioramento delle loro strategie
delinquenziali.
Poi dal 2008 incomincia un certo decremento, anche questo riconducibile o ad
un affinamento dei mezzi di contrasto alla criminalità cinese, o all’inizio di una
stabilizzazione dei regolari sul territorio, o ad un maggior occultamento dei reati
meno visibili (non si può nascondere un omicidio, ma lo si può fare per le
estorsioni).
Prendendo i dati del periodo 2004/2009 nel loro insieme si può notare che:
1) analizzando la tipologia dei reati, il maggior numero riguarda il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, seguito da vicino dallo sfruttamento della prostituzione, dai reati contro il patrimonio, i falsi, i sequestri di persona. Poi
vengono gli altri reati, con una certa consistenza per l’associazione a
delinquere, i reati contro la persona, le frodi, gli stupefacenti ed il contrabbando.
Nel corso del periodo considerato (2003/2009) vi sono stati alcune imputazioni
per reati di mafia, ma relativamente poche le condanne;
2) suddividendo la tipologia dei reati per anno possiamo dedurre un trend in
crescita per i reati legati allo sfruttamento della prostituzione che dopo il 2004
sono aumentati dell’800%, costituendo evidentemente uno dei nuovi business
della criminalità cinese. Lo stesso andamento in ascesa registrano
contrabbando e stupefacenti, anche se per questi ultimi il tasso di crescita è
considerevolmente più basso. Gli altri reati seguono andamenti altalenanti con
una leggera flessione negli ultimi anni per quelli di immigrazione clandestina ed
un forte calo per quelli contro il patrimonio;
3) prendendo in esame il numero degli indagati per anno, l’andamento segue
quello dei procedimenti, con un numero di cittadini cinesi arrestati o a piede
libero così rilevato dal Ministero della Giustizia: prima del 2004, 99; nel 2004, 5.287; nel 2005, 7.821; nel 2006, 8.205; nel 2007, 8.998; nel 2008, 1.368.
Considerando gli anni 2005/2006/2007 c’ è un incremento del numero degli
indagati di circa il 40%, per poi decrescere.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Per capire quale sarà l’evoluzione (anzi: l’involuzione) nei rapporti tra criminalità organizzata cinese e mafie italiane, basti il commento conclusivo e letterale del sostituto procuratore nazionale antimafia Olga Capasso: “I criminali cinesi non appaiono molto all’esterno anche perché le loro vittime sono restie, per paura e/o per diffidenza verso le forze dell’ordine, a sporgere denunce. Come è avvenuto in altri paesi europei è ipotizzabile che anche in Italia, nonostante la sopra evidenziata diminuzione dei procedimenti a carico di cittadini cinesi, ci possa essere un’escalation della criminalità asiatica, anche per il sempre più stretto collegamento con le mafie autoctone, principalmente con la camorra. Con queste mafie il terreno d’incontro è già costituito, e lo sarà ancora nel futuro, dalle contraffazioni e dal riciclaggio, perché sono i campi più redditizi, come del resto lo sono il lavoro nero e lo sfruttamento della prostituzione che producono alti redditi e permettono agli asiatici di avere una base economica di partenza per entrare in affari con mafia e camorra”.
Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.
5 – the end
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