La “globalizzazione in nero” viaggia su nave.
Sulle rotte marine, infatti, viaggiano illecitamente rifiuti, merci contraffatte, prodotti agroalimentari e specie protette e l’Italia è sempre più un crocevia internazionale di cui fare a meno è impossibile.
«Come un moto perpetuo – si legge nel Rapporto “I mercati illegali – Numeri, storie e scenari della globalizzazione in nero” presentato oggi a Roma da Legambiente e Polieco – le rotte che muovono cose e persone, da un lembo all’altro del pianeta, non smettono mai di rincorrersi a vicenda. Rotte legali e illegali, mischiate e sovrapposte tra loro, alle volte due facce della stessa medaglia, che crescono alla velocità della luce: è questo uno dei tratti più tipici della “globalizzazione in nero».
Il Rapporto ha censito negli ultimi due anni 163 inchieste internazionali che hanno interessato l’Italia: più di un’inchiesta ogni 4 giorni, per un totale di 297 persone denunciate e arrestate, 35 aziende sequestrate e un valore complessivo finito nelle mani degli inquirenti che supera i 560 milioni.
La nascita di mercati sempre più estesi e meno controllati rappresenta un incentivo ai commerci leciti, ma allo stesso tempo offre una micidiale occasione di arricchimento alle mafie internazionali per movimentare illegalmente, anche su distanze enormi, ogni genere di oggetto o specie vivente. Per i trafficanti, insomma, nessun posto è oramai lontano. Traffici che si sono mossi prevalentemente sulle cosiddette autostrade del mare, soprattutto per i grossi carichi e le lunghe distanze. È qui, infatti, che secondo la Commissione europea si muove l’81% dei traffici mondiali. Mentre per i carichi più piccoli e di alto valore aggiunto, e le tratte più brevi, rimangono allettanti anche i movimenti su strada o via aerea: anche una semplice valigia o uno zaino può servire per accumulare profitti illeciti.
Nello specifico le inchieste che hanno riguardato i porti italiani sono state 122, quelle che hanno coinvolto gli aeroporti 19, mentre le altre indagini (22) si sono rivolte contro flussi illegali che avevano quale base operativa singoli capannoni, dove occultare soprattutto merci e pattume da spedire in un secondo momento da qualche parte nel mondo.
Delle 163 inchieste censite, quelle che hanno interessato merci contraffatte e specie protette rappresentano il 68% del totale, i traffici illeciti di rifiuti si attestano al 23% e le frodi agroalimentari al 9%.
Ancona al top
Il porto italiano in cui si registra il maggior numero di inchieste è quello di Ancona, seguito da Bari, Civitavecchia, Venezia, Napoli, Taranto, Gioia Tauro (Reggio Calabria), La Spezia e Salerno.
Complessivamente, i porti italiani figurano per 72 volte come punti di destinazione dei traffici illegali e per 50 volte come aree di partenza. Per quanto riguarda, invece, la distribuzione geografica dei porti, l’intensificazione delle rotte europee est-ovest ha spinto i trafficanti sempre di più verso quelli adriatici di Ancona, Bari e Taranto, che risultano essere la naturale porta di ingresso per i traffici illegali provenienti dall’est e nord Europa, dall’Africa e Medio Oriente, soprattutto di merci contraffatte e specie animali protette. Anche il porto di Civitavecchia si presta bene ad essere usato dai trafficanti: lontano dai riflettori delle indagine per mafia e situato a due passi dalla Capitale e dal suo immenso mercato è quello dove entrano illegalmente soprattutto merci contraffatte, compresi i prodotti enogastronomici, e specie animali protette. Il porto di Venezia, invece, è quello più esposto ai flussi in uscita di rifiuti, soprattutto plastica, diretti principalmente nel sud est asiatico, Cina e Hong Kong in testa, seguito per questa tipologia di traffici, da quelli meridionali di Napoli, Taranto e Gioia Tauro, che si confermano fondamentali per le trame criminali globali.
La Cina è il paese maggiormente protagonista delle rotte illegali da e per l’Italia: ben 45 volte i suoi porti sono stati individuati come punti di partenza o di arrivo di traffici illeciti. Al secondo posto figura la Grecia (21 inchieste) seguita dall’Albania (8), dall’area del Nord Africa, da quella del Medio Oriente e dalla Turchia, rispettivamente a quota 6.
Il ruolo delle mafie
Sempre più importante è il ruolo delle mafie transnazionali, che si occupano quasi esclusivamente di affari, senza fare troppo rumore. In prima linea soprattutto le Triadi cinesi, la Yakuza giapponese, la camorra napoletana e la mafia russa, con un ruolo sempre più presente in Italia anche della ‘ndrangheta, come ha ribadito recentemente l’Europol.
Mafie che sono parte integrante di holding criminali complesse, frutto di alleanze fra diverse compagini mafiose, composte da professionisti e faccendieri operativi e disinvolti su diversi fronti, sempre alla ricerca spasmodica del profitto a tutti i costi. «Holding troppo ardite per fermarsi davanti alle leggi internazionali e ai blandi sistemi di controllo – si legge nel Rapporto – . Holding che con la loro potenza soffiano sul fuoco della globalizzazione, velocizzandone i ritmi e spostando quantità considerevoli di materiali e specie protette da un continente all’altro. Hanno dalla loro il vantaggio di non dover sottostare a nessuna regola, sanno quando e come commetteranno il reato – a differenza di chi lo deve perseguire – possono vantare complicità, una mole impressionate di denaro (ottimo lubrificante per le pratiche corruttive in ogni angolo del pianeta) e una fitta rete di imprenditori e faccendieri pronti a tutto. Vantaggi che usano fino in fondo».
La criminalità organizzata cinese, come spiega la Direzione nazionale antimafia (Dna), appare una delle più attive a livello globale, con una particolare predilezione per il nostro paese. Scrivono i magistrati antimafia nell’ultima Relazione (2012): «Le attività investigative continuano, infatti, a far emergere l’operatività di sodalizi criminali di origine cinese di particolare caratura, in grado di far affluire nei circuiti commerciali occidentali ingenti quantità di prodotti contraffatti e/o di contrabbando, nonché di condizionare i flussi migratori per il conseguente sfruttamento (sessuale e/o quale forza lavoro) dei clandestini una volta giunti nei Paesi di destinazione».
Anche sul fronte dei rifiuti le triadi cinesi rivestono un ruolo fondamentale, come dimostrano le indagini, soprattutto nel facilitare l’ingresso nel loro paese di milioni di tonnellate di scarti da usare come materia prima, anche per la produzione di merci contraffatte.